miércoles, 27 de septiembre de 2023

VOYAGE DANS LE CRISTAL. LE MUSÉE DE CLUNY

 26 septembre 2023 - 14 janvier 2024 

Depuis toujours et dans toutes les civilisations, la transparence du cristal de roche fascine. Du 26 septembre 2023 au 14 janvier 2024, le musée de Cluny – musée national du Moyen Âge propose un "Voyage dans le cristal" au Moyen Âge et à travers l’histoire.


L’exposition réunit des chefs-d’œuvre artistiques depuis la Préhistoire à l’art contemporain. Ils illustrent l'attraction et le mystère suscités par la transparence du quartz dans toutes les civilisations, et singulièrement au Moyen Âge. La narration, chronologique et thématique, suggère des univers oniriques et fantastiques soulignant les multiples aspects du pouvoir esthétique, scientifique et spirituel du cristal de roche.
Le commissariat est assuré par Isabelle Bardiès-Fronty, conservatrice générale du patrimoine au musée de Cluny – musée national du Moyen Âge et Stéphane Pennec, archéologue, conservateur-restaurateur, président d'AÏNU.



L'exposition "Voyage dans le cristal" est organisée par le musée de Cluny - musée national du Moyen Âge en coproduction avec la Réunion des musées nationaux - Grand Palais. Elle bénéficie de la participation exceptionnelle du musée du Louvre et du soutien de L'École des Arts Joailliers.


https://www.musee-moyenage.fr/activites/expositions/expositions-en-cours-.html

FATTI D’ARTE e INTRECCI DELL’ESISTERE 2023 – Palazzo Ferrero

 

– Biella 23 settembre

Biella è la città della lana e pochi anni fa ospitava le fabbriche dei più grandi nomi della moda italiana. Ora le situazioni economiche sono cambiate nel mondo intero, ma Biella conserva senza dubbio questo riconoscimento e persegue la celebrazione culturale delle sue peculiarità territoriali.


Una passeggiata nel Borgo del Piazzo, nella parte alta di Biella è senza dubbio un cammino attraverso la propria anima tra i ricordi e le sensazioni di serenità e pace.

Questo luogo è ricco di palazzi e dimore che celebrano le vestigia del passato, mantenendo vivo il ricordo con lo sguardo ben centrato al presente ed al futuro, infatti queste non sono abbandonate al decadimento o quanto meno al recupero parziale, ma sono edifici mantenuti vivi con l’arte, la musica, la cultura e la convivialità.

Tra le iniziative del momento : “Il Giardino dell’Anima” di Elham M. Aghili, inserita nella rassegna “Intrecci dell’Esistere”, è la sezione particolare che “Fatti ad Arte” dedica agli artisti che usano le fibre (fibre tessili/lana) per realizzare le loro opere . Direi che l’installazione di Elham Aghili è la colorata, allegra e intima rappresentazione del giardino dell’anima, ripercorrendo le tradizione delle due culture e identità che le appartengono:iraniana e italiana. Nei tableaux si legge “... L’atmosfera meditativa e nel contempo di grande bellezza dei giardini persiani chiamati Pairdis, parola da cui ha avuto origini il termine Paradiso, ha ispirato profondamente la poetica di Elham Aghili...”, la quale coglie con poesia e colore i dettagli della natura espandendoli con visione poetica e sensibile lasciando spazio all’immersione individuale per espandersi fino al ‘Paradiso’. Nelle note di sala si legge “...Ed è la lana che Elham in prevalenza sceglie per creare, questa fibra che accompagna l’umanità da millenni, protettrice e materna, morbida e avvolgente che diventa selva e foresta, che ci invita ad esserne parte…”


Nella sala attigua si incontrano, in un’atmosfera rarefatta e delicata, le opere di Lucio Bubacco, ovvero “Il respiro lieve del vetro”. Murano, è sicuramente il centro del mondo per l’arte di lavorare il vetro e Lucio Bubacco davvero rappresenta un “unicum”, riuscendo a concentrare armonia, forma e movimento nei suoi lavori ovviamente statici, ma che nell’occhio di chi osserva si trasformano in movimento elegante e raffinato. Il Maestro utilizza l’antica tecnica a lume con abilità artistica ed artigiana al punto da divenire uno degli artisti più apprezzati al mondo. Difficilmente ci si puo' ritrovare immersi nei colori delle trasparenze che trasportano in mondi temporalmente lontani e fanno rivivere emozioni antiche con il fiato sospeso, quasi il solo sguardo potesse infrangere tanta bellezza. Poche parole non sono sicuramente esaustive, ma ci si augura che le immagini fotografiche riescano anche solo in minima parte a trasferire l’emozione di intimità che le opere per di sé fragili sanno trasmettere…

La Bellezza salverà il mondo”, o almeno chi sarà in grado di riconoscerla, apprezzarla e viverla in ogni suo momento….

