domingo, 6 de julio de 2025

THE VASA MUSEUM. STOCKHOLM, SPECTACULAR

The Vasa Museum has become a natural part of Stockholm's skyline. Its masts rising high above Djurgården have become a beacon guiding curious tourists and Stockholmers alike. Vasa has not always been housed in such splendour. From her salvaging in 1961 until 1988 Vasa's home was a 27-year long temporary one at the Wasavarvet Museum.

The competition

In 1981 a pan-Nordic competition to select the architect for the permanent  Vasa Museum was held and 384 designs were submitted.  

The winners were the Swedish architects Marianne Dahlbäck and Göran Månsson with their design “Ask”. Construction began on 2 November 1987 when Prince Bertil inaugurated the building and laid the foundation stone in a dry dock from 1878.


Vasa's last journey

Soon the ship was hidden from the general public for almost a year. In September 1988, while still in place at the Wasavarvet Museum, the ship was built into a protective shell in preparation for her journey to the new museum – a voyage on the water.

In December 1988 Vasa made her final voyage. Resting on a pontoon she was transported in her protective shell to her new home.

The ship was now standing in a water-filled dry dock inside the new Vasa Museum. And slowly the water was drained from the dry dock and the protective shell removed from Vasa.

Opening of the new museum

During the summer of 1989 the museum, then still a construction site, was opened and nearly a quarter of a million visitors could see the partially uncovered ship.

King Carl XVI Gustaf inaugurated the museum on 15 June 1990 and since then millions of visitors from all over the world have made their way here.

With over a million visitors a year we reconstructed the museum. The museum reopened 1 May 2013, with a new exhibition hall, entrance hall and and brand new shop.

In 2019 the Vasa Museum welcomed over 1.5 million visitors - the most visited year in the museum's entire history.

https://www.vasamuseet.se/en/explore/vasa-history/the-museum

MAFIA,THE OLD COUNTRY, “WHATEVER IT TAKES” . IL GIUDICE ROCCO CHINNICI E IL LIBRO DELLA SUA FIGLIA CATERINA. FILM I CENTO PASSI, LEGENDARIO

MAFIA: THE OLD COUNTRY llega el 8 de agosto a #PS5

Desvela los orígenes del crimen organizado en Mafia: The Old Country, una brutal historia de la mafia ambientada en los bajos fondos de la Sicilia de 1900.

Lucha para sobrevivir como Enzo Favara y prueba tu valía a la Cosa Nostra en esta inmersiva aventura de acción en tercera persona.


LIBRO

È così lieve il tuo bacio sulla fronte. Storia di mio padre Rocco, giudice ucciso dalla mafia Copertina flessibile – 27 gennaio 2015



Il 29 luglio 1983 la mafia fa esplodere un'autobomba in via Pipitone Federico a Palermo: muoiono il giudice Rocco Chinnici, gli uomini della sua scorta e il portiere dello stabile dove il magistrato viveva insieme alla moglie e ai figli. 
Rocco Chinnici era da tempo nel mirino. Innovatore e precursore dei tempi, aveva intuito che, per contrastare efficacemente il fenomeno mafioso, era necessario riunire differenti filoni di indagine, comporre tutte le informazioni e le conoscenze che ne derivavano. 
Per farlo, riunì sotto la sua guida un gruppo di giudici istruttori: Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Giuseppe Di Lello. L'anno dopo la sua morte, questo gruppo prenderà il nome di "pool antimafia". 
La storia ci tramanda come e perché Rocco Chinnici sia stato ucciso. Ci tramanda un eroe. A lui però non sarebbe piaciuto essere chiamato così. Era prima di tutto un uomo, un padre, cui è toccata in sorte una vita straordinaria, o forse un destino, che lui ha scelto di assecondare fino alle estreme conseguenze. 
Dopo decenni di silenzio, Caterina Chinnici, la figlia primogenita - a sua volta giudice, a sua volta impegnata nella lotta alla mafia, a sua volta sotto scorta - sceglie di raccontare la loro vita "di prima", serena nonostante le difficoltà, e la loro vita "dopo". 
Sceglie di raccontare come lei, i suoi fratelli e la madre abbiano imparato nuovamente a vivere e siano riusciti a decidere di perdonare: l'unico modo per sentirsi degni del messaggio altissimo di un padre e un marito molto amato...


UN FILM LEGENDARIO SULLA MAFIA

I cento passi, film biografico di Marco Tullio Giordana, va in onda in onda questa sera - venerdì 4 luglio - alle 21.40 su Rai 3. 

È l’eredità di Peppino Impastato, con un film che si fa portavoce del racconto civile che arriva dalla parabola di quello che potremmo davvero definire come un martire. 

Con I cento passi, uscito nel 2000, Marco Tullio Giordana riporta all’attenzione del grande pubblico la figura di Peppino Impastato, attivista siciliano assassinato da Cosa nostra. 


