sábado, 31 de agosto de 2019

"J'ACCUSE" À LA MOSTRA DE VENISE, SANS POLANSKI


Le film de Roman Polanski "J'accuse" a été présenté vendredi à la Mostra de Venise en l'absence du réalisateur. L' oeuvre retrace l'histoire de l'affaire Dreyfus. Le film a divisé les critiques. Beaucoup y voient une oeuvre soignée. Mais d'autres s'interrogent sur les parallèles que Polanski a voulu dresser avec sa propre histoire.


Le cinéaste franco-polonais est toujours sous le coup d'un mandat d'arrêt aux États-Unis pour une affaire de moeurs remontant aux années 1970. Au casting, Louis Garrel et Jean Dujardin notamment.
"Puisque comme vous le savez, bien sûr, le réalisateur Roman Polanski n'est pas présent, nous parlerons seulement de ce que nous savons, les aspects de la production, l'interprétation des personnages et la qualité de cette extraordinaire production" a d'emblée prévenu le producteur Luca Barbareschi.


Également projeté vendredi soir, le film "Seberg" qui raconte la vie de la star d'"A bout de souffle" Jean Seberg. Le rôle est interprété par Kristen Stewart. On y découvre ou redécouvre comment l'actrice a été surveillée par le FBI en raison de son engagement dans le combat pour les droits civiques aux États-Unis.

https://fr.euronews.com/2019/08/31/j-accuse-a-la-mostra-de-venise-sans-polanski

LA NOUVELLE VAGUE, I COMPLOTTI E KRISTEN STEWART | LA VERA STORIA DI JEAN SEBERG


In Against all Enemies, fuori concorso a Venezia, l’ex Bella diventa l’attrice simbolo degli Anni Sessanta

di  Francesca Fiorentino

ROMA – Jean Seberg, l’americana. Jean Seberg, il simbolo della Nouvelle Vague. Jean Seberg, il volto di Godard. Un’icona talmente forte da sembrare davvero francese, lei che invece era nata in un piccolo paese del Midwest, in una famiglia luterana di origini svedesi. Minuta, viso dall’ovale perfetto, occhi grandi e labbra carnose, Jean ha incarnato lo spirito libero del cinema d’autore degli anni Sessanta, diventando suo malgrado una sorta di eroina, corpo perfetto per rappresentare e incarnare le inquietudini di una generazione incapace di definirsi. Dici Seberg e pensi a Parigi, Belmondo, dici Seberg e pensi al bianco e nero di un capolavoro: Fino all’ultimo respiro.
La Parigi in bianco e nero e il fumo delle sigarette, magliette a righe e quella t-shirt con la scritta sopra, New York Herald Tribune. Eppure, Jean Seberg era molto di più. È stata una donna fragile, spesso in balia dei suoi sentimenti, delusa molte volte da un mondo che la vedeva solo come personaggio e che l’ha privata della sua umanità. Una figura complessa, meno epocale di una Marilyn Monroe, con la quale ha comunque condiviso una tragica fine e la capacità di ammaliare il pubblico. Ed è proprio a lei che Kristen Stewart rende omaggio nel film Against all enemies di Benedict Andrews, che sarà presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia.


