SAMANTHA DE MARTIN
All’ombra della statua di Giordano Bruno a
Campo de’ Fiori, alimentate dal vento del Sessantotto che consegnava al cinema
di Pasolini il mondo autentico delle borgate, le vicende del frate filosofo
disegnavano nella mente di un giovane Michele Placido sogni di progetti futuri
che avevano come cornice quella Roma in fermento teatro del mondo.
Tre secoli prima, in quella stessa Roma di
rivolte e rivoluzioni, anche Caravaggio, contemporaneo di Giordano Bruno, aveva
cercato il suo spazio nel mondo trovandolo nella Suburra, tra prostitute,
ladri, vagabondi, trasfigurati sulla tela in santi e madonne immortali.
“Mi fa molto sorridere il fatto che Caravaggio nei suoi quadri sia riuscito a trasformare uomini e donne della Suburra in santi e madonne ancora oggi venerati nelle chiese" afferma Michele Placido, il regista di L’Ombra di Caravaggio.
"Molti di coloro che
ammirano i suoi capolavori non sanno che non si trovano di fronte a personaggi
di fantasia, ma a uomini e donne realmente esistiti. Sei anni fa con l’amico
sceneggiatore Sandro Petraglia, con il quale avevamo già scritto Romanzo
Criminale e altri lavori, abbiamo deciso di affrontare questo sogno
impossibile”.
Il sogno impossibile del quale Michele Placido parla, mentre lo raggiungiamo al telefono in una delle località dove è impegnato a promuovere il suo film, si chiama L’Ombra di Caravaggio, una co-produzione italo-francese siglata da Goldenart Production con Rai Cinema e per la Francia Charlot, Le Pacte e Mact Production che arriverà nelle sale il 3 novembre.
Il film, scevro di patine scolastiche o accademiche, è un viaggio
insolito nell’intricata esistenza di Michelangelo Merisi, raccontato nelle sue
profonde contraddizioni e nelle oscurità del suo impenetrabile tormento.
Se fosse un nostro contemporaneo oggi questo
Caravaggio sarebbe probabilmente un artista pop di base a New York o a Londra,
i pantaloni aderenti come un paio di jeans, le scarpe infangate, una camicia
sporca di ogni vernice. E lui stesso sarebbe una tela, colore incrostato sulle
mani, sotto le unghie, tra la barba, lo sguardo alle donne della sua vita: una
marchesa, una delle prostitute più famose di Roma, e un’altra pronta a prestare
il volto a uno dei suoi più grandi capolavori.
Dal suo laboratorio contemporaneo proiettato
nel futuro, il Caravaggio 2.0 sarebbe un uomo ossessionato dalla voglia di
raccontare attraverso la sua pittura una visione religiosa rivoluzionaria, che
si origina nella strada, in una sorta di neorealismo ante litteram.
Mentre parla del suo film Placido ci coinvolge
nella danza che dal grande schermo conduce al "suo" teatro, come
quando interpreta, dall’altra parte del filo, alcune pagine di Yannick Haenel o
quando ripropone qualche battuta del Cardinal del Monte. Seguire la genesi del
film diventa così un piacere doppio.
L’ombra di Caravaggio arriva dopo cinquant'anni di carriera e vede la luce dopo quattro anni di studio. Come nasce l’idea di questo film? “Sono arrivato a Roma da un paesino molto piccolo che non aveva né un cinema né un teatro. Nasco come parolaio, ero affascinato dalla parola, nel senso più bello del termine, sognavo di diventare attore.
La voglia, il piacere la passione di far conoscere Caravaggio ha origini lontanissime. Quando ero ancora allievo dell’Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" correva il 1968, un anno rivoluzionario un po’ dappertutto. Si percepiva il fermento dei giovani figli che volevano cambiare il mondo, diventando protagonisti e non più succubi dei padri. Furono a mio avviso anni straordinari.
Volevamo essere protagonisti, andavamo nelle
piazze, partecipavamo alle manifestazioni. In questo clima attecchisce la mia
educazione culturale. I miei compagni di viaggio all’Accademia erano
scenografi, attori, e molte notti bivaccavamo a piazza Campo de’ Fiori dove
c’era la statua di Giordano Bruno...”
E poi cos'è successo? “Giordano Bruno è stato per me una sorta di ponte per arrivare all’arte e a pittori come Caravaggio. Oltre ad aver scardinato in ambito scientifico il sistema astronomico aristotelico fu uno scrittore di opere teatrali. Mi affascinava. E poi sempre in quegli anni, su suggerimento di amici più colti di me nel campo della pittura e della scultura, abbiamo cominciato a visitare le chiese romane. E il pittore che più ci trasmetteva emozioni proprio per il periodo storico era Caravaggio che, a suo modo, è stato anche un pittore politico, magari inconsciamente”.
Con una trovata accattivante ricorre alla figura dell’Ombra, interpretata nel film da Louis Garrel. Si tratta dell’unico personaggio di fantasia nel film, ma con una plausibilità storica riconducibile all’Inquisizione.
Questo enigmatico investigatore avrà in mano il potere assoluto, di vita o di morte, sul destino di Caravaggio. L’ombra è, assieme alla luce, una componente fondamentale nell’arte di Caravaggio.
Ed è curioso come
questa stessa ombra che avvolge parte della vita di questo artista cerchi di
far luce sulla sua esistenza. Chi è l’Ombra? L’Inquisizione, la Chiesa, la
censura…O forse tutti noi? "(Ride) Forse sì, siamo tutti noi. Mi chiedo
quanti di coloro che oggi apprezzano Caravaggio, a quei tempi sarebbero stati
d’accordo con la sua scelta di trasformare gli ultimi in santi e madonne ancora
oggi venerati”.
Nel film incontriamo diversi outsider oltre a Caravaggio. Tra questi Filippo Neri, interpretato da Moni Ovadia. La Chiesa di Santa Maria in Vallicella, legata a questa figura, è stata, con i suoi derelitti, una fucina per l’arte di Merisi. Qui si concentravano le figure abiette che, come dice lo stesso Caravaggio “diventano il suo dio”. Che ruolo hanno avuto Filippo Neri e la Vallicella per il pittore? “Caravaggio cerca una luce nuova e, come il film racconta, la trova alla Vallicella.
È lì che lui
trova la sua strada. Filippo Neri era una grande personalità e rappresentava
all’epoca un’altra chiesa che andava verso gli umili e non verso i nobili.
Caravaggio credo fosse un grande mistico che, specie all’inizio, ha vissuto
molto la solitudine, ed è forse per questo che ha trovato in Filippo Neri la
persona giusta per andare avanti in questa sua prospettiva artistica”.............
https://www.arte.it/notizie/italia/michele-placido-racconta-il-suo-caravaggio-il-regista-solitario-che-cercava-la-verit%C3%A0-nella-pittura-19845
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