Il film, un’opera drammatica e biografica, ha restituito dignità e memoria a una delle voci più coraggiose della lotta antimafia, per anni rimasta in ombra a causa della tragica coincidenza con un’altra vicenda che sconvolse l’Italia: il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, il 9 maggio 1978.

Il titolo della pellicola rimanda simbolicamente alla distanza reale di cento passi che separava la casa della famiglia Impastato da quella del boss Gaetano Badalamenti, figura centrale della mafia locale a Cinisi. Attraverso un racconto personale e politico, I cento passi si impone come un’opera di forte impatto civile ed emotivo.

 

Scopriamo di seguito tutto quello che bisogna sapere sul capolavoro di Marco Tullio Giordana. 

Quello che devi sapere

Trama: la ribellione di un figlio contro la mafia

“Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio f****rmene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di me**a! Io voglio urlare che mio padre è un l******o! Noi ci dobbiamo ribellare... prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”. Con queste parole, pronunciate da Peppino Impastato, interpretato da Luigi Lo Cascio nel film I cento passi, si apre il ritratto intenso e doloroso di un giovane che decide di rompere con la tradizione familiare e con il silenzio che protegge il potere mafioso.

 

Negli anni Settanta, a Cinisi, Giuseppe Impastato – per tutti Peppino – cresce in una famiglia collusa, dove il padre Luigi, interpretato da Luigi Maria Burruano, mantiene rapporti ambigui con Cosa nostra. Ma Peppino, già da bambino, percepisce l’ingiustizia che lo circonda. La morte violenta dello zio, Don Cesare Manzella, fatto saltare in aria con un’esplosione, rappresenta un punto di svolta per la sua coscienza. L’incontro con il pittore comunista Stefano Venuti, figura paterna alternativa, lo spinge verso l’impegno politico e culturale.
Diventato adulto, Peppino fonda Radio Aut, una radio libera dalla quale denuncia e ridicolizza pubblicamente la criminalità, in particolare il boss Gaetano Badalamenti, soprannominato “Don Tano”. Scrive articoli, tra cui il celebre La mafia è una montagna di merda, e si candida alle elezioni comunali con Democrazia Proletaria. Tuttavia, il suo impegno viene spezzato dalla morte: il suo corpo viene ritrovato sui binari, in una messa in scena che vorrebbe far pensare a un suicidio. Il giorno è il 9 maggio 1978, lo stesso del ritrovamento del corpo di Aldo Moro. La vicenda di Peppino passa quasi sotto silenzio.

Produzione e realizzazione

Marco Tullio Giordana dirige il film I cento passi su soggetto di Claudio Fava, Vanda Vaz, Monica Zapelli e dello stesso Giordana, mentre la sceneggiatura porta la firma di Fava, Zapelli e del regista. Il progetto è prodotto da Emanuel Agarez e Fabrizio Mosca, con Guido Simonetti nel ruolo di produttore esecutivo. Le case di produzione coinvolte sono Titti Film e Rai Cinema, in collaborazione con TELE+. La distribuzione in italiano è affidata a Istituto Luce e Medusa video.

 

La fotografia, curata da Roberto Forza, accompagna una narrazione densa e visivamente potente. Il montaggio di Roberto Missiroli e le musiche originali di Giovanni Sollima costruiscono un ritmo teso ed emozionale. La scenografia di Franco Ceraolo e i costumi di Elisabetta Montaldo contribuiscono a restituire con autenticità il clima degli anni Settanta siciliani.
Gli effetti speciali sono realizzati da Tiberio Angeloni, Franco Galiano e Giancarlo Mancini.

Cast: interpretazioni memorabili

Il film I cento passi si regge sulla straordinaria interpretazione di Luigi Lo Cascio nel ruolo di Peppino Impastato, alla sua prima apparizione sul grande schermo. Al suo fianco, Luigi Maria Burruano veste i panni del padre Luigi, Lucia Sardo è la madre Felicia Bartolotta, Paolo Briguglia interpreta il fratello Giovanni. Tony Sperandeo dà volto al boss mafioso Gaetano Badalamenti, mentre Andrea Tidona impersona Stefano Venuti. Completano il cast Claudio Gioè (Salvo Vitale), Domenico Centamore (Vito), Ninni Bruschetta (cugino Anthony), Paola Pace (Cosima), Pippo Montalbano (Cesare Manzella), Francesco Giuffrida (Mauro) e Carlo Ferreri (Carmelo).

Accoglienza e critica: un’opera di impegno civile

La critica ha accolto I cento passi come un film profondamente impegnato, in cui la lotta alla mafia viene raccontata con onestà e passione. “Questo è un film sulla mafia, appartiene al genere. È anche un film sull'energia, sulla voglia di costruire, sull'immaginazione e la felicità di un gruppo di ragazzi che hanno osato guardare il cielo e sfidare il mondo nell'illusione di cambiarlo”, si legge in un commento critico. Il film è stato anche interpretato come un’analisi del conflitto familiare e generazionale, e una riflessione sul lascito del ’68.