Un altro biopic su un’artista tormentata? Non proprio, visto che l’opera scritta da Anna Waterhouse e Joe Shrapnel racconta un aspetto poco noto della vita di Jean Seberg: la sua relazione con l’attivista afroamericano Hakim Jamal, cugino di Malcolm X, uomo di spicco del Black Power Movement, interpretato da Anthony Mackie. Una relazione la loro che persino nei liberali Sixties venne osteggiata dall’opinione pubblica e soprattutto dall’FBI che mal sopportava tutte le “contaminazioni” tra gli esponenti dei gruppi legati alla difesa dei diritti e rappresentanti della cultura “alta”.
Da una parte la dea bionda, emblema di una società in trasformazione, ribelle fino a prova contraria. Dall’altra, un uomo affascinante, amato dalle donne e salvato dalla politica, che ha conosciuto il buio dell’ospedale psichiatrico ed è stato sul punto di perdersi più di una volta (finendo assassinato nel ’73). Per Jean, un irresistibile richiamo. Una sua cara amica una volta disse che Jean aveva sempre qualcosa su cui lavorare, non solo per migliorare sé stessa, ma tutta la società. Nel rapporto con Jamal, nome di battaglia di Allen Donaldson, la Seberg quindi vedeva la possibilità di partecipare al grande cambiamento di un’epoca inquieta. Come? Amando una persona che non avrebbe dovuto amare. Per il colore della pelle e per il fatto che fosse già sposato. Si vocifera che la stessa moglie di Jamal chiamò un giorno il padre della Seberg, Ed, stimato farmacista di Marshalltown, Iowa, per supplicarlo di spingere la figlia a lasciarle il marito.
Ma chi era Jean Seberg? Appassionata di recitazione fin da giovane, debutta al cinema nei panni di Giovanna D’Arco per il dispotico Otto Preminger. Un imprinting di certo poco tenero, quello attuato dal regista austriaco che sottopone la ragazza ad un tour de force estenuante. È il 1957 e per Jean si aprono le porte dello showbiz. Prima Buongiorno tristezza, sempre con Preminger, poi nel 1960 l’incontro fortunato con Godard e la partecipazione ad À bout de souffle, film manifesto della nuova onda francese. Un ruolo così potente, quello di Patricia, compagna del malvivente Michel (Jean-Paul Belmondo) che quasi oscura tutta la carriera a venire, pur segnata da altre opere interessanti (Airport, La ballata della città senza nome), alcune anche per autori italiani come Nelo Risi (Ondata di calore) e Pasquale Squitieri (Camorra).
Nel 1958 il primo matrimonio, con l’avvocato François Moreuil che lascerà qualche anno dopo per lo scrittore e regista Romain Gary. Sono anni difficili, in cui la Seberg vive le prime profonde crisi depressive. L’unica soddisfazione è la nascita del figlio Diego, avuto da Gary nel 1962, ma tenuto segreto perché l’uomo era sposato. Proprio adesso la Seberg inizia a maturare una coscienza politica molto forte. Osteggia la guerra in Vietnam, si dichiara sostenitrice del Che e abbraccia la causa delle Pantere Nere, finendo per questo sotto stretta osservazione della Federal Bureau of Investigation.
Nell’ottobre del ’68, l’incontro con Hakim Jamal. Per molti, Jamal è solo alla ricerca di una ricca da donna da cui farsi mantenere e forse lo scenario non è troppo distante dalla realtà. Ma Jean lo ama o almeno crede di farlo, almeno fino a quando i due si lasciano, poco tempo dopo. Nel ’70 la Seberg resta incinta dell’attivista Carlos Navarra. L’FBI decide di utilizzare l’informazione per mettere in cattiva luce l’attrice (ufficialmente ancora sposata). Jean, allo stremo delle forze, con un nuovo esaurimento da affrontare, dà alla luce una bambina, Nina, che muore dopo 3 giorni. Il trauma per la donna è insopportabile. Si sposa altre due volte, con Dennis Berry e Ahmed Hasni, prima di togliersi la vita nel 1979 a soli 41 anni.

https://hotcorn.com/it/film/news/jean-seberg-biopic-kristen-stewart-venezia-76-against-all-enemies-anthony-mackie/

HOW BRANCUSI’S BELOVED DOG INFLUENCED HIS ART


     Julia Wolkof
Today’s lesson in canine art history concerns Constantin Brancusi’s Samoyed, Polaire. The Romanian sculptor’s beloved pet, whom he purchased in 1921, was a fixture on the Parisian art scene. They were a double act: Brancusi took Polaire with him to the hottest cafés and theaters, and even to the movies. “She became, in her own way, a celebrated Parisian beauty and friends would ask after her in their letters,” writes artist and historian John Golding in Vision of the Modern (1994).

