martes, 17 de enero de 2023

LA VIDA AGRIA DE UN ANARQUISTA DE LUCIANO BIANCIARDI E ANCHE MOSTRA: LA ROMA DELLA REPUBBLICA. IL RACCONTO DELL’ARCHEOLOGIA. MUSEI CAPITOLINI

LA VIDA AGRIA (EL PASAJE DE LOS PANORAMAS) 




Corren los años cincuenta y nos hallamos en una ciudad cuya topografía está deformada, si bien remite claramente a Milán. El protagonista de esta historia, y álter ego del autor, deja atrás, junto a cierta vida provinciana, a su mujer y a su hijo, y llega a la metrópolis con una misión: atentar contra la empresa propietaria de la mina de su localidad natal, en la que han muerto cuaren- ta y tres personas a causa de una «negligencia» que resultó perfectamente rentable. 
Una vez allí, y para poder sobrevivir, empieza a llevar el estilo de vida que le impone la ciudad, encuentra trabajo en un periódico y comienza a hacer nuevas amistades. Al poco inicia una relación sentimental con Anna y pasa por varias ocupaciones, para dedicarse al fin a traducir febrilmente. 
Al mismo tiempo, cada vez se le hacen más presentes la alienación que impone la gran ciudad, la náusea del tráfico, las insípidas obligaciones sociales y la histérica frivolidad generacional que ampara el boom económico, su propia precariedad y las imposiciones comerciales del mundo editorial. 
Se diría que cualquier día algo tiene que estallar. Con un humor inquebrantable y una fina ironía, Bianciardi pone en marcha en estas páginas una crítica rotunda al sistema, y al hombre integrado en el sistema, sin dejar de reírse de sí mismo. 
La vida agria es la obra más importante y celebrada de Luciano Bianciardi, escritor de culto, traductor de fama y revolucionario convencido. Tras el éxito apabullante e inesperado de esta novela, que en la Italia de los años sesenta se convirtió en referente para toda una generación marcada por un profundo desencanto, Bianciardi mantuvo firmes hasta el último aliento sus compromisos políticos y su enfrentamiento contra los dictados de la industria cultural, así como su predilección por el alcohol y el exceso.

MOSTRA AI MUSEI CAPITOLINI

13/01 - 24/09/2023

Il progetto costituisce il secondo capitolo (dopo la mostra La Roma dei Re 2018) del grande ciclo Il Racconto dell’Archeologia, basato principalmente sulle collezioni di proprietà comunale conservate nei magazzini e nei musei della Sovrintendenza.

La mostra, allestita nelle sale di Palazzo Caffarelli, illustra, attraverso una serie di temi e contesti archeologici, i caratteri e le trasformazioni della società romana nel corso di ben cinque secoli, dalla nascita della Repubblica alla creazione dell’Impero.

Secondo l’impostazione data a questo progetto pluriennale si è dato particolare rilievo, nella struttura e nella costruzione del percorso espositivo, a contesti archeologici - conosciuti principalmente attraverso la bibliografia specialistica e in molti casi totalmente inediti - come chiave di lettura della ricostruzione degli aspetti salienti della società romana e delle sue trasformazioni nel lungo periodo compreso tra il V secolo e la metà del I secolo a.C.

Il percorso espositivo, articolato in 3 sezioni principali, è costituito da una ricca selezione di circa 1800 opere, tra cui manufatti in bronzo, pietra locale, in rari casi marmo, soprattutto terracotta e ceramica. Elemento di notevole impatto è il colore, restituito come proposta fondata sull’analisi delle terrecotte che un’attenta opera di ricomposizione consente di attribuire ad articolati moduli decorativi.


La quasi totalità delle opere in mostra non è solitamente esposta al pubblico; in molti casi si tratta di oggetti finora conservati nelle casse dell’Antiquarium, per la prima volta restaurati ed esibiti. Al materiale pertinente alle collezioni dell’Antiquarium si aggiunge una scelta, rilevante per qualità, di opere conservate alla Centrale Montemartini, tra le quali spiccano l’urna in marmo dall’Esquilino, la piccola scultura di capro in bronzo da via Magenta e i resti di affresco dalla cd. Tomba Arieti. Dal settore museale del Campidoglio proviene infine una selezione di ritratti di età tardo-repubblicana, in parte esposti nelle sale dei Musei Capitolini, in parte solitamente conservati nei magazzini.

SANTUARI E PALAZZI

I santuari

La sezione quantitativamente più consistente dell’intero percorso illustra i resti archeologici che testimoniano le fasi costruttive, le caratteristiche artigianali e il livello artistico degli edifici templari sul Campidoglio e nel Campo Marzio.

