sábado, 28 de octubre de 2023

LA GYPSOTHECA DI POSSAGNO È L'UNICO AMBIENTE MUSEALE PORTATO INTERAMENTE A COMPIMENTO DALL'ARCHITETTO CARLO SCARPA ED È AL TEMPO STESSO UNA DELLE SUE CREAZIONI PIÙ PERFETTE. MUSEO CANOVA

 

Considerata come uno degli interventi più significativi dell’architetto veneziano Carlo Scarpa, l’ala viene costruita tra 1955 e il 1957 per completare l’immenso patrimonio canoviano, comprendendo alcuni gessi monumentali che erano già arrivati in prestito da Venezia e che sono tutt’oggi fruibili all’interno del Museo, come Ercole e Lica e Teseo in lotta con il centauro.


Scarpa riuscì a creare una struttura che si armonizza con la basilica ottocentesca già esistente e con il paesaggio circostante. Disegnò un’aula a pianta quadrata destinata, solo originariamente, ad ospitare il grande modello del Teseo. Qui vi aggiunse poi un corpo più basso e trapezoidale con un lato parallelo a quello della basilica, costruendo un vero e proprio cannocchiale ottico puntato sul gruppo de Le Grazie collocate in fondo alla sala.

Il punto chiave del suo progetto è però l’attenzione al dato naturale del paesaggio circostante.

La luce naturale e l’intelligente posizionamento di vetrate angolari coniuga la coreografia di corpi alle verdeggianti colline evocando nell’osservatore un’immagine di perfezione. Un’ulteriore particolarità dell’Ala Scarpiana è la presenza di uno specchio d’acqua ai piedi de Le Grazie. La luce qui riflessa modula le forme con infinite variazioni e i tre corpi sembrano muoversi ad ogni istante del giorno, riflettendo e creando ombre che si infrangono sullo spazio aperto. Il 15 settembre 1957 venne inaugurato il nuovo padiglione in occasione del bicentenario della nascita dell’artista ma, in realtà, i lavori proseguirono e per altri due anni si continuò ad intervenire con nuovi miglioramenti.


La luce per Carlo Scarpa

La luce, innanzitutto, è la protagonista assoluta dell’Ala Scarpa, in grado di produrre una lettura a tutto tondo dei gessi di Canova: il modello de Le Grazie, Amore e Psiche stanti, le danzatrici, le figure distese e soprattutto tutti quei bozzetti in terracotta inseriti nelle bacheche di nuova progettazione e finalmente valorizzati grazie alla riscoperta operata dalla critica. Ne risulta un museo ‘vivente’ dove il protagonismo è dichiaratamene affidato alla luce che riesce a impermeare anche il visitatore che ha a sua disposizione uno spazio in cui agire muovendosi all’interno di un palcoscenico costruito per piani, superfici, materiali e soprattutto attraversato da tanta luce che si espande e modifica la scena ogni istante del giorno e della notte. Carlo Scarpa scriveva: “Il problema che dovevo affrontare nella sistemazione della Gypsotheca era la luce: si trattava non di quadri, ma di sculture, e le sculture non erano di marmo o di legno, ma di gesso […]. E il sole, movendosi su una scultura, non dà mai effetti negativi, come invece, quando all’interno di un’aula va in certi punti e in altri no, mettendo in luce solo alcuni dei quadri, per quanto non ci sia niente che renda meravigliose le opere dell’arte come la luce potente del sole”.

“Il problema che dovevo affrontare nella sistemazione della Gypsotheca era la luce:

si trattava non di quadri, ma di sculture, e le sculture non erano di marmo o di legno, ma di gesso […]. E il sole, movendosi su una scultura, non dà mai effetti negativi, come invece, quando all’interno di un’aula va in certi punti e in altri no, mettendo in luce solo alcuni dei quadri, per quanto non ci sia niente che renda meravigliose le opere dell’arte come la luce potente del sole.”

Carlo Scarpa

https://www.museocanova.it/museo/il-complesso/gypsotheca/ala-scarpa/

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