Brancusi’s love life is scattered and mysterious, but he was unduly dedicated to his dog. Ever the loyal mistress, Polaire barked at female callers and protected his studio from intruders in the dubious Montparnasse alleyway known as the Impasse Ronsin. Throughout her glorious life, Polaire was photographed and petted by great modernists, including Man Ray and Edward Steichen. Brancusi himself took many selfies with her. On International Dog Day, let this article serve as a nomination of Polaire to the canon.
In The Studio Reader: On the Space of Artists (2010), scholar Jon Wood examines Polaire as a device through which the artist communicated his creative principles. The fluffy, all-white dog was “a symbolic studio prop kept to enhance the sculptor’s white studio and facilitate his artistic identity,” he writes. Wood also observes that in French, polaire means both “polar,” like the bear, and is a shorthand for l’étoile Polaire, or “the North Star.”
Brancusi’s whitewashed studio, Wood contends, was a place for the artist to stage his art and life. In one photograph taken by the sculptor in his atelier in about 1921, Polaire sits atop the base of an unfinished work, which would become the appropriately titled Chien de Garde,or “Watch Dog” (ca. 1922). “This by all accounts devoted and protective animal has here been commemorated and platformed as a sculpture,” Wood writes. Wood goes so far as to suggest that in staging this photograph, Brancusi has applied his dogma of “truth to materials”—his mission to bring out the essential forms of a subject by leaning into the natural properties of his medium—to Polaire’s fidelity. The artist has “tamed” the “animate material of his studio home.”
Tragically, Polaire was struck and killed by a car in 1925. “Brancusi was desolated,” Golding writes, “although characteristically he also remarked that her disappearance would enable him to concentrate harder on his sculpture.” Brancusi buried her in a pet cemetery at Asnieres. Then he got back to work.


In the last three decades of Brancusi’s career, before his own death in 1957, “depictions of animals far outnumber those of people,” Golding notes. The artist was inspired not just by his love of Polaire, but by his well-worn copy of La Fontaine’s Fables—classic French stories that, like most fables, “characterizes human frailty in terms of animal behaviour.”
Brancusi never replaced Polaire with another companion, whether dog or human. The American poet William Carlos Williams described how Brancusi began to resemble Polaire in his solitary later years. “The man, now well over 70, living alone…has now become famous for his broiled steaks cooked by himself at his own fire, which he himself serves as though he were a shepherd at night on one of his native hillsides under the stars,” he wrote. “A white collie named Polaire used to be his constant companion reinforcing the impression of a shepherd, which, with his shaggy head of hair, broad shoulders and habitual reserve, he seemed to his friends to be.”
Polaire’s impact on Brancusi’s life and art is indisputable—and indisputably adorable.

Julia Wolkoff is a Senior Editor at Artsy.

https://www.artsy.net/article/artsy-editorial-brancusis-beloved-dog-influenced-art?utm_medium=email&utm_source=17880470-newsletter-editorial-daily-08-26-19&utm_campaign=editorial-rail&utm_content=st-V

‘FRASIER’ NUNCA ME HABÍA PARADO A PENSAR EN LA VIDA DE LOS ACTORES DE LA SERIE


ELSA FERNÁNDEZ-SANTOS
Todos tenemos nuestra sitcom favorita, aquella que, por la razón que sea, nos tocó un poco más que otras. Los hay de Friends y los hay de Seinfeld. Y los hay, como yo, de Frasier, el spin-off de Cheers que triunfó entre 1993 y 2004. Es seguramente el programa televisivo que más feliz me ha hecho o, para ser más exactos, el que más me ha ayudado en los peores momentos. Por eso admito que leer hace unos días en la web de este periódico la posible vuelta del psiquiatra Frasier Crane me hizo dar un respingo. ¿Es posible? ¿No mancillará ese proyecto el recuerdo de aquella joya televisiva?



