viernes, 29 de noviembre de 2024

TOMO XI DE LA PRIMERA ENCICLOPEDIA DE TLÖN. JORGE LUIS BORGES (JORGE VOLPI). COVANDO UN MONDO NUOVO. LE DONNE DEGLI ANNI SETTANTA

 Ciertos maledicentes –no te será difícil barruntar sus nombres–conjeturaron que una generación entera de tlönistas, aún más torvos que ellos, fue responsable de engendrar esta aberración. Su existencia habría sido obra de una «sociedad secreta de astrónomos, de biólogos, de ingenieros, de metafísicos, de poetas, de químicos, de algebristas, de moralistas, de pintores, de geómetras».

Un par de datos tan ciertos como fútiles: todos tienen menos de cuarenta años y provienen de distintos lugares de entre los que (al menos a día de hoy) hablan esa lengua que algunos llaman castellano y otros, menos pudibundos, español. Consta, sin embargo, que su contribución al vasto plan de Orbis Tertius ha sido infinitesimal.

«Yo había descubierto en un tomo de cierta enciclopedia práctica una somera descripción de un falso país; ahora me deparaba el azar algo más precioso y más arduo. Ahora tenía en las manos un vasto fragmento metódico de la historia total de un planeta desconocido». Borges

¿Qué pasaría si nos encontráramos en una librería de viejo el Tomo XI de la Primera Enciclopedia de Tlön, tal como a Borges le sucedió en un hotel de Adrogué en el cuento «Tlön, Uqbar, Orbis Tertius»?

Pasaría que, siendo una editorial que lleva 25 años acercando lo mejor de la literatura breve a lectores de España y Latinoamérica, querríamos compartir el hallazgo con todos nuestros lectores. Y decidimos fabricar el artefacto.

Con la impagable colaboración de Jorge Volpi, que antologó la enciclopedia apócrifa, convocamos a veinte escritoras y escritores que no hubieran superado cuarenta años (uno por cada país de lengua española) para que nos ayudaran a construirlo.

La increíble maquetación del libro imita aquella habitual de las enciclopedias de principios del siglo XX, a dos tintas, con papel envejecido e incorporando elementos que apoyan la magia, como las ilustraciones, punto de lectura de tela, una etiqueta de una vieja librería de Buenos Aires, notas manuscritas, y otras sorpresas. El libro que imaginó Borges entre sus manos y que cautivará a sus lectores y lectoras.

https://paginasdeespuma.com/catalogo/primera-enciclopedia-de-tlon/


Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli anni Settanta  26 novembre 2024




«Un’esperienza totalizzante, fondativa, che trasforma l’esistenza: emerge innanzitutto questo, quando chiedo alle donne attive nel movimento degli anni Settanta cosa sia stato, per loro, il femminismo». 

Questa splendida raccolta di fotografie degli anni Settanta è il frutto di una selezione a quattro mani di Paola Agosti, autrice degli scatti, testimone e interprete unica di un’epoca, e Benedetta Tobagi, che ora ridà loro voce, con grande immediatezza e piglio narrativo, raccontandoci quella che è stata definita la sola rivoluzione riuscita del Novecento, ovvero quella delle donne. 
All’alba del decennio l’Italia è un Paese plurale, dove convivono ragazze in minigonna e signore nerovestite con lo scialle in testa, battagliere avvocate e altrettanto battagliere operaie e contadine. 
Plurali sono anche le anime del movimento femminista, sia per i diversi rapporti che intrattengono con i vari partiti sia per quale ritengono la sfera giusta su cui concentrare gli sforzi. 
A Roma la via prediletta è quella dell’azione politica, a Milano prevale il tentativo di liberarsi attraverso i gruppi di autocoscienza. 
Nonostante le differenze, però, le grandi lotte del decennio vengono portate avanti a ranghi uniti, in primis quella per il diritto all’aborto. 
Oltre a illustrare e narrare tutto questo, Agosti e Tobagi trasmettono l’incredibile vitalità e creatività del movimento delle donne negli anni Settanta, che si manifestano negli slogan, come quello che dà il titolo al libro, nei pupazzi che portano ai cortei, nelle pratiche di self help e nei girotondi. 
La gioia di una stagione dirompente che ha conquistato alcuni dei diritti di cui godiamo oggi, una fonte di ispirazione tuttora valida. «Tenere insieme liberazione individuale e collettiva, l’impegno per una profonda trasformazione ed evoluzione personale. 
E al tempo stesso per un cambiamento radicale della società, per renderla più giusta, aperta, umana, perché l’una e l’altra cosa possono accadere davvero soltanto insieme.
È una nota di fondo che dagli anni Settanta si è travasata nel femminismo intersezionale contemporaneo, e mi pare possa essere uno degli elementi più preziosi che il movimento delle donne porta in dote al XXI secolo».

THE PUCCINI PROBLEM: OPERA, NATIONALISM, AND MODERNITY (CAMBRIDGE STUDIES IN OPERA) 1ST EDITION

 by Alexandra Wilson (Author)

A detailed investigation of the reception and cultural contexts of Puccini's music, this book offers a fresh view of this historically important but frequently overlooked composer. 

Wilson's study explores the ways in which Puccini's music and persona were held up as both the antidote to and the embodiment of the decadence widely felt to be afflicting late nineteenth- and early twentieth-century Italy, a nation which although politically unified remained culturally divided.

The book focuses upon two central, related questions that were debated throughout Puccini's career: his status as a national or international composer, and his status as a traditionalist or modernist. 

In addition, Wilson examines how Puccini's operas became caught up in a wide range of extra-musical controversies concerning such issues as gender and class. This book makes a major contribution to our understanding of both the history of opera and of the wider artistic and intellectual life of turn-of-the-century Italy.