Renzo Bellardone

LA JUIVE| FROMENTAL HALÉVY – TEATRO REGIO TORINO 24 SETT.2023

 I miei commenti alle varie forme d’arte che frequento non sono commenti ‘tecnici’, ma da considerarsi per lo più emozionali e si sa...di fronte all’arte ed alla bellezza, le emozioni sono sensibilmente individuali!



Daniel Oren-direttore d'orchestra

Stefano Poda-regia, scene, costumi, coreografia e luci

Paolo Giani Cei-regista collaboratore

Ulisse Trabacchin-maestro del coro


Orchestra e Coro Teatro Regio Torino

Nuovo allestimento Teatro Regio Torino

Rachel Mariangela Sicilia

Elèazar Gregory Kunde

Eudoxie Martina Rossomanno

Léopold Iotan Hotea

Brogni Riccardo Zanellato

Ruggiero Gordon Bitner

Alberto Daniele Terenzi

Un araldo Rocco Lia

Un ufficiale Leopoldo Lo Sciuto

Un ufficiale Andrea Antognetti

Uomini del Popolo Lorenzo Battagion, Alessandro Agostinacchio, Roberto Calamo,

Andrea Goglio

Un titolo decisamente non così usuale ed impegnativo apre la stagione del Teatro Regio di Torino 2023/2024. Una vicenda intricata ed intrigante, Musica molto...molto bella ed allestimento spettacolare rendono questa produzione unica e di tutto rilievo nel panorama dei cartelloni operistici nazionali.

La Juive| Fromental H

La juive (l’ebrea) è una delle opere più rappresentative del "Grand Opéra à la française" ed il libretto molto bello è di Eugène Scribe. L’azione si dipana in cinque atti che presentano situazioni spettacolari e che nella produzione del Teatro Regio superano ogni aspettativa. La messa in scena è talmente complessa ed articolata che non riesco a ricordare molti particolari e dettagli, anche in virtù delle quattro ore di musica e della straordinarietà dello spettacolo.

La direzione è affidata a Daniel Oren, già apprezzato nel 2007 all’Opera Bastille di Parigi, nella conduzione della stessa opera. Oren è sicuramente uno dei più affermati direttori sulle scene teatrali del mondo, il quale dirige con passione, misura ed inevitabile coinvolgimento. Trae tutto il vigore e tutta l’intimità della narrazione musicale seguendo orchestra e cantanti con partecipazione ed attenzione.

Il cast da qualche critico è stato definito ‘stellare’ e dopo averlo sentito non si può che concordare! Tutti quanti all’altezza del ruolo e in sintonia tra di loro, per cui il palco è risultato omogeneo e, tanto per ripetersi, davvero stellare.



E’ la prima volta che sentivo e vedevo Mariangela Sicilia e mi ha vocalmente stupito nel ruolo di protagonista per l’estensione vocale e la naturalezza interpretativa ricca di espressività: decisamente coinvolta nel ruolo del titolo. Parimenti Martina Russomanno ha dato prova di agilità e fraseggio che hanno tratteggiato il ruolo della sensuale principessa. Applausi a scena aperta per tutti, ma Gregory Kunde ha estasiato per potenza, duttilità, fraseggio ed interpretazione, riuscendo a disegnare ogni aspetto ed ogni sentimento del suo Eléazar (dal podio anche D.Oren non ha trattenuto un applauso dedicato). Iohan Hotea ha reso Leopold con voce chiara ed armoniosa e Riccardo Zanellato con bel timbro e colore ha interpretato il cardinale facendo emergere tutta la caratterialità del personaggio. Bravi anche tutti gli altri interpreti: Gordon Bitner, Daniele Terenzi, Rocco Lia, Leopoldo Lo Sciuto, Lorenzo Battagion e Roberto Calamo.

Regia, scene, costumi, coreografia e luci sono realizzate dall’affermatissimo Stefano Poda, con il collaboratore Paolo Giani Cei.