En realidad, la noticia hablaba de su protagonista, Kelsey Grammer, y de su infeliz existencia. Una juventud dramática, con el asesinato y violación de su hermana como preludio a una serie de tragedias familiares; su adicción a las drogas; su cambiante e insoportable humor; sus fracasos matrimoniales; sus siete hijos... no le faltó de nada al pobre. Me di cuenta de que nunca me había parado a pensar ni en su vida ni en la de ninguno de los otros actores de la serie. Para mí Grammer era el doctor Crane, tan absolutamente real que todavía hoy me cuesta creer que tuviera una existencia más allá de aquel apartamento de Seattle donde él y su hermano Niles (una especie de Epi y Blas cultureta) se pasaban las horas discutiendo sobre butacas de los Eames, arte, vinos franceses, whisky de malta y psiquiatras eminentes. Y todo mientras el sector más prosaico de la familia (su padre Martin, el perro Eddie y la cuidadora Daphne Moon) intentaba sobrellevar la vida al lado de dos esnobs maniáticos que en el fondo solo eran un par de adorables perdedores.

https://elpais.com/cultura/2019/08/28/television/1567007787_007036.html

THE ILLUSTRATOR BEHIND MADELINE, THE TIMELESS CHILDREN’S CHARACTER


 Alina Cohen
Illustrator Ludwig Bemelmans secured his place in the annals of children’s literature with the opening lines to his 1939 masterpiece, Madeline. “In an old house in Paris that was covered with vines lived twelve little girls in two straight lines,” he wrote. For the reader indoctrinated into the titular character’s alluring world, this language conjures Bemelmans’s charming drawings of the home itself: loose strings of ivy adorn a smooth white facade, while smoke issues from a cross-hatched chimney and a quaint lamp protrudes from the side.

In Bemelmans’s story, the red-haired Madeline, the smallest girl in the house, must get her appendix removed. After spending ten days in the hospital, where she’s well-cared for and showered with gifts, the other girls are envious of her adventure. Published during a period of international war, by an author whose own childhood had featured tumult and scandal, Madeline radiated peace and order. Throughout his career as an illustrator, Bemelmans made joyful drawings that countered the uncontrollable.
This summer, Thames & Hudson published Ludwig Bemelmans, the latest installment of their series, “The Illustrators.” Over 100 Bemelmans illustrations adorn the pages, interspersed with text by writer and curator Laurie Britton Newell. In addition to discussing Bemelmans’s distinguished career, the new volume also delves into the illustrator’s traumatic, peripatetic beginnings.

Bemelmans was born in Meran, inmodern-dayItaly, in 1898, in the waning years of the Austro-Hungarian empire. His Belgian father, Lampert, and German mother, Franciska, ran a hotel, and Lampert made paintings in his spare time. Bemelmans’s governess, Gazelle, taught the young boy French and showed him postcards of Paris. His childhood, fit for a Wes Anderson film, took a dark turn when Lampert absconded in 1904 with a mistress—despite the fact he’d left both Gazelle and Franciska pregnant. The nanny committed suicide and Franciska brought the family back to her parents’ home in Regensburg, Germany.
As he came of age, Bemelmans proved a poor student and a bad worker. He dropped out of school and was fired from a hotel position back in Meran. Yet this early employment put him in touch with a sophisticated cosmopolitan set that eventually gave him inspiration for illustrations published in The New Yorker and Town & Country—for example, one famous drawing for the latter, dated 1950, features a bow-tied man sniffing a coupe, a bottle of wine resting in a bucket at his side.

At 16 years old, Bemelmans moved to New York for a fresh start. He worked at the Astor and McAlpin hotels until he found a permanent position at the newly-built Ritz-Carlton on Madison Avenue. When World War I broke out, Bemelmans assisted at a mental hospital upstate in Buffalo and doodled to alleviate his distress in this often disturbing environment. Back at the Ritz, during peacetime, a waiter saw his skilled sketch on an order pad and encouraged him to launch a career as an illustrator. Bemelmans had found his groove. He took a life drawing class, honed his line, and won his first comic strip assignment in 1926: The Thrilling Adventures of Count Bric a Brac, published in the now defunct newspaper, New York World. Commissions for the satirical Judge Magazine and brands such as Jell-O swiftly followed. Yet private turmoil and tragedy followed public success. Bemelmans divorced his first wife, Rita, who he had married just a few years earlier. His brother, Oscar, died when he fell down an elevator shaft……………..

https://www.artsy.net/article/artsy-editorial-illustrator-madeline-timeless-childrens-character

jueves, 29 de agosto de 2019

BREXIT: FUREUR FACE À LA DÉCISION DE JOHNSON DE SUSPENDRE LE PARLEMENT


Par Challenges.
La décision du Premier ministre Boris Johnson de suspendre le Parlement jusqu'au 14 octobre, soit deux semaines seulement avant la date du Brexit, a déclenché une vague d'indignation au Royaume-Uni où une pétition contre cette mesure recueillait jeudi plus d'un million de signatures.


