lunes, 25 de marzo de 2019

AGNESE – Teatro Regio Torino 24 marzo 2019


Alessandro Manzoni non avrebbe esitato a pensare e magari a scrivere “Agnese, chi era costei?” e credo che ce lo siamo chiesti in diversi, ma cultura è anche curiosità, quindi eccomi al regio di Torino per questa “prima” in epoca moderna di Agnese !

Agnese
Dramma semiserio in due atti
Libretto di Luigi Buonavoglia
dalla commedia Agnese di Fitz-Henry di Filippo Casari
Musica di Ferdinando Paer
Edizione critica a cura di Giuliano Castellani

Prima rappresentazione in epoca moderna
 
                       Personaggi
Interpreti
Agnese, figlia di Uberto soprano
María Rey-Joly
Uberto, padre d’Agnese baritono
Markus Werba
Ernesto, marito di Agnese tenore
Edgardo Rocha
Don Pasquale, intendente
dell’Ospedale dei pazzi basso

Filippo Morace
Don Girolamo, protomedico tenore
Andrea Giovannini
Carlotta, figlia di Don Pasquale
soprano

Lucia Cirillo
Vespina, sua cameriera soprano
Giulia Della Peruta
Il custode dei pazzi basso
Federico Benetti
Una bambina di sei anni,
figlia di Agnese mimo
Sofia La Cara


Maestro al cembalo
Carlo Caputo


Direttore d'orchestra
Diego Fasolis
Regia
Leo Muscato
Scene
Federica Parolini
Costumi
Silvia Aymonino
Luci
Alessandro Verazzi
Assistente alla regia
Alessandra De Angelis
Assistente alle scene
Anna Varaldo
Maestro del coro
Andrea Secchi


Orchestra e Coro del Teatro Regio
Nuovo allestimento
Quando non si hanno parametri precedenti e non si è musicisti, ma solo amanti della Musica, viene ovviamente difficile  saper commentare sapientemente una nuova produzione, un’opera ascoltata per la prima volta, ma trasporre le emozioni è davvero cosa più facile, in quanto la libertà di sensazioni prima che di espressioni è assolutamente libera!
Veniamo quindi ad “Agnese” in Prima assoluta in epoca moderna al Regio di Torino: l’impressione è che si tratti musicalmente di una pagina  intelligente tra Mozart e Rossini! Ci sono tutti i rimandi immaginabili ed anche l’incalzare di certe frasi sono tipiche dell’epoca storica. Diego Fasolis dirige con piglio e grande caratura, da esperto consumato qual è: tiene l’orchestra ed il palco con naturalezza ed evidente conoscenza!
Leggendo le note di regia di Leo Muscato e confrontate poi con il palco non si può che concordare con l’ambientazione favolistica e forse anche un po’ magica dei micro mondi realizzate da Federica Parolini  con enormi scatole di latta che riportano ai primi del ‘900 e che magicamente si aprono e scoprono il mondo che vive all’interno di quella scatola, di quel mondo vissuto da quelle persone in quel momento ! Ecco quindi la scatola che racchiude la camera del manicomio dove è rinchiuso Uberto, magistralmente interpretato da Markus Werba con sicurezza e colore compatto e massiccio; già apprezzato in altre occasioni ed anche al Regio, recentemente  in  Die Zauberflöte, ha rinnovato la carica interpretativa e la bella modulazione che per pura citazione ricordiamo in  “Come la nebbia al vento”; la stessa aria viene poi ripresa dal soprano madrileno María Rey-Joly che gradevolmente ho scoperto in questa occasione: la presenza scenica è fuori di ogni dubbio ed anche la capacità interpretativa: per quanto concerne il canto ha veramente affascinato in ogni tono, passando dalla poesia del citato ‘Come la nebbia al vento’ alle variazioni e agilità di altri momenti! Una bella scoperta che ci si augura di confermare in altre occasioni italiane e godere così  ancora della sua morbidezza e facilità negli acuti.  L’opera è ricca di duetti e per estrema sintesi mi piace citare quello tra Don Girolamo interpretato con brillantezza e vivacità da Andrea Giovannini che ha caratterizzato molto bene il personaggio e Don Pasquale esaltato dall’interpretazione e da una buona vocalità dal basso comico Filippo Morace; nei rispettivi ruoli di protomedico e di intendente dell’Ospedale dei pazzi il primo esplicita al secondo con impeto esilarante, le vere pazzie dalle false e per veri pazzi si intendono gli avari, i presuntuosi gonfi come un pallone che in preda alla loro esaltazione sfrontatamente balzano qua e là tutto freneticamente abbracciando ;  altri pazzi sono i gelosi, i giocatori viziosi, i miseri poeti e color che si fidano delle femmine! Evidente l’ilarità che trabocca ancor più grazie alle capacità d’intepretazione di Giovannini e Morace. Edgardo Rocha, tenore interessante che pur giovane vanta già un notevole percorso di crescita,  qui interpreta con sicurezza ed estensione,  il fedigrafo poi pentito Ernesto, marito di Agnese la quale era fuggita dalle sue intemperanze con la figlioletta di sei anni interpretata da Sofia La Cara ed appunto la fuga aveva provocato la pazzia del padre Uberto.



Non dilungarsi è impresa difficile, proverò quindi a sintetizzare: Lucia Cirillo è Carlotta figlia di Don Pasquale che risolve con vivacità e convincimento,  Giulia Della Peruta interpreta Vespina con sorprendente caparbietà ed agilità vocale, davvero interessante e Federico  Benetti è un ottimo custode dei pazzi cui da voce con il bel timbro profondo e scuro.

Silvia Aymonino firma i costumi che aiutano ad esaltare la leggerezza e l’ironia della vicenda: esilarante il momento in cui tutte le suore che operano in manicomio sono tutti gli uomini del coro, travestiti appunto da suore in un ilare tratteggio giocoso! Carlo Caputo al cembalo sottolinea con delicata poesia alcuni salienti momenti dell’opera, come si apprezza l’inattesa scena finale quando enormi vasi da farmacia e contenitori  uno dei quali  racchiude anche una enorme vipera sotto aldeide formica,   fanno da contorno ad ‘una cameriera che dentro alla scena suona l’arpa accompagnando la canzone utile al rinsavimento di Uberto. Il coro del Regio è veramente eccezionale e composto da veri artisti del canto e dell’attorialità: efficacemente sotto la guida di Andrea Secchi interloquiscono fra di loro, con le parti principali e con l’insieme registico!  Una nota positiva la riservo anche alle luci ben disegnate da  Alessandro Verazzi che in alcuni momenti contribuiscono sostanzialmente alla narrazione, come quando il colore mattone pervade la scena avvalorando la temporalità del racconto.

Evviva le riscoperte, evviva le nuove messe in scena, evviva chi sostiene la cultura!
La Musica vince sempre.

Renzo Bellardone

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