La messa in scena di Poda è davvero la differenza tra un allestimento bello e curato ed un allestimento anche preciso e visionario. Poda conosce la musica, quindi ogni luce, ombra, passo o gesto è perfettamente aderente alla nota suonata in quel momento e questo non è decisamente un elemento scontato quindi di tutto rilievo; emerge anche lo studio dell’opera e del periodo storico in cui è ambientata (in questo caso il Concilio di Costanza del 1414) e del carattere intimo ed in evidenza dei vari personaggi, riuscendo a narrare la vicenda esponendola in raffronto a problemi che si ripetono ai giorni nostri. Poda è spettacolare e riesce addirittura difficile raccontarlo, talmente tanti sono i messaggi che lancia e le situazioni che evidenzia: “...quando la religione diviene idolatria ...è sicuramente pericolosa..” ed aggiungo che sovente è pretesto per guerre, deportazioni, crimini e miserie. Le luci le usa in modo raffinato ed elegante; i costumi intendono contrapporre le identità di cristiani ed ebrei (1414). Usa piani di palco diversi per disegnari i vari scenari ed i diversi punti di osservazione e le differenze di ogni genere.

Realizzazione colta e raffinata.

La Musica vince sempre.

Renzo Bellardone

OBJECTS OF ADDICTION: OPIUM, EMPIRE, AND THE CHINESE ART TRADE

 September 15, 2023–January 14, 2024, Special Exhibitions Gallery, Harvard Art Museums

Opium pipe, China, Qing dynasty to Republican period, inscribed with cyclical date corresponding to 1868 or 1928. Water buffalo horn, metal, and ceramic. Harvard Art Museums/Arthur M. Sackler Museum, Bequest of Grenville L. Winthrop, 1943.55.6.

How did the sale of opium in China by Massachusetts merchants in the 19th century contribute to a growing appetite for Chinese art at Harvard at the start of the 20th century?

Objects of Addiction explores the entwined histories of the opium trade and the Chinese art market between the late 18th and early 20th centuries. Opium and Chinese art, acquired through both legal and illicit means, had profound effects on the global economy, cultural landscape, and education—and in the case of opium, on public health and immigration—that still reverberate today.

The first section of the exhibition examines the origins of the opium trade, the participation of Massachusetts traders, and opium’s devastating impact on the Qing dynasty (1644–1911) and the Chinese people. Works presented here include smoking paraphernalia, an opium account book, and photographs, along with mass media illustrations critiquing the use and sale of opium.

The second section highlights the history of imperial art collecting in China and demonstrates the growing appetite for Chinese art in Europe and the United States after the Opium Wars (1839–42, 1856–60). Artworks from Massachusetts-based private and public collections show the shift in taste at this time from export ceramics and paintings to palace treasures and archaeological materials, including ancient bronzes and jades unearthed from tombs and Buddhist sculptures chiseled from cave temple walls. Through the histories of museum directors, professors, and donors, this section looks critically at the sources of Harvard’s Chinese art collection.

A special section of the exhibition investigates parallels between China’s opium crisis and the opioid epidemic in Massachusetts today. We invite visitors to share their thoughts and personal experiences in this space. A range of public programs throughout the fall will encourage community discussion around the opioid crisis, the effects of the Opium Wars on U.S.–China relations, the role of opium in Chinese exclusion in the United States, and art collecting practices. In addition, the artist collective 2nd Act will present a series of substance use prevention workshops, and the Cambridge Public Health Department and Somerville Health and Human Services Department will host trainings on the use of naloxone (Narcan) to reverse opioid overdoses.

This exhibition features works from the collections of the Harvard Art Museums. In addition, loans have been generously provided by the Peabody Museum of Archaeology and Ethnology, Fine Arts Library, Harvard-Yenching Library, Economic Botany Library of Oakes Ames, Houghton Library, and Baker Library (all at Harvard), as well as by the Forbes House Museum, the Ipswich Museum, and Mr. and Mrs. James E. Breece III.

Curated by Sarah Laursen, Alan J. Dworsky Associate Curator of Chinese Art, Harvard Art Museums; with contributions from Harvard students Emily Axelsen (Class of 2023), Allison Chang (Class of 2023), and Madison Stein (Class of 2024), who were instrumental in the early development and planning of this exhibition. We are also grateful to the community members, students, and scholars who lent their time and expertise.



Support for the exhibition is provided by the Alexander S., Robert L., and Bruce A. Beal Exhibition Fund; the Robert H. Ellsworth Bequest to the Harvard Art Museums; the Harvard Art Museums’ Leopold (Harvard M.B.A. ’64) and Jane Swergold Asian Art Exhibitions and Publications Fund and an additional gift from Leopold and Jane Swergold; the José Soriano Fund; the Anthony and Celeste Meier Exhibitions Fund; the Gurel Student Exhibition Fund; the Asian Art Discretionary Fund; the Chinese Art Discretionary Fund; and the Rabb Family Exhibitions Fund. Related programming is supported by the M. Victor Leventritt Lecture Series Endowment Fund. The accompanying booklet was made possible by generous support from Mr. and Mrs. James E. Breece III. Additional support for this project is provided by the Dunhuang Foundation.