Un manifestant portant un masque représentant le Premier ministre britannique Boris Johnson manifeste devant les bureaux de ce dernier à Downing Street en installant une fausse pierre tombale, le 28 août 2019 à Londres
AFP - DANIEL LEAL-OLIVAS

La décision du Premier ministre Boris Johnson de suspendre le Parlement jusqu'au 14 octobre, soit deux semaines seulement avant la date du Brexit, a déclenché une vague d'indignation au Royaume-Uni où une pétition contre cette mesure recueillait jeudi plus d'un million de signatures.

La livre sterling a chuté de 0,6% face à l'euro et au dollar après l'annonce de la suspension qui a renforcé l'hypothèse d'un "no deal", faisant craindre des pénuries et le rétablissement de droits de douane.

Sur le site officiel petition.parliament.uk, une pétition contre la décision, qualifiée par les opposants de "coup d'Etat", dépassait jeudi matin les 1,1 million de signatures. Au Royaume-Uni, toute pétition atteignant 100.000 signatures peut déclencher l'ouverture d'un débat parlementaire.

Des milliers de personnes ont manifesté mercredi soir à Londres, Manchester, Edimbourg et d'autres grandes villes. Plusieurs centaines de personnes se sont rassemblées devant le Parlement en scandant "Arrêtez le coup d'Etat" et en brandissant le drapeau européen, puis à Downing Street où est installé le Premier ministre.

"Docile" avec Trump
Si le Parlement britannique est habituellement suspendu en septembre en raison des congrès annuels des partis, l'extension de cette suspension jusqu'au 14 octobre a été qualifiée de "scandale constitutionnel" par le président de la Chambre basse, John Bercow.

"C'est un scandale et une menace pour notre démocratie", a aussi réagi Jeremy Corbyn, le chef du Labour, principal parti d'opposition. M. Corbyn a écrit à la reine pour lui demander un entretien, selon une source au sein du Labour. Il espère obtenir le soutien des députés pour déposer une motion de censure contre le gouvernement, mais devra désormais y parvenir avant la suspension le 9 septembre.

"Ca va être très compliqué pour Jeremy Corbyn (...) d'obtenir un vote de défiance (...) d'autant plus que Boris est exactement ce que le Royaume-Uni cherchait", s'est réjoui sur Twitter le président américain Donald Trump qui a, à plusieurs reprises, fait miroiter un accord de libre-échange ambitieux avec le Royaume-Uni après le Brexit.

"Je pense que ce que le président américain veut dire, c'est que Boris Johnson est exactement ce que lui recherchait, un Premier ministre docile qui remettra les services publics britanniques aux mains des entreprises américaines", a rétorqué Jeremy Corbyn sur Twitter.

Agitation chez les Tories
Dans les rangs conservateurs modérés, la suspension a aussi été dénoncée.

L'ex-ministre des Finances Philip Hammond, opposé à un "no deal", l'a qualifiée de "scandale constitutionnel".

Et selon plusieurs médias, la populaire cheffe du parti conservateur écossais, Ruth Davidson, devrait démissionner jeudi. Avec sa personnalité charismatique, la quarantenaire avait pourtant réussi à redonner un nouveau souffle au Parti conservateur en Ecosse, dont la Première ministre Nicola Sturgeon a accusé M. Johnson de se conduire en "dictateur de pacotille".

Boris Johnson s'est défendu en affirmant sur la chaîne Sky News que le calendrier fixé "laissera amplement le temps aux députés de débattre de l'UE et du Brexit".

Des recours en justice ont déjà été annoncés, par plus de 70 parlementaires écossais devant la plus haute instance civile d'Ecosse d'un côté, et de l'autre par Gina Miller, une femme d'affaires et militante anti-Brexit, devant la justice anglaise.

