Dal 26 giugno al 12 luglio, va in scena l’ottava edizione diretta da Giorgio Ferrara
di Valerio Cappelli
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ROMA — Ridimensionata nelle ultime edizioni, la grande musica torna al
Festival di Spoleto (26 giugno-12 luglio). Parte del merito va al ministero dei
Beni Culturali, che obbliga le Fondazioni che hanno avuto l’autonomia (Scala e
Santa Cecilia), nonché i festival, alla programmazione triennale. Così Giorgio
Ferrara, al suo ottavo anno a Spoleto come direttore artistico, ha pensato aLla
trilogia italiana di Mozart-Da Ponte. Si comincia con il «Così fan tutte», a
seguire «Le nozze di Figaro» e il «Don Giovanni».
La stessa mano stilistica
Le tre opere avranno la stessa
mano stilistica: lo stesso direttore, James Conlon, gli stessi scenografi e
costumisti, i premi Oscar Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, lo stesso
regista, Ferrara, che finora, col suo «conservatorismo illuminato», ha dato
buone prove liriche e racconta così lo spettacolo: «Io sono contrario agli
interventi registici forti e trasgressivi, la più grande sconfitta che hanno
avuto i direttori d’orchestra. Non dico che si debbano fare le figurine di una
volta, ma va tenuto conto che l’autore ha scritto per sentire delle voci e una
orchestra. Sono per un gusto astratto, con dentro, in questo caso, un po’ di
‘600, di ‘700 e di primo ‘800. Ci saranno sei ragazzi dell’Accademia d’arte
drammatica per i servi di scena; Despina, travestita da Commedia dell’Arte,
sarà una locandiera; Don Alfonso in frac e camicia «alla» Re Sole, con merletti
e maniche a sbuffo; quanto ai due ragazzi, ufficiali, mi è sempre stato
impossibile credere che nessuno li riconosca quando vengono travestiti. A
Ferretti ho chiesto un cielo tiepolesco, con un sistema di due pareti che non
finiscono e creano interni (una quadreria) e esterni (muri e persiane). Poi un
tulle, ovvero il mare, i velieri: è Napoli».
Le orchestre giovanili
Si dà lavoro alle Orchestre giovanili italiane: la «Cherubini» per la
trilogia, quella di Fiesole per il concerto finale (il prossimo anno ci sarà
Pappano con l’Orchestra di Santa Cecilia, il terzo Muti). Il cartellone prosa è
ricco di assoli, pieno di rimandi letterari, a volte con scrittori che
diventano dicitori-attori, e lungo come un (bel) lenzuolo steso ai vicoli
spagnoli. Il più glamour è quello che segna il ritorno del regista texano Bob
Wilson (ormai artista in «residenza» a Spoleto) con l’ex star del balletto
Baryshnikov, in «Letter to a man»: i diari che Nijinsky, il dio della danza,
l’eroe dei Balletti Russi, pupillo e vittima di Diaghilev, scrisse quando non
aveva trent’anni.
Protagonisti internazionali
Vanessa Redgrave nella storia di un’educatrice araba in «A World I
Loved». Bernard-Henry Lévy interpreta il suo testo «Hotel Europe», dove uno
scrittore chiuso nella sua stanza d’albergo a Sarajevo, riflette a voce alta
sull’Europa, che «non è più niente, l’Europa è soltanto un nome, diluendosi,
l’Europa si è disgreta a e muore, non perché sia troppo chiusa, ma perché è
troppo aperta». Adriana Asti, sulla scia di Stramilano, stavolta sarà alle
prese con Brecht-Weill in «Jadasmeeristblau». Sandro Veronesi ha tratto un
monologo teatrale, che lui intrepreta, dal suo «Non dirlo. Il Vangelo di
Marco». Alessio Boni ne «I duellanti», da Conrad. Lucrezia Lante Della Rovere
in «Io sono Misia», su Misia Sert, la pianista, musa della Belle Epoque, dalla
vita travagliata, tre mariti, morfina...Come spettacoli nell’accezione
classica, Valerio Binasco mette in scena «Porcile di Pasolini» con giovani
attori. Luca Ronconi verrà sarà ricordato in due giornate, nel corso delle
quali si ricorderà ciò che diceva sul teatro.
Omaggio alle coreografie di
Nureyev
La danza: Sara Baras, virtuosa del flamenco; il «Ballet du Capitol» di
Tolosa in un omaggio alle coreografie di Nureyev; Eleonora Abbagnato,
neodirettrice del corpo di ballo all’Opera di Roma, in una serata dedicata a
Roland Petit. In conclusione, il festival sembra aver riacquistato smalto e
essersi scrollato di dosso l’appannamento dell’edizione 2014, che era in
sostanza una clonazione delle precedenti. Attesissimo il recital di Juliette
Gréco, che Ferrara inseguiva da sette anni. Una mostra su Visconti con Carla
Fendi e Quirino Conti. Per il concerto finale, c’è stato un calmieramento di
prezzi (da 250 euro del passato a 70, per i posti più cari). Il manifesto è di
Botero, il budget è di 5 milioni (il ministero, principale azionista, ne dà
complessivamente 2 milioni e 700 mila).
http://roma.corriere.it/notizie/arte_e_cultura/15_maggio_08/spoleto-punta-sull-opera-le-star-baryshnikov-juliette-greco-redgrave-251b845c-f5a3-11e4-9c1c-931a52508e78.shtml
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