A 25 anni dalla nascita, la stilista ripercorre la storia della sua borsa, espressione di stile individuale (e ossessione dei collezionisti)
DI FEDERICA SALTO
Mille e una Baguette. A poche settimane dal 25esimo anniversario di questa borsa così iconica, Silvia Venturini Fendi, che l'ha inventata, ci svela il segreto del suo successo, da Carrie Bradshaw in poi.
Pochi capi e accessori possono vantare la sua conquista più grande, quella di aver bucato il piccolo schermo. Indimenticabile, infatti, la battuta di Carrie Bradshaw, protagonista della serie Sex and the City e icona di moda, la quale, davanti a un rapinatore che le impone di dargli la sua borsa, risponde: «It’s not a bag, it’s a Baguette».
«E pensare che allora non avevamo neanche una divisione marketing in azienda!»,
racconta ridendo Silvia Venturini Fendi che la Baguette l’ha inventata
venticinque anni fa e da allora ne è diventata custode preziosa, ma anche madre
capace di far volare lontano la sua creazione più cara.
«In effetti è proprio così, non può essere considerata solo come una borsa, perché non lo è. Una delle definizioni che amo di più è quella conferita dal critico d’arte Achille Bonito Oliva che la chiama “scultura da tavola”.
Quella sua morbidezza è la sua arma più peculiare, perché la rende capace di adattarsi a quello che sei e a quello che indossi, trasformandola in una parte del tuo corpo. Sta sotto al braccio ma allo stesso tempo non dà fastidio, quasi non te ne accorgi».
La forma e la composizione,
dunque, sono la prima di una serie di chiavi utili a comprendere e apprezzare
il successo di una borsa che è un oggetto a sé e che oggi sta riscuotendo un
successo paragonabile a quello avvenuto con il suo lancio.
«Sì, perché quando l’abbiamo introdotta, nel 1997, ha fatto una piccola rivoluzione. Innanzitutto non portava il nome di una diva che amava indossarla, come si usava. E poi abbiamo deciso fin da subito di presentarla in passerella con il prêt-à-porter, il che era piuttosto insolito: all’epoca abiti e accessori vivevano due vite separate, anche nelle loro presentazioni ai buyer e alla stampa».
Dunque, facilità nell’indossarla e modalità di presentazione, ma anche capacità di creare hype prima che il termine hype diventasse l’ossessione di ogni grande maison del lusso. «La scelta di realizzarla in tante versioni diverse ci ha portato a dover ragionare fuori dalle tradizionali logiche di produzione.
La conseguenza immediata è
stata la scarsità che a sua volta ha fatto sì che si creassero delle ricerche
spasmodiche di una versione piuttosto che di un’altra, liste d’attesa infinite
e cose così». Tutti volevano la Baguette, insomma, ma la Baguette richiedeva (e
richiede ancora) pazienza, e questo alimentava ancora di più il desiderio.
L’ultima chiave è, naturalmente, proprio questo suo esistere in infinite
varianti – circa mille.
«La più grande collezionista è giapponese e ne possiede 500 o giù di lì. Ma nel corso degli anni ho conosciuto tantissime persone appassionate di Baguette, ognuna con la sua favorita. Uno dei modelli che ha riscosso più successo è senz’altro quello con gli specchietti, ma tra ricami, patchwork, denim e tutte le lavorazioni possibili, sta davvero alla personalità di ognuno scegliere di quale o quali innamorarsi».
E la preferita di Silvia? «Ne possiedo parecchie, o almeno credo, perché ormai me le hanno rubate tutte le mie figlie e mia nipote. Il mio guardaroba non è mai al sicuro con loro! Recentemente ho ripensato a una versione con le canottiglie e bande a contrasto: vorrei rifarla, ma in generale cerco di non attaccarmi troppo al singolo oggetto, piuttosto all’idea che vi sta dietro.
Ecco perché Hand in Hand mi è particolarmente caro». Il progetto nato nel 2020 suggella la versatilità della Baguette al savoir faire italiano con una serie di edizioni limitate, una per regione, realizzate da un laboratorio artigianale con una specifica tecnica locale: la versione siciliana, per esempio, è in argento e in corallo, quella valdostana è in canapa tessuta a mano, quella campana utilizza la “tarsia sorrentina”, una composizione artistica con minuscoli tasselli in legno e così via.
Ora sono tutte ritratte in un libro da collezione (Hand in Hand, presentato a novembre), mentre il 2023 sarà l’anno di dieci nuove collaborazioni, . «Tutto è nato da un primo incontro con la Fondazione arte della seta Lisio Firenze, proprio nel 1997.
Negli anni hanno creato per noi undici stoffe, tutte tessute a mano sui loro telai storici. Così l’idea di esplorare l’artigianato italiano con edizioni limitate, ma spesso la collaborazione sfocia anche nelle collezioni più ampie. Hand in Hand è davvero l’espressione massima delle possibilità di questa borsa».
Avanti fino a oggi, dunque, perché rifarla e celebrarla con un grande evento a New York e una serie di nuove collaborazioni? «Quelli che stiamo vivendo sono tempi incerti, la moda stessa sta andando incontro a una stagione piena di sfide, tra problemi di approvvigionamento ed energia. Ma è anche una moda più libera rispetto a quando la Baguette è nata.
Oggi vedo che la sua natura un po’ giocosa e ribelle piace alle nuove generazioni. Infatti continuiamo a rifornire i negozi con le due versioni fai-da-te: due borse “tela”, una in pelle con kit di pennarelli e una in cotone perforato con set per il ricamo. Allo stesso tempo è un oggetto rassicurante, perché sappiamo essere già stata iconica.
E poi c’è tutta la passione, appunto,
di frugare nei guardaroba delle mamme, delle zie, delle nonne, proprio come si
fa nella mia famiglia. Sentivo che era il momento giusto per celebrare a dovere
tutta questa storia».
Leggi anche: Come abbinare la Baguette di
Fendi in 4 look street style
Dunque, una passerella con protagonista Linda Evangelista, tornata sulla scena e testimonial del brand. E, ovviamente infinite nuove versioni. Dopo il successo di Fendace, la collaborazione con Donatella Versace, infatti, Silvia Venturini Fendi e il co-direttore creativo Kim Jones hanno deciso di coinvolgere altri nomi nella rielaborazione della borsa: Marc Jacobs e Tiffany & Co., le cui creazioni hanno sfilato proprio in quella occasione.
«Mi piace l’idea di mettere il brand al servizio di menti diverse
dalle nostre, per continuare a esplorare nuove declinazioni. D’altronde, dalla
sua nascita, la Baguette è già passata tra le mani di artisti come Kaws, Damien
Hirst, Jeff Koons, Francesco Vezzoli, Michelangelo Pistoletto. Chissà chi altro
l’aspetta…».
https://www.vogue.it/moda/article/fendi-baguette-intervista-silvia-venturini-fendi
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