Pour le quotidien The Times, la suspension "pousse la Grande-Bretagne au bord de la crise constitutionnelle", tandis que The Guardian prédisait un "clash parlementaire historique" alors que des députés hostiles au Brexit cherchent un moyen de contrer la décision du Premier ministre.

Montrer un front "uni" à l'UE
Boris Johnson a demandé à la reine Elizabeth II, qui a accepté, de suspendre le Parlement après les débats du 9 septembre et jusqu'au 14 octobre. La session reprendra avec le traditionnel discours de la reine, dans lequel elle expose le programme du gouvernement.

"Les semaines précédant le Conseil européen (17 et 18 octobre) sont vitales pour mes négociations avec l'UE", a-t-il souligné, ajoutant: "En montrant unité et détermination, nous avons une chance de décrocher un nouvel accord qui puisse être adopté par le Parlement".

La date du retour a été choisie le 14 octobre pour que le Parlement siège avant le Conseil européen et puisse, en cas d'un nouvel accord avec l'UE, adopter la loi nécessaire à sa ratification avant le 31 octobre, date à laquelle le Royaume-Uni doit quitter l'UE, selon un communiqué gouvernemental.

Les députés ont déjà rejeté trois fois l'accord de sortie de l'UE conclu avec le gouvernement précédent de Theresa May. Mais ils n'ont pas réussi à se mettre d'accord sur la forme que doit prendre le Brexit, voté en juin 2016 par 52% des Britanniques.

Londres et l'UE s'opposent en particulier sur le sort de la future frontière irlandaise, qui séparera le Royaume-Uni du marché unique européen.

(avec AFP)
https://www.challenges.fr/monde/europe/brexit-fureur-face-a-la-decision-de-johnson-de-suspendre-le-parlement_671338#xtor=EPR-1-[ChaActu10h]-20190829

MOSTRA VENEZIA 76, ROMAN POLANSKI



Roman Polanski brillera par son absence ce vendredi à la Mostra de Venise. Il ne viendra pas défendre son thriller historique dédié à l'affaire Dreyfus jugeant trop risquée sa présence en Italie de peur d'être extradé.
Plusieurs voix, notamment féministes, se sont élevées pour critiquer cette sélection. C'est le cas de l'Argentine Lucrecia Martel, la présidente du jury qui se dit gênée par ce film. A 86 ans, Polanski a été exclu de l'Académie des Oscars l'an dernier. Il est toujours poursuivi par la justice américaine pour le viol d'une adolescente en 1977.
Lucretia Martel ha spiegato la motivazione della sua assenza all’imminente serata di gala per il regista e per il suo ultimo film J’accuse, dedicato all’affare Dreyfus: “Mi mette a disagio. Non sarebbe giusto nei confronti di tutte le donne che rappresento e delle donne argentine vittime di stupro”

di Davide Turrini

“Non andrò alla serata di gala in onore di Roman Polanski, ma è giusto che il suo film sia in concorso a Venezia”. A tuonare contro il regista di Rosemary’s baby è la regista argentina Lucrecia Martel, presidente della giuria del Festival di Venezia 2019. Durante la conferenza stampa di presentazione delle giurie Martel ha spiegato la motivazione della sua assenza all’imminente serata di gala per Roman Polanski e per il suo ultimo film J’accuse, dedicato all’affare Dreyfus: “La presenza di Polanski in concorso, dopo ciò che ha fatto in passato, mi mette a disagio. Tanto che non parteciperò alla serata di gala in onore del suo film. Non voglio alzarmi in piedi ed applaudirlo. Non sarebbe giusto nei confronti di tutte le donne che rappresento e delle donne argentine vittime di stupro”.