 

Molti hanno paragonato il lavoro di Giordana a quello di Francesco Rosi in Le mani sulla città, riconoscendo nel film non solo una testimonianza civile, ma anche un’opera cinematografica di grande potenza espressiva. Gian Luigi Rondi ha sottolineato l’efficacia del racconto quando si concentra sul protagonista, rilevando come la regia “vibra di giusta indignazione”.
L’interpretazione di Luigi Lo Cascio è stata considerata una delle chiavi del successo del film, così come la guida sicura di Giordana su un cast di altissimo livello.

Premi e riconoscimenti

I cento passi ha raccolto numerosi premi, sia in Italia che all’estero. Alla Mostra del cinema di Venezia 2000 ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura (Claudio Fava, Marco Tullio Giordana, Monica Zapelli) e ottenuto la candidatura al Leone d'oro.
Ai David di Donatello 2001 ha ricevuto il premio per la miglior sceneggiatura, il miglior attore protagonista (Luigi Lo Cascio), il miglior attore non protagonista (Tony Sperandeo), i migliori costumi (Elisabetta Montaldo) e il David scuola a Marco Tullio Giordana. Tra le nomination, anche quelle per miglior film, miglior regista, miglior produttore, miglior fotografia, miglior fonico di presa diretta e miglior montaggio.
Al Ciak d’oro 2001 sono stati premiati Luigi Maria Burruano e Tony Sperandeo come migliori attori non protagonisti, ed Elisabetta Montaldo per i costumi. Al Globo d’oro 2001, Luigi Lo Cascio ha vinto come miglior attore rivelazione, mentre il film ha ottenuto il Gran Premio della stampa estera e numerose candidature.
Nel contesto del premio Il Cinema Contro Le Mafie 2001, Marco Tullio Giordana ha ricevuto il Premio Giuseppe Valarioti. Al Nastro d’argento, riconoscimento alla sceneggiatura e varie candidature, tra cui miglior attore e attrice non protagonista, miglior regia e montaggio.

 

Sul piano internazionale, I cento passi è stato candidato come miglior film straniero ai Golden Globe del 2001 e all’Online Film & Television Association. Ha inoltre ottenuto l’Iris d’oro al Brussels European Film Festival, il premio del pubblico al Bastia Italian Film Festival e al Festival Internazionale del Film di San Paolo, e il riconoscimento di miglior film all’Italian Film Festival USA 2006.

 

Con I cento passi, Marco Tullio Giordana non solo racconta una storia vera e drammatica, ma costruisce un affresco storico e politico che restituisce centralità a un protagonista scomodo e dimenticato. Un’opera che continua a educare, a emozionare e a interrogare le coscienze.

AMMORE. MAURIZIO DE GIOVANNI E JOE BARBIERI INCROCIANO PAROLE E MUSICA IN NAPOLETANO

 Sabato 5 luglio, Ammore, uno spettacolo in cui lo scrittore Maurizio de Giovanni ed il compositore Joe Barbieri hanno deciso di unire le proprie strade incrociando parole e musica per raccontare, rigorosamente in napoletano, le storie, l'ineguagliabile musicalità, gli autori e la segreta armonia delle canzoni d'amore della grande tradizione partenopea. Saranno accompagnati da Oscar Montalbano alla chitarra manouche e Nico di Battista alla DB guitar.

Maurizio de Giovanni  ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta, e poi con I Bastardi di Pizzofalcone che segue le vicende di una squadra investigativa partenopea, diventato anche una serie Tv per RaiUno, ma è anche autore apprezzato di testi per il teatro. 

Joe Barbieri è un autore fuori dagli schemi, con una personale cifra stilistica – che lega la canzone d'autore al jazz e alla musica world - che lo ha portato nel corso degli anni a collaborare con colleghi in ciascuno di questi ambiti, da Pino Daniele a Omara Portuondo, da Luz Casal a Jaques Morelenbaum, ed a calcare palchi prestigiosi.

Entrambi gli autori, napoletani veraci,  in passato sono stati osservatori, da prospettive diverse, sebbene perfettamente complementari di questo genere e per questo hanno ideato questo progetto che li vede insieme sul palco, per declinare in parole e musica la canzone napoletana  che non è unicamente testo e musica in dialetto: è storia, tradizione e cultura di un popolo, ed ha allargato i suoi confini diffondendosi in terre ben più lontane. 

È, insomma, la melodia che accompagna non solo Napoli, ma il mondo intero, acquisendo così valore di patrimonio immateriale dell'umanità fin dalle sue origini, perché è proprio l'Ammore che le canzoni napoletane sanno eternamente invocare con una grazia tutt'ora ineguagliata.

Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo, Il pianto dell'alba, Caminito, Soledad e Volver (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero). 