COLLEZIONE GALLERIA BORGHESE: UN´ALTRA ROMA, DELIZIA E FINEZZA SOPRATUTTO. IMMANCABILE

SEMBRA CHE I TURISTI (TANTISSIMI) VADONO SPESSO SOLTANTO AL FORO, 

PALATINO E COLOSSEO QUANDO VENGONO A ROMA, MA LA CITTÀ A DAVVERO 

TANTI ALTRI TESORI DA VEDERE E VISITARE, AD ESEMPIO: MUSEO BARRACO, ARA 

PACIS, MUSEO ALTEMPS, DOMUS AUREA, CASA DI LIVIA, LARGO ARGENTINA, VIA 

APPIA, VIA DEI FORI IMPERIALI, SANTA MARIA DEL POPOLO E I CARAVAGGIO, 

PIAZZA SPAGNA, VIA MARGUTTA CON I SOUVENIRS D´ AUDREY HEPBURN,  

MOSTRE DIVERSE ECC. E SOPRATUTTO: 

LA GALLERIA BORGHESE: STORIA, BELLEZA E FINEZZA INSIEME IN UN LUOGHO FANTASTICO 


La raccolta di Scipione Borghese

Con l'ascesa al soglio pontificio di Paolo V Borghese (1605-1621), il cardinal nepote Scipione Caffarelli Borghese (1577-1633) intraprese un'intensissima committenza architettonica, dando contemporaneamente l'avvio a una sistematica acquisizione di opere d'arte, che avrebbero reso la sua collezione una delle più grandi dell'epoca.

Nel 1607, attraverso il sequestro dei dipinti dello studio del Cavalier d'Arpino, entrò in possesso di circa 100 dipinti, tra cui alcune opere giovanili di Caravaggio. 

Nello stesso anno acquisì la collezione del patriarca di Aquileia, mentre nel 1608 furono acquistati 71 straordinari dipinti appartenenti al cardinale Sfondrato, fra i quali si ipotizza la presenza dell'Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano, del Ritratto di Giulio II(Londra, National Gallery) e della Madonna del velo(Chantilly, Musée Condé) di Raffaello.

L'estrema spregiudicatezza usata dal cardinal nepote nell'assicurarsi le opere d'arte e nell'assecondare la sua passione di collezionista moderno è testimoniata da numerose vicende, come quella dell'acquisto nel 1605 della Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio, rifiutata dalla Confraternita poco tempo prima dell'esposizione nella cappella in San Pietro - forse per volontà dello stesso pontefice - o, ancora, dal rocambolesco trafugamento della Deposizione Baglioni di Raffaello, prelevata per volere di Scipione dal convento perugino di San Francesco a Prato, fatta calare dalle mura della città nella notte tra il 18 e il 19 marzo 1608 e in seguito dichiarata "cosa privata del cardinale" da Paolo V.

Altre opere di Raffaello erano presenti nella raccolta Borghese, quale prova evidente della sua indiscussa eccellenza: le Tre Grazie(Chantilly, Musée Condé), il Sogno del Cavaliere e la Santa Caterina (Londra, National Gallery), vendute dalla famiglia durante gli anni della Rivoluzione francese.

Anche la collezione di sculture antiche, altro fondamentale elemento capace di conferire un'aura di ideale universalità alle collezioni artistiche, era andata costantemente arricchendosi: dapprima con l'acquisto nel 1607 delle raccolte Della Porta e Ceuli.

A queste, grazie a straordinari rinvenimenti occasionali, vennero ad aggiungersi il celeberrimo Gladiatore, oggi al Louvre, trovato nei pressi di Anzio, e l'Ermafrodito, scoperto durante gli scavi nei pressi della chiesa di Santa Maria della Vittoria.

Allo splendore dei marmi archeologici faceva eco la straordinaria novità della statuaria "moderna", in costante competizione con i modelli classici: dal 1615 al 1623 il giovane Gian Lorenzo Bernini eseguì per il cardinale i celeberrimi gruppi scultorei ancora oggi conservati nel Museo: la Capra Amaltea, l'Enea e Anchise, il Ratto di Proserpina, il David, l'Apollo e Dafne.

Un quadro abbastanza attendibile della collezione di opere d'arte di Scipione Borghese è fornito, in assenza di un preciso inventario di riferimento, dalla descrizione della Villa Pinciana edita nel 1650 ad opera di Giacomo Manilli, che illustra anche l'esterno della Villa e i suoi giardini. 

Per volere del cardinale, alla sua morte tutti i beni mobili e immobili furono sottoposti a uno strettissimo vincolo fidecommissario, istituzione giuridica che preservò l'integrità della collezione fino a tutto il XVIII secolo.

Alla fine del Seicento i Borghese potevano contare su una raccolta di circa 800 dipinti e su una delle più celebrate collezioni di antichità a Roma, oltre a uno sterminato patrimonio immobiliare. 

Fu proprio la raccolta archeologica a sollevare l'interesse di Napoleone Bonaparte, la cui sorella Paolina (1780-1825) era andata in sposa al principe Camillo Borghese (1775-1832). In seguito alla vendita forzosamente imposta dall'imperatore, le sculture, tra la fine del 1807 e il 1808, furono smontate dalla loro sede originaria e trasportate al Museo del Louvre, di cui oggi costituiscono uno dei nuclei fondamentali della collezione archeologica.

Negli anni successivi, attraverso le reintegrazioni operate con il recupero di statue e nuovi scavi promossi dall'incaricato di affari del principe, Evasio Gozzani di San Giorgio, la Palazzina Pinciana assunse l'aspetto che oggi possiamo ammirare. 

Allo stesso Camillo sono da riferire due dei più celebri capolavori della Villa: la statua di Paolina Bonaparte come Venere Vincitrice di Antonio Canova e la Danae di Correggio, acquistata nel 1827. Nel 1833 il principe rinnovò l'istituzione del vincolo fidecommissario, preservando l'integrità della collezione fino all'acquisto, nel 1902, del Museo e della Galleria da parte dello Stato Italiano.