Il j’accuse della Martel arriva dopo che pochi secondi prima il direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera, aveva risposto ad una domanda dei giornalisti sulla presenza di Polanski al Lido. “Sono convinto che dobbiamo distinguere l’artista dall’uomo – ha spiegato Barbera – La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini di diversa natura, tuttavia abbiamo continuato ad ammirare le loro opere d’arte. Cosa che vale anche per Polanski, a mio avviso uno degli ultimi maestri ancora attivi del cinema americano”. Martel, seduta di fianco a Barbera è subito intervenuta: “Un uomo che commette un crimine di queste dimensioni, che viene condannato e la vittima si considera soddisfatta del risarcimento, è difficile da giudicare. È difficile stabilire l’approccio giusto da adottare per le persone che hanno commesso determinati atti. Queste domande comunque fanno parte del dibattito dei nostri tempi. Non mi congratulo con lui ma credo questo che questo festival sia il luogo migliore dove proseguire questo tipo di discussione e confronto con lui”.
Il polverone sollevato durante la conferenza stampa veneziana non ha lasciato indifferente Luca Barbareschi che con la sua Eliseo Cinema ha co-prodotto il film, distribuito tra gli altri da 01: “Dopo le dichiarazioni della presidente della giuria di Venezia 76, siamo preoccupati che il film di Polanski non venga giudicato serenamente. Stiamo valutando di ritirarlo dal Concorso, a meno che non arrivino le scuse ufficiali”.


Polanski venne condannato per violenza sessuale commessa nel 1977 su una minorenne, Samantha Geimer. Per questo reato fece 42 giorni di carcere. Successivamente cercò un accordo per una pena con la condizionale ma dopo aver capito che l’accordo non gli sarebbe stato concesso nel 1978 è fuggito in Francia e da allora non può più mettere piede negli Stati Uniti. Nel 1993 Polanski ha raggiunto un accordo economico di risarcimento – 500mila dollari più interessi – con i legali della Geimer, ma, secondo diverse fonti giornalistiche, non ha mai tenuto fede per intero all’accordo. Nel 2008 la Geimer ha dichiarato che per lei Polanski “aveva già pagato abbastanza per il suo crimine” e che desiderava non fosse “condannato ad ulteriori punizioni”. Questa vicenda giudiziaria però, per via di diversi cavilli giuridici, non si era comunque conclusa e Polanski nel 2010 era arrestato a Zurigo sempre su richiesta degli Stati Uniti e messo ai domiciliari nella sua casa svizzera di Gstaad.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/08/28/venezia-76-la-presidente-di-giuria-contro-roman-polanski-non-voglio-alzarmi-in-piedi-e-applaudirlo/5415416/

HOW RENAISSANCE ARTISTS BROUGHT PORNOGRAPHY TO THE MASSES


Enea Vico, Venus and Mars Embracing as Vulcan Works at His Forge, 1543. Courtesy of the Metropolitan Museum of Art.

Jacqui Palumbo

Almost immediately after the introduction of any major technological advancement, humans inevitably end up employing it for porn. “Sometimes the erotic has been a force driving technological innovation,” John Tierney penned in 1994, the early days of the World Wide Web, but “virtually always, from Stone Age sculpture to computer bulletin boards, it has been one of the first uses for a new medium.”
Today, pornography is democratized. No longer confined to the pages of magazines, the internet has allowed anyone the means to upload their amateur videos to Pornhub or use Instagram as a marketing tool to tease their bits. Pornography is also crowdfunded. Instagram models lead you to Patreon pages or cam streams, where—for a low monthly subscription fee, or the occasional generous gift—there’s a glimmer of hope that the viewer could get to know them.

In the West, the first step in bringing pornography to the broader public came unexpectedly, with the invention of Johannes Gutenberg’s printing press in 1440. The German publisher created the machine to share books—most notably, the vernacular Gutenberg Bible—with the masses. Soon, it was able to disseminate engraved images, too. Gutenberg’s press effectively opened the door for a flow of new images and ideas around Europe.
Soon enough, explicit artworks were made readily accessible, and producing them became a public offense. “It was the transition from the highest rungs of society to a broader public that was the cause for concern among the private elite circles of humanists as well as Church clerics,” Andrea Herrera writes in The Renaissance Nude (2018), a catalogue accompanying a 2018–19 exhibition of the same name.