Dopo Il metodo del Coccodrillo (Mondadori 2012; Einaudi Stile Libero 2016; Premio Scerbanenco), con I Bastardi di Pizzofalcone (2013) ha dato inizio a un nuovo ciclo contemporaneo (sempre pubblicato da Einaudi Stile Libero e diventato una serie Tv per Rai 1), continuato con Buio, Gelo, Cuccioli, Pane, Souvenir, Vuoto, Nozze, Fiori, Angeli e Pioggia, che segue le vicende di una squadra investigativa partenopea. 

Ha partecipato, con Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva e Carlo Lucarelli, all'antologia Giochi criminali (2014). Per Rizzoli sono usciti Il resto della settimana (2015), I Guardiani (2017), Sara al tramonto (2018), Le parole di Sara (2019) e Una lettera per Sara (2020); per Sellerio, Dodici rose a Settembre (2019); per Solferino, Il concerto dei destini fragili (2020). 

Con Cristina Cassar Scalia e Giancarlo De Cataldo ha scritto il romanzo a sei mani Tre passi per un delitto (Einaudi Stile Libero 2020). Sempre per Einaudi Stile Libero, ha pubblicato della serie di Mina Settembre Troppo freddo per Settembre (2020) e Una Sirena a Settembe (2021). Molto legato alla squadra di calcio della sua città, di cui è visceralmente tifoso, de Giovanni è anche autore di opere teatrali. Dai suoi romanzi, sempre in vetta alle classifiche, sono state tratte fortunate fiction televisive. È tradotto in tutto il mondo.

Joe Barbieri è un'affascinante anomalia. Un outsider che al di fuori del binario dell'industria si è saputo costruire un percorso personale - all'estero come in Italia - e che è riuscito nel raro esercizio di convogliare il genuino apprezzamento di colleghi, critica e pubblico. Barbieri ha all'attivo 7 album di brani originali ("In Parole Povere" 2004, "Maison Maravilha" 2009, "Respiro" 2012, "Cosmonauta Da Appartamento" 2015, "Origami" 2017, "Tratto Da Una Storia Vera" 2021 e l'ulitmo arrivato "Big Bang" 2025), oltre a due album dal vivo ("Maison Maravilha Viva" 2010 e "Tratto Da Una Notte Vera" 2022 - quest'ultimo voluto da Barbieri per celebrare i propri 30 anni di carriera), due dischi-tributo dedicati ai suoi numi tutelari nel jazz - ovvero Chet Baker ("Chet Lives!" 2013) e Billie Holiday ("Dear Billie" 2019) - ed una monografia cesellata intorno alla Canzone Napoletana ("Vulío" 2024).

 La sua musica è pubblicata in molti Paesi del mondo, e la sua personale cifra stilistica – che lega la canzone d'autore al jazz e alla musica world – lo ha portato nel corso degli anni ad incrociare collaborazioni con colleghi in ciascuno di questi ambiti (da Pino Daniele a Omara Portuondo, da Stacey Kent a Luz Casal, da Jorge Drexler a Jaques Morelenbaum) ed a calcare molti palchi prestigiosi.

https://www.oggiroma.it/eventi/concerti/ammore/85337/

EL CAZADOR ESPAÑOL QUE HA MATADO 1.317 ELEFANTES: “POR SUERTE O POR DESGRACIA, PERTENEZCO A OTRA ÉPOCA”

EL PAÍS/ Clemente Álvarez

Tony Sánchez-Ariño, que hoy tiene 95 años, defiende en sus libros la caza legal en África y cuenta cómo consiguió su récord de 20 ejemplares en 75 minutos

En la lista de los cazadores del mundo que han abatido más animales grandes (trofeos) difundida esta semana en una campaña de denuncia de la ONG británica CBTH, curiosamente, el señalado como número 1 no figura en ningún ranking, pues nunca participó en competiciones. Se trata del español Antonio Tony Sánchez-Ariño, que con 95 años vive retirado de las armas en Valencia, y que tiene un registro de grandes piezas cobradas con unas cifras perturbadoras: 1.317 elefantes, 340 leones, 167 leopardos, 127 rinocerontes negros y 2.093 búfalos africanos. 

Aunque EL PAÍS no ha conseguido que Sánchez-Ariño accediera a una entrevista, lo cierto es que hay pocos cazadores de los que se tenga un testimonio más completo de sus cacerías, pues lo ha dejado casi todo por escrito en más de una decena de libros y siempre ha sido franco en sus palabras. “Para aclarar posturas desde el principio, deseo recalcar que soy cazador desde que nací, estoy muy orgulloso de serlo y no tengo que pedir perdón a nadie por ello”, se defiende en Cazando bajo la Cruz del Sur y la Estrella Polar (Ed. Solitario), publicado en 2016.


Este valenciano nacido en 1930, hijo de un famoso cirujano de la época que rechazaba la caza y las armas, ha dedicado toda su vida a lo que más deseaba de niño, ser cazador de elefantes. Esta ha sido su profesión, de la que se ha mantenido con la venta del marfil y su trabajo para safaris comerciales. Y aunque se ha cobrado muchas otras especies salvajes, incluso dos gorilas, en sus libros se muestra especialmente orgulloso de haber cazado al mayor animal viviente sobre tierra firme en 23 países diferentes de África. 