MOSTRA: POESIA E PITTURA NEL SEICENTO. GIOVAN BATTISTA MARINO E LA MERAVIGLIOSA PASSIONE

Con Poesia e pittura nel Seicento. Giovan Battista Marino e la meravigliosa passione, la mostra in programma dal 19 novembre 2024 al 9 febbraio 2025, la Galleria Borghese esplora con un progetto inedito le connessioni tra poesia e pittura, sacro e profano, letteratura, arte e potere nel primo Seicento.

 Seguendo la traccia offerta dai testi di Giovan Battista Marino (1569-1625), la mostra disegna un percorso attraverso la grande arte rinascimentale e barocca, da Tiziano a Tintoretto, da Correggio ai Carracci, da Rubens a Poussin, celebrando il più grande poeta italiano del Seicento e la sua “meravigliosa” passione per la pittura.


 A cura di Emilio Russo, Patrizia Tosini e Andrea Zezza, l’esposizione si concentra sulla stagione d’oro del Barocco in pittura e in letteratura, un periodo durante il quale il rapporto tra le due arti trova forse l’espressione più alta nella vita e nelle opere del poeta.

 Noto per il suo poema Adone (1623), incentrato sulla storia d’amore tra Adone e Venere, Giovan Battista Marino è infatti autore anche de La Galeria (1619), una raccolta di 624 componimenti poetici dedicati ad altrettante opere d’arte divise tra Pitture e Sculture, Favole e Historie, realizzata con un gioco di rispecchiamenti e di continua sfida espressiva tra testi poetici e opere d’arte, reali o immaginarie.

 La vita e la produzione letteraria di Giovan Battista Marino sono strettamente legate ai maestri e ai capolavori dell’arte figurativa di primo Seicento, con i quali entra in contatto nei circoli intellettuali e nelle corti più importanti dell’epoca, quella di Matteo di Capua a Napoli, di papa Clemente VIII Aldobrandini a Roma, di Giovan Carlo Doria e Giovan Vincenzo Imperiali a Genova, di Carlo Emanuele I a Torino; in questi ambienti, al cospetto di ricche collezioni, il poeta stringe rapporti diretti con artisti come il Cavalier d’Arpino, Bernardo Castello, Caravaggio, Agostino Carracci, Ludovico Cigoli e Palma il Giovane.

 Nel 1615, perseguitato dall’Inquisizione, Giovan Battista Marino è costretto a lasciare l’Italia trovando rifugio a Parigi, alla corte di Luigi XIII e Maria de’ Medici, dove rimane fino al 1623: lì conosce Nicolas Poussin, per il quale scrive una sorta di lettera di presentazione che l’artista avrebbe portato con sé al suo arrivo a Roma. Con questo passaggio simbolico l’ultima fase della parabola del poeta si lega al decisivo approdo romano del grande pittore francese.

 Con la sua collezione unica di capolavori iniziata dal cardinale Scipione Borghese nei primi decenni del Seicento, la cura delle opere e l’allestimento scenografico prettamente barocco, la Galleria Borghese rappresenta il contesto ideale per rileggere la figura di Giovan Battista Marino poeta e il suo rapporto con le arti figurative, e di come nel Seicento queste ultime abbiano cominciato a influenzarsi vicendevolmente con la produzione letteraria.

 Articolato in cinque sezioni, il percorso espositivo si apre con alcuni grandi capolavori di Correggio, Tiziano e Tintoretto raccolti nella sezione dal titolo Poesia e pittura nel Seicento. Introduzione a Giovan Battista Marino con cui lo spettatore viene introdotto al rapporto tra tradizione poetica e tradizione figurativa già nel corso del Cinquecento. Un rapporto che diventa la lente attraverso cui osservare l’arte barocca e di cui Giovan Battista Marino, con i suoi interessi e le sue relazioni trasversali, è stato un rappresentante esemplare.

 Nella sezione La Galeria e il dialogo di Giovan Battista Marino con gli artisti, dedicata alla raccolta La Galeria, la mostra ripercorre il rapporto di Giovan Battista Marino con la grande arte del Rinascimento e Barocco, grazie a un serrato confronto tra dipinti, sculture e la loro trasposizione letteraria. Qui sono presenti capolavori di Luca Cambiaso, Tiziano, Palma il Giovane, Pietro Paolo Rubens, Cavalier d’Arpino, Alessandro Turchi, Pietro Bernini, tutti artisti in qualche modo legati alla vita e agli scritti di Giovan Battista Marino.

 Nella sezione su La Strage degli innocenti, che prende il titolo da uno dei capolavori del poeta, si approfondisce un altro tema affrontato da Giovan Battista Marino a partire dalla tradizione figurativa. L’opera viene pubblicata postuma solo nel 1632, ma all’inizio del secolo il tema biblico era tornato in auge anche in pittura grazie a opere di grande formato realizzate, tra gli altri, da Guido Reni, Giovanni Battista Paggi, Nicolas Poussin, Pietro Testa, che si misurano con la rappresentazione di un orrore capace di generare meraviglia.


 La sezione intitolata L’Adone tra sacro e profano raccoglie le opere legate al mito di Adone – giovinetto bellissimo amato da Venere, destinato a una tragica fine – protagonista dell’omonimo poema mariniano, che può essere considerato l’opera simbolo del Seicento italiano, trionfo di una poesia tra sacro e profano costruita per tableaux, come accostamenti di quadri poetici. 

In questa parte sono raccolti alcuni capolavori di Palma il Giovane, Scarsellino e Poussin legati al mito, opere che spaziano dagli esiti più sensuali, propri della storia d’amore tra Adone e la dea, a quelli più tragici relativi alla sua morte e al compianto di Venere, in cui entrano in scena anche sottili rimandi a raffigurazioni sacre.

 L’ultima sezione della mostra, Commiato. L’apoteosi di Giovan Battista Marino e la scoperta di Nicolas Poussin, rende merito al lascito più significativo della passione artistica di Giovan Battista Marino: l’intuizione della grandezza del giovane Nicolas Poussin

L’incontro tra i due alla corte di Maria de’ Medici a Parigi è la premessa del viaggio di Poussin a Roma e della realizzazione negli anni successivi di alcune opere come il Compianto su Adone morente, il Parnaso e L’ispirazione del poeta, tutte legate con evidenza alla celebrazione della poesia mariniana.