Share your experience: #HarvardArtMuseums

https://harvardartmuseums.org/exhibitions/6265/objects-of-addiction-opium-empire-and-the-chinese-art-trade

lunes, 25 de septiembre de 2023

LA ORQUESTA Y CORO NACIONALES DE ESPAÑA, VIBRANTE APERTURA DE TEMPORADA EN EL AUDITORIO NACIONAL

 Obras de Elgar (1857- 1934) y Rachmaninov (1873-1943). Orquesta y Coro Nacionales. David Afkham, director de la orquesta y Miguel Ángel García Cañamero, director del coro. Auditorio Nacional. Madrid, 24 de septiembre de 2023.



Programa

Edward Elgar, Concierto para violín y orquesta en Si menor, op. 61

Serguéi Rajmáninov), Las campanas, op. 35

Los cuatro movimientos son los siguientes:

Allegro ma non tanto. "Las campanillas plateadas del trineo" en la bemol mayor - con solo de tenor.

Lento. "Las melodiosas campanas de boda" en re mayor - con solo de soprano.

Presto. "Las fuertes campanas de alarma" en fa menor.

Lento Lugubre. "Las lúgubres campanas de hierro" en do sostenido menor - con solo de barítono.

David Afkham, Director

Frank Peter Zimmermann, Violín

Anush Hovhannisyan, Soprano

Pavel Petrov, Tenor

Anatoli Sivko, Bajo

Miguel Ángel García Cañamero Director del Coro Nacional de España

Orquesta y Coro Nacionales de España

Una mañana de domingo con tiempo dulce- comienzos del otoño en Madrid- inaugura la temporada en el Auditorio Nacional. Apenas traspasada las puertas, los directores de la Orquesta Nacional de España David Afkham y del Coro, García Cañamero, músicos y cantantes, se entremezclan con la audiencia que llega para intercambiar unas palabras, una foto, un apretón de manos. Sorpresa para todos, porque- no es habitual- y no hay mejor forma de reconectar con la sala y sus constelaciones que la cercanía y la disponibilidad de los artistas. La inauguración no pudo comenzar mejor.

En cuanto al  programa, el concierto para violín en si menor de Edward Elgar, op. 61, es una obra concertante para violín y orquesta, tal vez una de las composiciones orquestales más largas del compositor y la última en obtener un éxito popular inmediato. Compuesto para el violinista Fritz Kreisler, quien lo estrenó en Londres en 1910, con la dirección del mismo compositor. Este hizo además una grabación con el jovencísimo violinista Yehudi Menuhin en 1932 que fue un éxito discográfico.

Algunos expertos y los instrumentistas, lo consideran como uno de los más difíciles en el repertorio de violín por el uso constante de dobles cuerdas, cruces de cuerdas rápidos y poco ortodoxos, y enormes, cambios rápidos de posición en el instrumento, sin embargo, continuó siendo programado y tocado por aclamados violinistas.  En este caso, la orquesta estuvo en su mejor expresión de volúmenes sonoros, planos diferentes, matices, a cargo del maestro titular, David Afkam, igual que el solista, Frank Peter Zimmermann en manejo de la técnica del arco, el trabajo de los pasajes y la digitación. Excelente la comunicación entre la concertino, el solista y el director, para logar un conseguido empaste con el resto de las secciones de la orquesta, en una sala que goza de una excelente acústica y disponibilidad para disfrutar de la música y las voces, polivalente. ZImmermann no dejó ningún “encore”.

La partitura como se dijo antes, está dedicada a Kreisler, pero también lleva la inscripción en español, "Aquí está encerrada el alma de.....", cita de la novela Gil Blas de Alain-René Lesage. Los cinco puntos son uno de los enigmas de Elgar, y se han propuesto varios nombres para que coincidan con la inscripción. Se ha especulado ampliamente que alude a Alice Stuart-Wortley, hija del pintor John Everett Millais, la querida amiga de Elgar a quien él apodaba "Windflower", y su amor por ella y su inspiración para él son bien conocidos. No hay pruebas definitivas que la vinculen con la inscripción del concierto, aunque Elgar apodó varios de los temas "Windflower", y en sus cartas a ella se refirió a la obra como "nuestro concierto”. Aunque hubo otras candidatas cercanas al corazón del compositor que podrían estar vinculadas a esta obra. El biógrafo de Elgar, Jerrold Northrop Moore, sugiere que la inscripción no se refiere a una sola persona, sino que en cada movimiento del concierto hay una inspiración viva y un fantasma: Alice Stuart-Wortley y Helen Weaver en el primer movimiento; la esposa de Elgar y su madre en el segundo; y en el final, Billy Reed y August Jaeger ("Nimrod", de Enigma Variations).