Según asegura, ningún otro cazador en la historia ha igualado esta marca, ni tampoco la de sus 62 años de longevidad cinegética ininterrumpida en este continente. De hecho, su último elefante lo abatió en Botsuana con casi 83 años de edad, un animal “de 80 libras [36 kilos] por colmillo”.

Esta inusual resistencia al tiempo, junto a su destreza para dar muerte con su rifle a cualquiera de las grandes especies salvajes, explican en buena medida los números desorbitantes de piezas cazadas a lo largo de su vida. En Memorias de una vida en la senda de los elefantes (Ed. Solitario), publicado en 2019, sostiene que en la historia de la caza africana solo hubo 13 cazadores que se cobraron mil elefantes o más, siendo él uno de ellos, junto a siete ingleses o escoceses, uno de Nueva Zelanda, un sudafricano, un irlandés, un francés y un australiano.

Frente a las voces críticas que se horrorizan por el balance de muerte de Sánchez-Ariño, este afirma que empezó a cazar en África en una época, 1952, en la que “había elefantes por todas partes”. Además, asegura que cazó todas las especies de forma legal, ya sea en batidas oficiales para su control o con sus correspondientes licencias, para vender los colmillos o en safaris comerciales, en los que a veces tuvo que acabar con alguna pieza herida por clientes que había escapado. 

No obstante, también reconoce “trucos legales” como aprovechar las licencias pagadas por tres amigos que no eran capaces de matar ningún elefante para eliminar él mismo 16 ejemplares y vender el marfil. “Nunca maté un pobre animal por diversión, siempre hubo una buena razón para hacerlo, teniendo presente que los animales en su mundo y su medio, con sus familias, son tan felices como nosotros en el nuestro, y no hay que matar por matar”, escribe.

“Muchas veces me han preguntado, normalmente personas de buena fe, pero ignorantes, que por qué cazábamos elefantes, unos ‘animalitos’ tan buenos y simpáticos”, comenta en sus escritos Sánchez-Ariño, que responde: “Me temo que esas personas vieron varias veces la película Dumbo, todo tan tierno y sentimental…, pues la realidad es bastante diferente y los elefantes en su hábitat natural no se dejaban acariciar la trompa por los niños, ni mucho menos, siendo una pesadilla para las personas que tenían que convivir con ellos”.

En 2021 la Unión Internacional para la Conservación de la Naturaleza (UICN) aumentó el grado de amenaza en la Lista Roja para los elefantes africanos, recatalogando los de sabana como “en peligro” y los de bosque como “en peligro crítico”. 

Según la organización ecologista WWF, estos enormes animales han pasado de entre tres y cinco millones de ejemplares antes de los años 50 del siglo XX a apenas 400.000 hoy en día, estimando que todavía se siguen matando 20.000 cada año por sus colmillos. Según Luis Suárez, de WWF España, “en la actualidad la caza deportiva no es el problema de la conservación de los elefantes, que está en el furtivismo y la destrucción del hábitat, pero en el pasado sí tuvo un impacto muy grande y sí influyó en la caída tan drástica de las poblaciones”.

En su libro de 2019, Sánchez-Ariño da también amplios detalles sobre otros de los números considerados más escandalosos por la ONG británica CBTH, su récord personal de más elefantes cazados en menos tiempo: 20 ejemplares en 75 minutos. Ocurrió en el antiguo Congo Belga, su lugar favorito de África para perseguir a esos paquidermos, en una fecha indeterminada, cuando le piden que realice unas batidas para acabar con los elefantes que habían sobrepasado los límites del Parque Nacional de la Garamba y que estaban destruyendo los campos agrícolas. 

Como cuenta, para evitar que los animales de un “rebaño” [grupo formado entre cuatro y ocho ejemplares] saliesen corriendo al escuchar los primeros disparos, el sistema consistía en acabar con todos lo antes posible. Para ello, se acercaba oculto en la vegetación hasta colocarse a tan solo 20 metros del grupo, en el que suele mandar una de las hembras de más edad. “Entonces, andando y a pecho descubierto, uno se iba directo hacia el rebaño gesticulando un poco para llamarles la atención, levantando también la voz. Normalmente, después de dar unos pocos pasos, los elefantes se agrupaban detrás del ‘líder’ (…), que iniciaba el ataque con unos barritos impresionantes”.

Según escribe, “en términos del mundo del toreo, cuando el matador se lanza con el estoque contra el toro, eso se describe como ‘el momento de la verdad’, y algo parecido era afrontar a aquellos elefantes viniendo de cara (...), momento en el que había que derribar ‘al capitán del equipo’ con un disparo certero, sin la menor excusa ni pretexto (…). Una vez derribado el jefe los demás elefantes se apiñaban alrededor del caído, como esperando se les indicara qué hacer, momento preciso que había que aprovechar para derribar al resto de los componentes (…). La perdición del resto era pegarse al jefe caído”.