 Con Poesia e pittura nel Seicento. Giovan Battista Marino e  la "meravigliosa" passione la Galleria Borghese invita il pubblico a esplorare l’affascinante intreccio di parole e immagini che ammaliò Giovan Battista Marino, portando a riscoprire l'eredità seminale di un letterato che ha saputo intrecciare la bellezza della poesia e la seduzione dell'arte figurativa.

https://www.collezionegalleriaborghese.it/

miércoles, 27 de noviembre de 2024

MICHELANGELO E IL POTERE. MUSEO DI PALAZZO VECCHIO A FIRENZE. UNA MOSTRA MOLTO INTERESSANTE, IMMANCABILE

 dal 18 Ottobre 24

al 26 Gennaio 25

Un percorso di più di cinquanta opere: sculture, dipinti, disegni, lettere autografe e calchi in gesso scelti per illustrare il rapporto di Michelangelo con il potere, la sua visione politica e la sua determinazione nel porsi alla pari con i potenti della terra.

Dal 18 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025 Palazzo Vecchio accoglie la mostra Michelangelo e il Potere, a cura di Cristina Acidini e Sergio Risaliti, promossa dal Comune di Firenze in collaborazione con Fondazione Casa Buonarroti e organizzata dalla Fondazione MUS.E. 

Il progetto e la direzione dell’allestimento sono curati dall’architetto Guido Ciompi, in collaborazione con l’architetto Gianluca Conte dello studio Guido Ciompi & partners.

Michelangelo e il Potere si sviluppa al secondo piano di Palazzo Vecchio, tra la Sala delle Udienze e la Sala dei Gigli, con un percorso di più di cinquanta opere: sculture, dipinti, disegni, lettere autografe e calchi in gesso – frutto di eccezionali prestiti da prestigiose istituzioni come le Gallerie degli Uffizi, i Musei del Bargello, la Fondazione Casa Buonarroti, la Fundación Colección Thyssen- Bornemisza e le Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, per citarne solo alcuni – scelti per illustrare il rapporto di Michelangelo con il potere, la sua visione politica e la sua determinazione nel porsi alla pari con i potenti della terra.

Vera e propria star della mostra è il celebre busto di Bruto, eccezionalmente concesso in prestito dal Museo Nazionale del Bargello e per la prima volta nella storia esposto a Palazzo Vecchio.


Di grande suggestione è la presentazione di una sorta di gipsoteca dedicata a Michelangelo, con calchi di alcune delle sue opere maggiori, legate tutte per varie ragioni ai rapporti dell’artista con i grandi dell’epoca: come il calco dell’Angelo reggicandelabro, eseguito a Bologna dove venne protetto dal nobile Francesco Aldrovandi, quello del Bacco commissionato all’artista dal cardinale Riario, nipote di Sisto IV. 

E la riproduzione in gesso della Pietà Vaticana, realizzata a Roma per il cardinale Jean Bilhères De Lagraulas la copia monumentale della testa del David di Piazza Signoria, i due Schiavi (il Barbuto e il Morente), la Notte delle Cappelle Medicee, una delle sculture scolpite per celebrare i duchi Medici, Lorenzo e Giuliano. 

Tra queste testimonianze indirette anche una riproduzione sempre in gesso del Busto di Michelangelo, eseguita a partire dall’originale di Daniela da Volterra.

Alla mostra farà seguito una pubblicazione curata da specialisti, sull’argomento “Michelangelo e il Potere”.

https://musefirenze.it/mostre/michelangelo-e-il-potere/

ASCOLTARE E VEDERE L'OPERA (E TANTE BELLE COSE) ALLA FONDAZIONE FRANCO ZEFFIRELLI

Venerdì 13 dicembre alle ore 16,30                                              31 E Gen 2025

Ingresso gratuito

Ciclo di quattro incontri sugli aspetti visivi e performativi dell’opera lirica.


E ritrovare per caso, como al solito, ancora una volta il Dottore Pippo Zeffirelli accompagnando sempre il pubblico della Fondazione. un lusso, davvero. E le mostre, bellisime.

Bello anche il bookshop e l´attenzione per i giornalisti. Grazie tante.

A partire dalle sue origini il melodramma, e successivamente l’opera lirica, oltre all’aspetto musicale, ha sempre dato grande rilievo agli aspetti visivi, a cui gli stessi compositori, coadiuvati dai loro librettisti, hanno sempre prestato un’attenzione precisa e meticolosa.

La Fondazione Franco Zeffirelli, voluta da un regista-scenografo che negli allestimenti lirici ha lasciato un segno indelebile, intende celebrare il Centenario dell’Università degli Studi di Firenze con un ciclo di quattro incontri incentrati sull’importanza degli aspetti visivi e performativi dell’opera, oggi più che mai al centro di un vasto dibattito.

L’Ateneo fiorentino, infatti, già a partire dalla metà del Novecento apriva la strada agli studi del settore con un approccio assolutamente interdisciplinare da parte di alcuni suoi illuminati docenti come lo storico dell’arte Roberto Longhi (1890-1970) e il musicologo Fausto Torrefranca (1883-1955), per poi ospitare, primo in Italia, corsi di laurea specifici di Storia dello Spettacolo e del Teatro con i “padri fondatori” della disciplina: Ludovico Zorzi (1928-1983) e Cesare Molinari.