Around the same time as the print revolution, artists revived the nude in painting as a callback to antiquity and as a way to humanize lofty saints. Prestigious and expensive painting commissions for explicit female nudes flourished in Europe during the Renaissance. Famous artists like Raphael
Raphael exemplifies High Renaissance painting with his grand renderings of the Madonna in landscape settings the figurative scenes with which he decorate…
and Botticelli created illicit works meant only for the eyes of elite men.
Beyond erotic pleasure, such artworks had intellectual conceits. It became a performance for the upper echelon to view provocative, masterfully painted or sculpted nudes. “This ability to admire the skill behind the artwork rather than give in to bodily desire demonstrated the virtue of the viewer,” write Stephen J. Campbell, Jill Burke, and Thomas Kren in the introduction to The Renaissance Nude.
Artists also looked to ancient texts like the Ovidian love stories, which were revived by the printing press and circulated around Europe, for sensual subjects. The Greeks and Romans had imagined their gods as sexual beings, and it became in vogue to do so again in the Renaissance................

https://www.artsy.net/article/artsy-editorial-renaissance-artists-brought-pornography-masses?utm_medium=email&utm_source=17900675-newsletter-editorial-daily-08-28-19&utm_campaign=editorial-rail&utm_content=st-V

martes, 27 de agosto de 2019

ET MANCHI PIETÀ. PALACONGRESSI – 25 AGOSTO 2019



Il programma di sala recita: “Il progetto Et manchi pietà nasce dall’esigenza di dar vita a una creazione multimediale e multidisciplinare di videoart/musica dal vivo di Anagoor che, partendo dall’opera della pittrice Artemisia Gentileschi (1593 – ca.1656), si propone di esplorare alcune particolarità della pittura e della musica del primo barocco italiano, mettendo in risalto le specificità creative e il loro portato emotivo. Figlia di Orazio Gentileschi (uno dei primi pittori caravaggeschi italiani), e fino a pochi decenni fa ricordata soprattutto per la vicenda del processo per stupro, Artemisia ha dovuto attendere oltre trecento anni per veder riconosciuto appieno il proprio valore come pittrice.
La performance consiste nell’esecuzione di musiche di Monteverdi, Rossi, Strozzi, Kapsberger, Trabaci, Merula, Landi, Castello, Fontana dal soprano Roberta Invernizzi e dall’Accademia d’Arcadia con strumenti d’epoca, che corrispondono ad altrettanti capitoli visivi del film proiettato su un grande schermo.


Nella seconda parte della serata il critico d’arte Vittorio Sgarbi analizzerà il lavoro della Gentileschi e dell’ambiente artistico coevo”
Et manchi Pietà Artemisia Gentileschi, tra violenza e perdono
Roberta Invernizzi, soprano
Accademia d’Arcadia
Alessandra Rossi Lürig
, direttore
Spettacolo di videoart a cura di Anagoor
Musiche di MONTEVERDI, ROSSI, STROZZI, KAPSBERGER, TRABACI, MERULA, LANDI, CASTELLO, FONTANA

Lectio magistralis di Vittorio Sgarbi su Artemisia Gentileschi
 Serata decisamente attesa ed immaginato la perfezione del connubbio tra musica, arte e video.
Per quanto la prima parte, quella della musica e del canto non si può che dire bene: l’Accademia dell’Arcadia brilla sicuramente per stile esecutivo e ricerca di sonorità impeccabili ed altrettanto eccellente l’ascolto di Roberta Invernizzi la quale ha affascinato anche il pubblico più distante dal genere musicale.  Voce chiara e limpida che sa modulare con gentilezza ed incisività: direi un capolavoro esecutivo. Circa il video a cura di Anagoor, ho qualche perplessità sull’insieme: Diviso in 13 quadri più prologo e epilogo è apparso a tratti lento ed eccessivamente didascalico; bene il ‘prologo’ con la visita museale ed il ‘casino delle Muse’ tanto per citarne alcuni passi, di ricerca di forte impatto ‘Judith’ o ‘Bath’ troppo fotografico, senza particolare ricerca. Nell’insieme comunque la prima parte di 85 minuti ha funzionato.


Dopo un breve intervallo è stato il momento di Vittorio Sgarbi, che pur avendo a disposizione un argomento di tutto interesse, si è dilungato molto su pittori minori con la proiezione di molte immagini, tanto da giungere a circa le 23,45 per ultimare la serata.
La Musica vince sempre
Renzo Bellardone