Aquel día acabó con tres rebaños, dos de seis ejemplares y uno de ocho, lo que arroja ese total de 20 elefantes en 75 minutos. Pero también mató otras veces entre 8 y 12 ejemplares seguidos y 20 en Zambia, con ayuda de un amigo, en 135 minutos.

 “Algunos ignorantes se escandalizaban al ver el número de elefantes que se tenían que abatir, pero esos inútiles no tienen ni la menor idea de lo superdestructivos que son los elefantes en su alimentación, pues cuando se metían en una plantación de maíz, por ejemplo, con sus corpachones y enormes patas, por cada kilo que se comían destrozaban 10″, asegura. “Además, aquellas batidas se realizaban en los tiempos en los que los elefantes se contaban por centenares de miles, no como ahora, lamentablemente, que esos días parece que están llegando a su fin y, que conste, que somos los viejos cazadores los que estamos intentando protegerles”.

Es una constante en las páginas escritas por Sánchez-Ariño su lamento por la desaparición del África que él conoció y el desplome de las poblaciones de elefantes. “Por suerte o por desgracia, pertenezco a otra época que ya desapareció”, afirma. 

No obstante, en ningún momento achaca el arrastre al borde de la extinción de esta especie tan singular a la caza legal que él ha practicado, culpabilizando siempre de ello al aumento de la población humana en África y al “furtivismo industrializado”. “El gran enemigo de los elefantes es que hay que darse cuenta de que estamos entrando en el siglo XXI, que África ha salido del letargo en que estuvo sumida durante siglos y que su población está aumentando a pasos agigantados, creando una sociedad de consumo que cada día necesita de nuevas tierras para su natural expansión”, escribe en Marfil.

 La caza del elefante (Ed. Nyala), en 1999. “El hábitat de los elefantes se ve amenazado por todas partes pues, por lógica, el hombre no se sacrificará por ningún animal en este mundo donde la lucha por un palmo más de tierra es una constante”.

En su último libro, En medio de la nada. Expediciones y caza en el centro de África. (Ed. Solitario), publicado en 2022, con 92 años, carga de forma especial contra la caza ilegal por el marfil: “Algunos presidentes africanos tenían sus propios equipos de furtivos que les proporcionaban el marfil con el que ganar grandes fortunas, siendo los más destacados el presidente Bokassa en la República Centroafricana; Idi Amin, en Uganda; Mobutu, en el ex Congo Belga; y la llamada Mama Ngina, esposa del presidente Jomo Kenyatta, en Kenia, quienes abusando de su poder hicieron verdaderas hecatombes entre los elefantes”. 

Pero, al mismo tiempo, también critica con dureza las restricciones de movimiento de la actual caza legal y nuevos artilugios que considera “super-anti-deportivos” como cámaras trampa, aparatos de visión nocturna y de visión térmica, “que localizan a los pobres animales a centenares de metros en la oscuridad”.

La realidad de la caza deportiva hoy en día es distinta a la del pasado. A José Galán, que ha trabajado cerca 20 años muy pegado al terreno en África como técnico del Plan de Acción Español de lucha contra el tráfico de especies y furtivismo internacional, le cuesta mucho entender que alguien pueda disparar a un solo elefante, pero admite que el debate de la caza de grandes trofeos en este continente es más complejo de lo que parece.

 “Me duele decirlo, pero reconozco que en África hay zonas en las que si tú le quitas la caza, la conservación de estas grandes especies allí desaparece”. “¿Qué es peor para la preservación de la naturaleza: una hectárea de brócoli o una hectárea de coto de caza?“, pregunta Galán, ahora dedicado a otras funciones en Doñana, que responde que la agricultura puede ser más impactante que un tiro. De hecho, asegura que la mayor parte de la gran fauna africana ”no está en parques nacionales, sino en reservas de caza".

Suárez, de WWF, reconoce también que a pesar de la disminución generalizada de los elefantes africanos, en puntos del sur del continente como Botsuana, Namibia o Sudáfrica su aumento puede resulta problemática. “Son animales con una gran capacidad de movimiento, de alterar ecosistemas y destrozar cultivos, lo que aumenta los conflictos”, afirma. No obstante, para el control de la especie defiende el traslado de ejemplares a otras zonas donde haya ya muy pocos o una eliminación muy selectiva —no realizada por cazadores deportivos— que retire ejemplares enfermos.

https://elpais.com/clima-y-medio-ambiente/2025-07-05/el-cazador-espanol-que-ha-matado-1317-elefantes-por-suerte-o-por-desgracia-pertenezco-a-otra-epoca.html

IMAGES OF AUTHORITY PORTRAITS BETWEEN IRAN AND EUROPE. ASHMOLEAN MUSEUM, OXFORD

Open 1 Mar 2025 – 15 Mar 2026

Admission is FREE

As we grapple with the possibilities and excesses of our image-obsessed culture, this free exhibition looks back at the way in which a specific kind of image – portraits – dominated the lives of three contemporaneous rulers: Fath Ali Shah Qajar (1797–1834), King George III (1760–1820), and Napoleon Bonaparte (1799–1814).