Venerdì 13 dicembre, ore 16.30

Mettere in scena l’opera oggi

Dialogo tra Nanà Cecchi, costumista e Caterina d’Amico, Fondazione Franco Zeffirelli

Introduce Renzo Guardenti, Università degli Studi di Firenze, SAGAS

Data da destinarsi

Gli Intermedi, le origini del melodramma e le macchine sceniche

Conversazione con Annamaria Testaverde, Università degli Studi di Bergamo

Introduce Gianluca Stefani, Università degli Studi di Firenze, SAGAS

Gli incontri si svolgeranno presso la Fondazione Franco Zeffirelli, nel Complesso Monumentale di San Firenze.

https://www.fondazionefrancozeffirelli.com/ascoltare-e-vedere-lopera/

BIJOUX DE SCÈNE DE L’OPÉRA DE PARIS. BIBLIOTHÈQUE-MUSÉE DE L’OPÉRA

 Du 28 novembre 2024 au 28 mars 2025 inclus, à la Bibliothèque-musée de l’Opéra national de Paris

Commissariat : Isabelle Stibbe, dramaturge à l'Opéra national de Paris et Jérôme Fronty, conservateur en chef, chargé de collections à la Bibliothèque nationale de France

Ils brillent, ils impressionnent, ils éblouissent. Les bijoux de scène de l’Opéra de Paris, conçus spécialement pour y être portés, contribuent autant à l’éclat de l’institution qu’à celui de ses interprètes.

Pourtant, leurs matières sont tout sauf précieuses : le laiton donne l’illusion de l’or, le verre coloré l’apparence de pierreries, le strass l’éclat du diamant. Cela ne les empêche pas d’être réalisés avec un soin et un savoir-faire remarquables.

C’est tout le paradoxe de ces bijoux de scène qui, par le faux, visent à dire le vrai – le principe même de l’illusion théâtrale.

Il serait réducteur de renvoyer les bijoux de scène à leur seule beauté plastique. Dès le XIXe siècle s’ajoute une fonction signifiante : ils deviennent souvent un élément central de l’intrigue des œuvres ou facilitent la lecture de l’acte théâtral.

Quant à leur conception, que privilégier entre la vérité historique, la précision géographique, la fidélité du détail ou le plaisir des yeux ? Du XIXe siècle à nos jours, les créateurs oscillent entre ces tendances, plaçant le curseur différemment suivant les époques, les esthétiques et les modes.

Constituée essentiellement à partir du Second Empire, la fabuleuse collection de bijoux de scène de l’Opéra de Paris, conservée à la Bibliothèque nationale de France, est constituée d’environ 4 000 pièces, et continue de s'enrichir aujourd'hui. Les bijoux exposés ici offrent un aperçu de ces accessoires essentiels à la magie des spectacles.

https://www.operadeparis.fr/visites/expositions/les-bijoux-de-lopera

martes, 26 de noviembre de 2024

LA TRAVIATA HOLÍSTICA Y CLÁSICA DEL TEATRO EN EL MAGGIO FIORENTINO

Teatro del Maggio –Otoño 2024. LA TRAVIATA. Melodrama en tres actos. Libreto de Francesco Maria Piave, basado en La dame aux Camélias de Alejandro Dumas hijo. Música de Giuseppe Verdi. Florencia, Jueves 21 de noviembre, 2024. Cast alternativo.

Violetta Valéry, Julia Muzychenko

Alfredo Germont, Matheus Pompeu

Giorgio Germont, Min Kim

Flora Bervoix, Aleksandra Meteleva

Annina, Olha Smokolina

Gastón, Oronzo D’Urso

Marqués d’Obigny, Gonzalo Godoy Sepúlveda

Baron Douphol, Yurii Strakhov

Dottor Grenvil, Huigang Liu

Giuseppe, Alessandro Lanzi

Un comisionado, Lisandro Guinis

Un sirviente, Nicolò Ayroldi

Orquesta y Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Director Renato Palumbo

Maestro del coro, Lorenzo Fratini

Regia, Stefania Grazioli

Escenografía, Roberta Lazzari

Vestuario, Veronica Pattuelli

Luces, Valerio Tiberi

Nueva producción

Está claro que La Traviata verdiana, sobre todo en la actualidad, con los movimientos feministas en auge y el acceso de la visibilidad femenina a las cercanías del poder y la iconografía del siglo XXI, también es una partitura y un libreto con muchas posibles lecturas.

Ya lo dijo un sabio reconocido francés contemporáneo: “El mito central de la “Dame aux Camélias”, no es el Amor, sino el Reconocimiento, porque Margarita ama para que se la reconozca, y en ese sentido, su pasión (en un aspecto más etimológico que sentimental), proviene completamente del otro…La mirada cómplice de los burgueses aquí va destinada al lector que, por su parte, reconoce también a Margarita, a través del desprecio de su amante…”. Roland Barthes, Mythologies, ëditions du Seuil, 1957.

La palabra “Traviata” para empezar, hace referencia a una “demi-mondaine”, a una mujer que “ha perdido el camino”, a una descarriada. Que vive del comercio sexual en una fiesta continua de carnalidad y placer. Verdi aportó su grano de arena debido a su habitual confusión y estereotipo conservador judeocristiano para definir qué es una mujer y cuál es el rol que debe jugar en la vida. Habría que recordar su relación diferente con su primera esposa y luego con la soprano Giuseppina Strepponi.

Los valores morales de los últimos años de la Monarquía de julio en la Francia de Dumas, están más que explicitados en esta ópera con la confrontación entre el espíritu igualitario (más o menos) heredado de la Revolución de 1789, encarnada por Marguerite Gautier, la protagonista de la novela autobiográfica de Dumas hijo, que intenta cohabitar con el conservadorismo y la rigidez burgueses del reino de Luis-Felipe, simbolizada por la autoridad patriarcal.

Violetta representa aún sin proponérselo un paradigma femenino alternativo y lo escenifica muy bien: “Que él sepa el sacrificio que hago por amor… (le contesta a Germont padre, con el honor de una virgen casadera, su hija, que defender), y dígale que el último suspiro de mi corazón será para él”. Versiones escénicas de Traviata ha habido muchas y algunas, sublimes, la de Visconti con María Callas para La Scala de Milán, alrededor de 1955, la adaptación de Franco Zeffirelli para el cine, con Teresa Stratas y Plácido Domingo en los roles principales ( que siguen acompañando desde sus fotografías a los visitantes de la Fondazione Zeffirelli en Florencia).