Di grande impatto, per la proposta ricostruttiva con i colori originari, sono le lastre di rivestimento di Largo Argentina databili tra la seconda metà del IV secolo a.C. e la metà del I secolo a.C. Nel caso del Campidoglio, inesauribile fonte di informazioni, accanto alla ricostruzione del monumentale frontone di età repubblicana del Tempio di Giove Ottimo Massimo, vengono presentati per la prima volta, insieme ai materiali del già noto deposito votivo della Protomoteca, i contesti votivi venuti in luce con i lavori per la costruzione della Galleria di Congiunzione.


Un aspetto troppo spesso trascurato nella considerazione della Roma repubblicana, che si vuole qui valorizzare, è quello della devozione popolare di cui si trova traccia nei depositi votivi. Il più importante esempio è quello dedicato a Minerva Medica all’Esquilino, scoperto a fine Ottocento.  Esposti per la prima volta al pubblico sono i resti del deposito votivo anch’esso venuto in luce nello stesso periodo a Campo Verano, e quelli individuati negli anni Trenta del Novecento nel corso dello sbancamento della collina Velia e presso il Mitreo del Circo Massimo.  Un complesso di materiali a lungo ignorato e finora noto solo attraverso singoli elementi di particolare livello artistico è costituito dai resti di 11 figure in terracotta rinvenuti nell’Ottocento presso la via Latina.

Grazie a una lunga attività di studio, restituzione grafica, restauro integrativo dei frammenti originali con tecnologie di rilievo 3D, di scultura digitale e stampa 3D, è ora possibile proporre la Triade Capitolina, Giove, Giunone e Minerva, da ricollocare idealmente entro uno spazio frontonale. Si tratta di un altissimo esempio di coroplastica databile all’inizio del I secolo a.C.

I palazzi e le infrastrutture urbane

L’organizzazione delle infrastrutture cittadine è esemplificata dalle testimonianze archeologiche sulle modalità di approvvigionamento idrico prima della diffusione degli acquedotti garantito dai numerosissimi pozzi scavati ai margini dei colli. In mostra sono allestite le decine e decine di brocche talvolta con lettere inscritte, accumulati nei pozzi di Largo Magnanapoli sul Quirinale, riconducibili al momento di dismissione dei pozzi.

I resti delle domus patrizie del Campidoglio sono testimoniati da frammenti di pavimenti decorati con schemi geometrici (fasce rettangolari, croci, rombi), realizzati con tessere bianche e nere o con pietre policrome.

PRODUZIONI E COMMERCI

Gli aspetti della produzione artigianale sono un punto di vista privilegiato per seguire lo sviluppo dei sistemi produttivi. La ceramica offre una chiave di lettura importante dal momento che questo materiale ha lasciato tracce più durevoli rispetto ad altre attività, quali la lavorazione della pietra, dei metalli e del legno che pur avevano un posto fondamentale nella vita della città.


L’esposizione racconta le tappe di sviluppo dell’artigianato di qualità che, da forme e tecniche legate alle tradizioni dell’età̀ arcaica si sviluppa nel corso dei secoli IV e III con nuove produzioni, le stoviglie interamente verniciate, sia in rosso sia in nero e il vasellame decorato a figure rosse.

La tecnica dello stampo assume un ruolo molto importante nelle produzioni di particolari oggetti, come i votivi anatomici ed è ben individuabile nelle produzioni dei piccoli altari (arule) che hanno particolare fortuna nell’età medio-repubblicana e nelle matrici di terracotta presentate in mostra.

MANIFESTAZIONI DI IDENTITÀ, PRESTIGIO E ASCESA SOCIALE

Numerosi sono gli oggetti e i simboli attraverso i quali determinate categorie sociali volevano comunicare l’alto status raggiunto o rimarcarne l’antica appartenenza.  L’autocelebrazione dell’aristocrazia e delle famiglie emergenti trova un importante luogo di espressione, durante l’età repubblicana, nei monumenti funerari posti lungo le vie di accesso alla città, da leggere nel più vasto programma di controllo delle istituzioni e della vita politica cittadina.

Le decorazioni ad affresco della tomba Arieti all’Esquilino con scene legate al combattimento e al trionfo, i gruppi scultorei in pietra da Campo Verano forse appartenenti a un monumento commemorativo, l’urna in marmo greco ancora dall’Esquilino costituiscono testimonianza del rango dei defunti cui erano pertinenti, ma sono anche spunti per valutare caratteri e livello del linguaggio artistico con cui erano espressi.

https://www.museicapitolini.org/it/mostra-evento/la-roma-della-repubblica-il-racconto-dell-archeologia

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