Seated Portrait of Fath Ali Shah of Iran retouched & conserved, about 1798, oil on canvas © Ashmolean Museum

Juxtaposing portraits on different media from across Iran, Britain and France, the display explores similar and unique strategies developed to convey the personal and political aspirations of these ambitious leaders and astute image-makers.


Displayed for the first time in over a century are also two recently restored Qajar paintings and some of the discoveries made during their conservation treatment.


https://www.ashmolean.org/exhibition/images-of-authority-portraits-between-iran-and-europe

JAWS AT 50 STEVEN SPIELBERG INTRODUCTION AND PROMO 2025 UNIVERSAL PICTURES AMBLIN ENTERTAINMENT

Steven Spielberg's Introduction for the Martha's Vineyard Premiere of JAWS @ 50: THE DEFINITIVE INSIDE STORY on Friday, June 20, 2025.

ABOUT

JAWS @ 50: THE DEFINITIVE INSIDE STORY — Premiering July 10 on National Geographic and Streaming on Disney+ and Hulu

National Geographic’s annual SHARKFEST wouldn’t be what it is today without the film that forever changed cinema—and our relationship with sharks: Jaws. This summer, in honor of the iconic movie that ignited a global fascination with the ocean’s most misunderstood predator, National Geographic presents JAWS @ 50: THE DEFINITIVE INSIDE STORY.

ROXY MUSIC - MORE THAN THIS. BRYAN FERRY


 Roxy Music’s groundbreaking self-titled debut album will be released on 2nd February 2018 as an expanded edition including rare and unreleased music.

Order here: https://RoxyMusic.lnk.to/RoxyMusicID


LA GRANDE MUSICA ALLA REGGIA DI CASERTA. UN’ESTATE DA RE, EDIZIONE 2025: UN LUSSO


 19 — 31 luglio

Benvenuto alla IX edizione di Un’Estate da RE, la rassegna diventata l’appuntamento estivo da non perdere alla Reggia di Caserta per tutti gli appassionati della grande musica.




PROGRAMMA

19 luglio 2025 – ore 21.00

Concerto inaugurale

L’Accademia Barocca di Santa Cecilia

Violinista e concertatore Giovanni Andrea Zanon

Voce recitante Toni Servillo

 

23 e 25 luglio 2025 – ore 21.00

La traviata di G. Verdi

Orchestra e Coro del Teatro “G. Verdi” di Salerno

Direttore d’Orchestra Daniel Oren

con Gilda Fiume, Stefan Pop, Ariunbaatar Ganbaatar

Regia di Riccardo Canessa

 


27 luglio 2025 – ore 21.00

Concerto sinfonico

Orchestra filarmonica “G. Verdi” di Salerno

con solisti dell’Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo

Direttore d’Orchestra Valery Gergiev

 

30 luglio 2025 – ore 21.00

La gioia di danzare

Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko

Gala di danza con i ballerini del Teatro alla Scala

 

31 luglio 2025 – ore 21.00

Edoardo Bennato in concerto


https://www.unestatedare.it/

jueves, 3 de julio de 2025

TAPISSERIES ROYALES EXPOSITION GRAND PALAIS. EXPOSITION LE GESTE RETROUVÉ. ÉCOLE DES ARTS JOAILLIERS

20 juin - 17 août 2025

Pour la première et unique fois en France, seize tapisseries contemporaines majestueuses dessinées par des artistes danois investissent le Grand Palais. Une rencontre entre tradition et création, où matières et couleurs révèlent toute la richesse d’un savoir-faire d’exception.

Tissées par les artisans du Mobilier national d’après les esquisses des artistes danois Kirstine Roepstorff, Bjørn Nørgaard, Tal R et Alexander Tovborg, ces tapisseries monumentales mettent en lumière la richesse d’un savoir-faire ancestral et l’innovation contemporaine dans ce domaine. 

Résultant d’une généreuse donation de la Nouvelle Fondation Carlsberg en 2018 à l’occasion du 750e anniversaire du château royal danois de Koldinghus, elles rejoindront ensuite le Danemark.

L’exposition dévoile ainsi le processus de création des tapisseries, du carton au tissage final. En regard des tapisseries historiques, elle révèle la continuité d’un savoir-faire transmis depuis des siècles. 

Matières, couleurs et gestes prennent vie à travers un parcours sensoriel qui invite à explorer chaque étape de fabrication. Ateliers et animations viennent prolonger cette visite, permettant à chacun de s’initier à ces savoir-faire pluriséculaires tout en explorant ses liens avec les technologies modernes.