En la dirección de esta producción de la Sala Grande, el maestro Renato Palumbo, que conoce bien a Verdi y dirige con expresividad a los cantantes, el coro y la orquesta del Maggio, siempre ajustadísimos, aunque por momentos parece entrar la partitura en una especie de taquicardia, porque la narrativa de los tempi se hace o se percibe (y esto siempre es subjetivo), algo ad libitum, troppo vivace o con algún rubato demás. Pero también estos comentarios son opinables. Nadie va con el metrónomo a una función sino con el corazón y el instinto. A disfrutar, no a juzgar.

La regia de Stefania Grazioli es conservadora y clásica y esto es una ventaja relajante en una época muy dada a los experimentos teatrales que confunden las representaciones con vodeviles o fantasmagorías de directores de escena estrambóticos que pierden el sentido original de las obras. El coro del Lorenzo Fratini, espectacular, sabe actuar, moverse y tiene un caudal sonoro fantástico.

La escenografía de Roberta Lazzeri, es funcional, polivalente y facilita la concentración en los recovecos musicales en el escenario de los cantantes, acompañando, no buscando el protagonismo inherente a otros, bonito y envolvente el vestuario de Veronica Pattuelli con las luces de Valerio Tiberi. La coreografía, bailarines de negro, representando “zíngaras” y toreros (¡ay, maestro Verdi, siempre se vive desde el extranjero a España como una geografía ligada secularmente a la tauromaquia, de clichés repetidos!) corresponden a Elena Barsotti.

Los protagonistas, Julia Muzychenko como Violetta, traza un personaje reconocible y bello, con una sensibilidad a flor de piel. Con alguna duda en los pasajes de tipo belcantistas del comienzo, intuitiva, en el primer acto buscó la seguridad escénica y vocal que finalmente encontró a partir del II, intimista, doliente, muy emotivo y conmovedor. Nacida en San Petersburgo y muy joven, con una excelente presencia escénica, ganó además el IV Concurso de Canto de la Ópera de Tenerife.

Matheus Pompeu, tenor lírico brasileño, con una carrera cada vez más desarrollada en papeles principales y con experiencia en Traviata, no tiene una voz enorme, pero construye un Alfredo Germont donde destacan la expresividad y una notable relación con los compañeros de escena, especialmente con su enamorada Violetta. También a reseñar la belleza del timbre y una técnica sólida.

Min Kim, barítono nacido en 1991 en Corea del Sur, está muy vinculado al Teatro del Maggio, donde ha cantado varios roles y ha sido galardonado con muchas distinciones en diferentes países. Su Giorgio Germont es severo, como marca el rol, con una buena línea de canto, fiato y comunicabilidad. Establece un dúo vibrante y lleno de matices con Violetta en el II acto y por supuesto con Alfredo, para quien resulta ser, en general, el “padre padrone” que le endosa a él y al resto la Ley (como diría Lacan), el orden y los usos y costumbres.

En los otros roles muy bien la Annina de Ohla Smokolina y Aleksandra Meteleva como Flora Bervoix, indispensables y benéficas acompañantes. Oronzo d’Urso y Yurii Strakhov, miembros de la Accademia del Maggio, como respectivamente Gastón y el barón Douphol, seguros y fiables. Por su parte, Gonzalo Godoy Sepúlveda e Huigang Liu a cargo del marqués d’Obigny y el doctor Grenvil, muy cumplidores y también Alessandro Lanzi como Giuseppe.  Lisandro Guinis y Nicolò Ayroldi dan vida respectivamente a un comisionado y a un sirviente, apropiados. En términos generales, un elenco muy internacional y abierto al exterior y nada proteccionista. Muy aplaudidos toldos, porque es una producción seria y meritoria.

Con la sala prácticamente al completo, todo increíblemente pulido y reluciente, se respira un aire de libertad por el foyer y a la vez de organización, para vender los programas, aclimatarse de la lluvia y el frío florentino presentes en una velada tirando a gélida, unos platos riquísimos a elegir en la restauración eficiente y bien servida (unos ravioli con ricota y salvia, antológicos). Todos colaboran para repartir el espacio, no hay conflicto aparente en un lugar donde el todo se percibe como colaborador y educadísimo. La misma sensación con la disponibilidad de prensa y comunicación, el personal de sala y el bookshop. Civilizadísima, elegante y amada Florencia…siempre.

Alicia Perris

Foto Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino

miércoles, 20 de noviembre de 2024

NUOVO VOLUME DI PIERLUIGI PANZA "LA SCALA. ARCHITETTURA E CITTÀ", EDITO DA MARSILIO ARTE.

 Viene presentato oggi, 20 novembre 2024, alle ore 18.00, al Teatro alla Scala di Milano, il nuovo volume di Pierluigi Panza "La Scala. Architettura e città", edito da Marsilio Arte.

Ne discutono con l'autore il Sovrintendente e Direttore artistico del Teatro alla Scala Dominique Meyer e l'architetto Mario Botta. Modera l'incontro il Direttore della Comunicazione del Teatro alla Scala Paolo Besana.

«La maggior parte degli amanti dell’opera rimane sorpresa quando vede il Teatro alla Scala per la prima volta. A prima vista si rimane colpiti dalla sua bellezza formale, dall’equilibrio tra una pretesa di opulenza (i drappeggi, le colonne, la cornice del palcoscenico, il palco centrale, il lampadario) e una certa sobrietà (gli stucchi, l’illuminazione, le parti dorate che non sembrano mai eccessive). 

Dopo pochi secondi, è impossibile non pensare agli artisti, ai compositori, ai coreografi, ai direttori d’orchestra, ai cantanti e ai ballerini che, sera dopo sera, hanno forgiato la leggenda del Teatro alla Scala». Dominique Meyer, Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro alla Scala.

 

Nel volume La Scala. Architettura e città, Pierluigi Panza racconta la storia architettonica del Teatro alla Scala, dalla nascita con Giuseppe Piermarini agli scenari attuali con Mario Botta a quelli futuri. Il teatro è sempre stato specchio delle trasformazioni della città, della società, del gusto e le ha, a sua volta, determinate. 

