Dal 15 settembre all’11 marzo 2018 la Triennale di Milano ospita la mostra “There is a Planet” dedicata all’architetto nato a Innsbruck nel 1917 e morto dieci anni fa. Curata dalla moglie Barbara Radice è un percorso intimo e inaspettato, da leggere prima di guardare
di SARA DEGANELLO
Le immagini della mostra “There is a Planet”, curata da Barbara Radice, con la direzione di Silvana Annicchiarico. Progetto di allestimento: Michele De Lucchi e Christoph Radl
GIANLUCA DI IOIA
Un razzo a Houston nel 1983, una scritta sul muro: «La morte non ha senso», a Siracusa nel 1988, un matrimonio a Filicudi nel 1991, venditori di cibo di strada a Xi’an nel 1994, un canguro di peluche ad Auckland nello stesso anno; una fila di camion cisterna in California nel 2006, ancora Filicudi, tanta India. E poi: la serie sulle ragazze di Antibes del 1963, in costume, ovviamente. Sono le foto scattate da Ettore Sottsass nel corso della sua vita, ora esposte all’interno della mostra There’s a Planet, alla Triennale di Milano dal 15 settembre all’11 marzo 2018. Il nome viene proprio dal progetto di un libro per l’editore tedesco Wasmuth, negli anni 90, dedicato alle foto di Sottsass in giro per il mondo che testimoniassero la presenza dell’uomo sulla terra.
Ora vedrà la luce per i tipi di Electa. Ma
soprattutto, è un fil rouge che corre letteralmente parallelo alle nove stanze
del percorso espositivo, organizzate per temi e anni, che conduce il visitatore
in un’immersione nel mondo dell’architetto, designer, artista, «filosofo» come
lo ha ben descritto Christoph Radl, che con Michele De Lucchi ha curato
l’allestimento. È viaggio alla scoperta dell’uomo Sottsass, guidato dalla donna
che gli è stata accanto negli ultimi trent’anni di vita: la moglie Barbara Radice,
figlia del pittore astratto Mario, curatrice della mostra. «Il suo lavoro è
stato vasto, abbiamo selezionato l’irrinunciabile, sperando di aver scelto
bene, per far apparire la sua curiosità, ma anche la sua malinconia e le sue
nostalgie, per festeggiare bene la sua bella vita», ha detto lei alla
presentazione. E cogliendo l’occasione, l’assessore alla cultura del Comune di
Milano Filippo Del Corno ha annunciato che proporrà di intitolare a Ettore
Sottsass Jr una strada, una piazza, un giardino della città.
Il percorso espositivo, per genesi e persone coinvolte – tutte legate all’architetto nato a Innsbruck nel 1917 e morto a Milano nel 2007 – è unico ed è molto più intimo e inaspettato di altri che quest’anno, nel centenario della nascita e nel decennale della morte, ne hanno celebrato il lavoro a partire da Ettore Sottsass: il vetro, a cura di Luca Massimo Barbero a Venezia (concluso il 30 luglio) e proseguendo con Ettore Sottsass Rebel and Poet al Vitra Design Museum di Weil Am Rhein (fino al 24 settembre) ed Ettore Sottsass: Design Radical al Met Breuer di New York (fino all’8 ottobre).
È una mostra da leggere, soprattutto nella
prima parte. Come a seguire il metodo della stessa Radice, che come lavoro
propedeutico alla mostra ha confessato di aver letto tutti i suoi scritti – che
ora Adelphi comincia a pubblicare in tre volumi, il primo a ottobre, curato da
Matteo Codignola. Così si segue la scrittura fumettistica del maestro, sempre
in maiuscolo – anche nelle lettere – che va rarefacendosi man mano che si
avanza tra le stanze, fino ad arrivare all’archetipo della forma pura,
nell’ultima “Vorrei sapere perché…”, che comprende i pezzi fino al 2007: i
Mobili Neri (2003), cabinet in radica, il fluo di Piccolo omaggio a Mondrian
(2007), piccole architetture custodite nella Gallery Mourmans di Maastricht
dell’amico ed estimatore Ernest Mourmans.
Per i nostalgici delle forme e dei colori dell’esperienza del gruppo Memphis, fondato da Sottsass a Milano negli anni 80, c’è la libreria Carlton (1981) o la Malabar (1983) nella stanza “Le strutture tremano”. Il Sottsass designer “industriale” si rivela anche nei vasi di Bitossi per la Galleria Il Sestante (Rocchetti, 1957-59 e Ceramiche delle tenebre, 1963), nelle lampade per Arredoluce, nei molti pezzi per Poltronova di cui è stato direttore creativo e naturalmente nella Valentine disegnata per Olivetti nel 1969. In mezzo a una mole organizzata di quadri, schizzi, bozzetti, foto preparatorie, scritti, maquette.
Non è difficile lasciarsi affascinare dalle
utopie degli anni 70 in cui l’architetto si è impegnato con disegni e
riflessioni ospitate nella stanza “Disegno politico”, con al centro i
contenitori domestici mobili capaci di “costruire” una casa nelle sue necessità
fondamentali (water, tavolo, lavandino…) esposti nella storica mostra del 1972
al MoMA di New York Italy: The New Domestic Landscape. Accanto, a tutta parete,
sono riprodotti i disegni di uno stadio per guardare le stelle, un tempio per
esperienze erotiche, un distributore di incenso, Lsd, marijuana oppio e gas
esilarante: una torreggiante struttura rossa verde e nera che diffonde effluvi
come fasci di luce. Il progetto, del 1973, era Il pianeta come festival, in cui
era coinvolta anche la prima moglie Fernanda Pivano. Interessante notare come
nell’organizzazione di una sorta di città ideale sulle pagine di Casabella
(Voglio risolvere per sempre il problema mondiale dell’architettura, 1975) sia
predisposto uno spazio per: 1) tomba degli antenati; 2) scuderie; 3) sauna 4)
giardino mistico. In fondo per Sottsass, come si legge anche nel decalogo
Design: come saranno i fiori funzionali? elaborato nel 1994 e ora stampato sul
muro dell’ultimo corridoio della mostra, «il design non risolve i problemi:
produce desideri».
https://24ilmagazine.ilsole24ore.com/2017/09/ettore-sottsass-filosofo/?refresh_ce=1
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