Exposition coproduite par le GrandPalaisRmn, la Royal Danish Collection et les Manufactures nationales - Sèvres & Mobilier national

Commissariat

Maria Gadegaard - Conservatrice en chef Royal Danish Collection

Emmanuel Pénicaut - Conservateur général du patrimoine, directeur des collections du Mobilier national et des Manufactures nationales

Sophie Radix - Programmatrice expositions GrandPalaisRmn

https://www.grandpalais.fr/fr/programme/tapisseries-royales


L´OFFICIEL DES SPECTACLES: LE GESTE RETROUVÉ, EXPOSITION À L´ECOLE DES ARTS JOIALLIERS


Le geste retrouvé : reconstitution du torque celte de Montans - exposition d'été 2025 à l'École des Arts Joailliers
Musées, Expositions Bijoux et joaillerie Histoire / Civilisations Nouveauté

Genres : Bijoux et joaillerieArchéologie
Lieu : École des Arts Joailliers - Grands Boulevards, Paris 9e
Date de début : 3 juillet 2025
Date de fin : 21 septembre 2025
Tarifs : Gratuit sur réservation.

Programmation : Du mardi au dimanche 13h30-19h

EXPOSITIONS.DANS L’INTIMITÉ D’UNE COLLECTION. GRAND PALAIS, DONATION DECHARME AU CENTRE POMPIDOU

 20 juin - 21 septembre 2025

Découvrez l’exceptionnelle collection de Bruno Decharme, fruit de 45 ans de découvertes et de rencontres avec l’art brut. Plus de 400 œuvres révèlent la puissance créative hors des cadres établis.


Produites dans les marges des sociétés, parfois dans le secret, la plupart des œuvres d’art brut ne nous parviennent que par le hasard d’une découverte ou l’action d’un proche de l’artiste. 

Pendant quarante-cinq ans, au gré des rencontres et des trouvailles providentielles, le collectionneur Bruno Decharme s’est employé à réunir ces créations nées en dehors du monde artistique reconnu, mais qui constituent aujourd’hui un pan important de l’histoire de l’art.

À travers plus de 400 œuvres, l’exposition Art Brut. Dans l’intimité d’une collection. Donation Bruno Decharme au Centre Pompidou explore l’histoire de l’art brut. Ces œuvres proviennent de la donation d’œuvres faite par Bruno Decharme au Musée national d’art moderne du Centre Pompidou.

Organisé comme un puzzle, à l’image du kaléidoscope de thèmes et de regards que brassent les recherches sur l’art brut, le parcours témoigne des richesses créatives insoupçonnées que peut déployer l’esprit humain lorsqu’il est étranger à la norme.

Une expérience en réalité virtuelle inspirée de l’œuvre de Henry Darger, artiste d'art brut américain, sur une musique de Philippe Cohen Solal est disponible dans ce parcours d'exposition. Pensez à réserver pour en profiter (Billet horodaté + Expérience immersive et musicale "Insider/Outsider").

Bruno Decharme - Collectionneur et réalisateur

Barbara Safarova - Enseignante à l’école du Louvre et chercheuse

Commissariat associé

Cristina Agostinelli - Attachée de conservation et responsable de programmation, service des collections contemporaines, Musée national d’art moderne – Centre Pompidou

Céline Gazzoletti - Historienne de l’art

Valérie Loth - Attachée de conservation, cabinet d’art graphique, Musée national d’art moderne – Centre Pompidou

Diane Toubert - Archiviste, Bibliothèque Kandinsky, Musée national d’art moderne – Centre Pompidou

Scénographie : Corinne Marchand

L’éclairage d’une partie de l’exposition a été rendu possible grâce au soutien de Sammode, fabricant de luminaire.

https://www.grandpalais.fr/fr/programme/art-brut

martes, 1 de julio de 2025

TRAILER 2 FILM DIAMANTI CON VALERIA SCALERA. PALAZZETTO BRU ZANE, NEWS NUOVA STAGIONE




Nel corso della stagione 2025-2026, il Palazzetto Bru Zane celebra due figure atipiche del XIX secolo che si possono considerare opposte e complementari: il cantante, librettista e compositore Hervé e la pianista, editrice e compositrice Louise Farrenc.

Ciclo Parigi romantica pop

© Giada Maestra_Galleria Garance & Marion

Stravagante, folle, comico, traboccante di allegria e ricco di varietà: in questa stagione lo spirito festoso e satirico della seconda metà del XIX secolo torna protagonista, per celebrare il bicentenario di Hervé (1825-1892).

Ciclo Il tempo di Louise Farrenc

© Giada Maestra_Galleria Garance & Marion

Dedicato alla compositrice Louise Farrenc (1804-1875), questo ciclo rende omaggio a quella generazione di artisti, nata ai tempi dell’Impero napoleonico, che ha tenuto a battesimo il romanticismo musicale in Francia.

La stagione romantica

© Paris Musées / Musée Carnavalet

Louise di Gustave Charpentier ad Aix-en-Provence, Carmen di Georges Bizet a Dallas e Atene, Mazeppa di Clémence de Grandval a Monaco di Baviera, Jean de Nivelle di Léo Delibes a Budapest… Il Palazzetto Bru Zane sviluppa una rete di collaborazioni sempre più estesa.