La pubblicazione, edita da Marsilio Arte, ripercorre la storia dell’edificio dai tempi di Maria Teresa d’Austria a quelli di Napoleone, poi del Regno d’Italia e della Repubblica. Rispetto per la storia e spirito di innovazione sono stati gli elementi dello sviluppo del teatro attraverso trasformazioni strutturali, tecniche ed estetiche che lo hanno mantenuto fedele alla propria identità, pur modernizzandosi e modellandosi ai riti e ai costumi dei tempi.

Nella prefazione, Dominique Meyer sottolinea il perfetto equilibrio tra sobrietà e opulenza, nonché l’efficienza tecnica di un luogo che ha contribuito a rendere Milano un raffinato e prestigioso polo artistico-culturale nel panorama europeo. Meyer instaura un parallelismo tra la società milanese, «più preoccupata del fare che dell’apparire», e la struttura architettonica dell’edificio.

Il volume, introdotto da Mario Botta, si articola in 11 capitoli, che ripercorrono più di tre secoli di storia: costruito nel 1776, il Teatro nasce a seguito di due distruzioni e due rifiuti. La prima distruzione fu accidentale – l’incendio del teatro che sorgeva all’interno di Palazzo Ducale (poi chiamato Palazzo Reale), la seconda fu voluta – la decisione di abbattere la chiesa di Santa Maria alla Scala. I rifiuti furono quelli di Luigi Vanvitelli e Christoph Willibald Gluck, i quali permisero l’arrivo alla corte di Milano, rispettivamente, di Giuseppe Piermarini (1734-1808) e Antonio Salieri (1750-1825).

Il racconto di Panza prende in esame le tappe fondamentali e le vicissitudini del Teatro, passando per l’epoca risorgimentale e romantica, il Novecento sino alla contemporaneità. Particolare attenzione è dedicata all’ultimo ventennio, caratterizzato da continue opere di ammodernamento, restauri e ampliamenti.  

Durante l’intervento di realizzazione del 2002 e 2004 Mario Botta ha realizzato i due nuovi volumi dell’ellisse e della torre scenica, mentre l’interno è stato oggetto di un restauro conservativo e del rifacimento del palcoscenico. Ora si sta concludendo la seconda fase dei lavori, con gli ammodernamenti che richiede la società globale e con l’apertura della nuova torre su via Verdi, all’interno della quale la Sala prove dell’orchestra è uno scrigno alto quattordici metri, posto a meno diciotto dal livello stradale.

Il volume è arricchito da un cospicuo corredo fotografico e didascalico, indispensabile per comprendere l’evoluzione di un edificio: schizzi, disegni, bozze di progetti, fotografie degli esterni e degli interni, rendering sono alcuni degli strumenti adoperati per rendere la pubblicazione un vero e proprio omaggio a quello che Stendhal definiva «il più bel teatro del mondo».

Pierluigi Panza, scrittore, giornalista e critico d’arte e d’architettura, scrive per il Corriere della Sera e insegna al Politecnico di Milano. Ha all’attivo molte pubblicazioni di storia dell’arte, è membro delle principali accademie italiane e vincitore di numerosi riconoscimenti.

Ufficio stampa

Marsilio Arte | Giovanna Ambrosano

domingo, 17 de noviembre de 2024

ARTES CRUZADAS: RAÍCES SONORAS. CONCIERTO EN EL MUSEO NACIONAL THYSSEN- BORNEMISZA

 CONCIERTO - 30 DE NOVIEMBRE DE 2024. 

Reseña de paso: Hace décadas-algunas- estuve en la casa de don Claudio Sánchez Albornoz, reconocido historiador español de largo exilio argentino.

La casa parecía con tantos documentos, legajos, el Archivo General de Indias. El maestro estuvo charlando conmigo y un periodista de Arabia Saudí (en aquella época las relaciones humanas entre distintas comunidades y ciudadanos fluía, no como hoy. en donde cualquier contacto con el Otro ajeno puede convertirse y ser vivido como proceloso o inadecuado).

Preguntado don Claudio sobre la "España musulmana" contestó sin titubear: "Yo me dedico a la España cristiana". La entrevista duró poco más.

Américo Castro, otro historiador exiliado después de la Guerra Civil española, tenía un punto de vista completamente diferente y defendía una tierra donde florecieron y convivieron en paz, las tres culturas del Libro: musulmana, cristiana y judía. 

En ese sentido creo se concibió el programa que declinan ahora Eduardo Panigua con sus compañeros músicos en el Museo Nacional Thyssen Bornemisza, que también es un territorio musical. 

Han pasado muchos siglos y en este caso, ahora, en tiempos de guerra, precisamente por los recursos, los territorios y tal vez por las religiones, la Belleza, tal vez mi nostalgia, nos permite retomar con aquellas narrativas que entonces, parecían inclasificables y discutibles.

En otro orden de cosas, convoqué hace algunos veranos, al director del Thyssen, Guillermo Solana a Radio Clásica, para hablar en uno de mis programas de Constelación Boulez sobre las correlaciones y correspondencias entre las artes.

Casualmente, el sábado pasado, día de luminarias navideñas, descuentos y paseantes de todas las banderas y procedencias en un Madrid bloqueado, la máquina del tiempo volvió para atrás y ese milagro me permitió revivir paraísos (los proustianos, los mejores) que creía perdidos para siempre.

Alicia Perris, también para las fotos

Julio Serrano, vídeo

 


Concierto especial en el que pintura, música y poesía convergen para invitarnos a viajar a la España medieval.




Este concierto invita a recorrer, a través de la música,  la España medieval donde las culturas cristiana, judía y musulmana convivieron y entrelazaron sus conocimientos para crear un legado que influyó en todas las expresiones de la cultura europea. 


Así, a través de composiciones históricas y melodías evocadoras, el programa del concierto explora las raíces compartidas entre estas tres culturas.


Acompañado por proyecciones de pintura antigua de la colección del museo, esta propuesta presenta una experiencia visual y sonora, para contar la historia de una época de intercambio y creatividad.