Elgar dijo del Concierto para violín: "¡Es bueno! ¡Terriblemente emocional! Demasiado emotivo, pero me encanta". Tiene tres movimientos. Y según el biógrafo de Elgar, Michael Kennedy, estructuralmente el concierto sigue el modelo de los de Brahms y quizás de Bruch.  

Kennedy describe un pasaje del Allegro como "una de las entradas más efectivas e inquietantes del instrumento solista que se puede encontrar en cualquier concierto".  

Calificado como Andante el segundo movimiento, en tonalidad de si bemol, tiene un preludio orquestal más corto y es en su mayoría tranquilo y melodioso, pero se eleva a un clímax apasionado y finalmente el tercero y último,  Allegro molto comienza con un fragmento de violín suave pero extenuante, acompañado por la orquesta, con muchas cuerdas dobles y arpegios rápidos, recordando temas del primer y segundo movimiento. Por fin, como el movimiento parece dirigirse a un final convencional, hay una cadencia acompañada inesperada y poco convencional en la que la orquesta apoya el solo con un efecto de pizzicato tremolando. Esta cadencia es el clímax emocional y estructural de toda la obra, al menos esto es lo que opinan los expertos en musicología y crítica musical al uso.

La segunda parte del concierto fue más sombrío, menos centelleante. Hubo introspección, nostalgia y la habitual melancolía que imprime en sus cuentos y en sus poemas, también ahora en Las Campanas, Edgar Poe, un alma atribulada. Insondable, críptico y siempre atormentado

Las campanas (The Bells) es un poema gótico del escritor norteamericano Edgar Allan Poe (1809-1849), compuesto en mayo de 1848 y publicado de manera póstuma en la edición de noviembre de 1849 de la revista Sartain's Union Magazine. La inspiración detrás de Las campanas (por lo visto aquí se trata siempre de un “cherchez la femme”!) fue Marie Louise Shew, una mujer que ayudó a Edgar Allan Poe en el cuidado de su esposa, Virginia Clemm, durante su agonía.

Tan lejos geográficamente pero tan cerca en lo emocional Rajmáninov de Poe, a los dos los invade aquí, en el pentagrama, en las voces y los versos, una cierta depresión fundacional y básica, irreparable, a partir de la cual desarrollan y entretejen una fantasmagoría sin esperanza.

Las campanas establece paralelismos entre el compositor y su antiguo mentor, Piotr Ilich Chaikovski, tanto la obra como las circunstancias de su composición. Casualmente, Rajmáninov escribió la sinfonía en Roma, en el mismo escritorio donde Chaikovski solía componer. Hay quien deduce que, por varios motivos, es homóloga a la Sinfonía Patética de Chaikovski, así como Das Lied von der Erde de Gustav Mahler. El cuarto movimiento, con su imagen del demoníaco tañedor de campanas, es una referencia- parece-  a la escena del dormitorio de La dama de picas.


Esforzada en esta ocasión como suele, la labor del Coro Nacional que dirige con holgura y sabiduría Miguel Ángel García Cañamero, acompañado por una orquesta a pleno rendimiento, concertada muy bien con los tres solistas que en esta ocasión, declinaron tres de los cuatro movimientos de las Campanas.

Al tenor bielorruso Pavel Petrov, le tocó intervenir en el primer movimiento y lo hizo con seguridad y esmero, salvando los obstáculos que podrían haberlo convertido en un eco lejano de la magnificencia sonora de la orquesta. Bella voz, buena afinación y estupenda línea de canto.

Igual que la de la soprano armenia Anush Hovhannisyan, que defendió muy bien el segundo tempo, con dulzura, elegancia y empatía, lidiando con una partitura llena de complejidades y escollos para las voces, con una orquesta rica en todas las secciones.

Por fin, el cuarto movimiento, “pensieroso”, triste, contenido, fue para el bajo bielorruso Anatoli Sivko. Con un instrumento fresco y dispuesto, se enfrentó a un cierre muy sinfónico, “a tutta orchestra” oscuro, nocturnal y un maestro, Afkham que concertó una vez más con amplitud y diligencia, ampliando el gesto y el movimiento corporal más allá de los límites expresivos, siempre generosos pero apolíneos, impecables, a los que nos tiene acostumbrados.

Alicia Perris