El concierto corre a cargo de Eduardo Paniagua (Premio Gema 2021 al mejor grupo de música medieval) y cuenta también con la participación del cantante, instrumentista y compositor Luis Antonio Muñoz y con el cantante y laudista Wafir Sheik.



https://www.educathyssen.org/programas-publicos/artes-cruzadas-raices-sonoras



KAZAKHSTAN, TRÉSORS DE LA GRANDE STEPPE. MUSÉE GUIMET. MOSTRA ARCHEOLOGICA, ÉCOLE FRANÇAISE À ROME: ETRUSCHI, GRECI, LAZIALI...

 Une immersion dans des paysages mythiques et mystérieux, à la découverte de cinq trésors et d’une histoire cinq fois millénaire.

Pays de l’Homme d’or et des grands kourganes, le Kazakhstan est une terre de légendes aux confins des steppes de l’Asie centrale. Sillonnés par les mythiques routes de la soie, ses immenses paysages ont été le théâtre d’une riche histoire culturelle et humaine. Avec Kazakhstan, Trésors de la Grande Steppe, le musée Guimet propose un aperçu de cette histoire en cinq ensembles de chefs-d’œuvre, éclairant cinq grands jalons de civilisation, depuis le troisième millénaire avant J.-C. jusqu’au 18e siècle.

Exceptionnellement prêtés par les plus grands musées kazakhs, ces trésors – parmi lesquels les ornements originaux de la coiffe de l’emblématique Homme d’or – sont présentés dans une scénographie poétique et innovante, qui immerge les œuvres et les visiteurs dans les paysages du Kazakhstan.

Dans un écrin sensoriel et immersif imaginé par le scénographe Sylvain Roca, le visiteur est ainsi transporté sur la terre qui a vu naître ces chefs-d’œuvre : successivement, des projections et des créations sonores viendront animer les œuvres et les replaceront poétiquement dans leur contexte d’origine pour un moment de culture et de dépaysement hors du temps.

Le Kazakhstan : un pays au carrefour des cultures d’Europe et d’Asie

Le Kazakhstan – un des cinq pays de l’Asie centrale située au carrefour des routes entre l’Asie et l’Europe – constitue un espace riche, connu pour son développement historique et culturel unique. Constitués dès l’antiquité, les peuples nomades ont rapidement dominé les steppes où d’importants centres urbains ont ensuite vu le jour. La richesse des ressources naturelles a contribué au développement du commerce international et des liens économiques, renforçant ainsi l’identité culturelle de la région.

Les Huns, les Scythes et les tribus turciques ont joué un rôle clé dans la formation de la culture, de l’identité et des alliances politiques propres au Kazakhstan. Après le déclin de la Horde d’or, le khanat kazakh s’est imposé comme le successeur de l’empire de Gengis Khan, jetant les bases de la civilisation traditionnelle des Kazakhs…..

https://www.guimet.fr/fr/expositions/kazakhstan-tresors-de-la-grande-steppe


MOSTRA ARCHEOLOGICA, ÉCOLE FRANÇAISE À ROME: ETRUSCHI, GRECI, LAZIALI...

Apre la mostra archeologica dell'École française de Rome", ospitata negli spazi espositivi della Galleria in Piazza Navona 62, sede dell’École. L’esposizione è aperta al pubblico dal 29 maggio al 20 dicembre 2024, con ingresso libero e apertura dal lunedì al sabato.

La collezione presenta una gamma rappresentativa, esposta per la prima volta, di circa 200 reperti: sculture, terrecotte etrusco-laziali, vasi greci ed etruschi, oltre a documenti provenienti dagli archivi dell'École française de Rome e dagli inventari degli arredi di Palazzo Farnese.
Il percorso della mostra è curato dagli archeologi Christian Mazet e Paolo Tomassini.

I visitatori saranno accompagnati in un percorso suddiviso in cinque sezioni:

La prima sezione è dedicata alla storia del collezionismo e del mercato antiquario alla fine dell’Ottocento. Verranno presentati oggetti rappresentativi e documenti d'archivio, raccontando i legami tra i protagonisti di questa singolare storia, come Auguste Geffroy, Jules Ferry, Augusto Castellani e Wolfgang Helbig.

La seconda sezione è dedicata ai primi scavi effettuati dall'École française de Rome a Palestrina nel 1878, con un'ampia collezione di terrecotte votive etrusco-laziali.

La terza sezione è dedicata alla presentazione delle sculture romane, che saranno eccezionalmente spostate dalle sale di rappresentanza al secondo piano di Palazzo Farnese.

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La quarta sezione presenta la ricca collezione di vasi donata da Augusto Castellani. Si analizza inoltre il commercio di antichità a Roma nella seconda metà dell’Ottocento, nonché il restauro dei vasi e l'interazione tra assemblaggi e altre falsificazioni.
La quinta sezione presenta un accumulo di oggetti raccolti per la varietà dei materiali, dove l'abbondanza e la rappresentatività archeologica diventano strumenti utili alla formazione per lo studio della cultura materiale romana.

Tra archeologia e futuro: strumenti digitale e modelli 3D

Nella volontà di costituire un dialogo tra il passato dell’École, il presente della mostra e il futuro della ricerca e la valorizzazione, la mostra si presenta inoltre in una forma virtuale, con modelli 3D proiettati sotto forma di ologrammi, video su schermi e qr-code che danno accesso al catalogo online dei singoli oggetti.

Orari di apertura dal 29 maggio 2024
Ingresso libero
Dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00, il sabato dalle 10.00 alle 13.00.
Chiusure eccezionali: sabato 29 giugno; da giovedì 8 agosto a domenica 25 agosto inclusi; venerdì 1°novembre; lunedì 11 novembre 2024.



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La mostra archeologica dell'École française de Rome: oltre 200 reperti greci, etruschi e laziali
https://www.romatoday.it/eventi/mostra-archeologica-dell-ecole-francaise-de-rome.html
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