Roma, nelle segrete stanze di quel che rimane di Palazzo Rivaldi
Siamo entrati. Eccoci dentro Palazzo Silvestri Rivaldi, che vede il Colosseo e la Basilica di Massenzio dall'alto della collina Velia, eccoci in questa sorta di reggia del Rinascimento, nella villa abbandonata al degrado da decenni, tra ponteggi e sterpaglie. Ma ecco anche, stanza per stanza, piano per piano, i tesori nascosti, gli affreschi, i preziosi soffitti a cassettoni, i pavimenti in peperino, le decorazioni, i ninfei. Tutti in attesa della salvezza, ora che il ministro dei Beni Culturali Enrico Franceschini ha annunciato i 35 milioni stanziati per il restauro, inserito nel Piano Strategico Grandi Progetti, e la Regione ha promesso altri fondi.
Entriamo nelle sale, nella penombra, con il sole che entra a sprazzi dalle finestre e illumina le meraviglie, i dipinti pompeiani con pavoni e ghirlande dello studiolo del cardinal Alessandro dei Medici, poi papa Leone XI, in un'altra lo stemma dei Silvestri, la famiglia di quell'Eurialo, ' cameriere segreto' di papa Paolo III, che affidò a Antonio da Sangallo il progetto del palazzo nel 1536. E lo splendido affresco sul soffitto della stanza delle ghirlande, tutto verde e ocra? E i condottieri romani, i Costantino, tra i ponteggi dei restauratori nella sala degli Imperatori, forse dipinta da Perin Del Vaga e Salviati?
È un labirinto di sorprese, la sala delle Virtù con le sue ninfe, le finte architetture di Giovanni Battista Viola, la cappella di Psiche, le scene della mitologia con le dee seminude fatte ricoprire quando arrivò il "Conservatorio delle Zitelle Mendicanti". E in giardino in restauro, il nicchione- ninfeo animato da un congegno che emetteva il suono del canto degli uccelli. La svolta è arrivata una mattina dello scorso gennaio, quando ad entrare a palazzo Silvestri Rivaldi sono il ministro Franceschini, il governatore del Lazio Zingaretti e il presidente dell'Isma, la proprietà, l'Istituto Santa Maria in Aquiro, Enrico Gasbarra, pd, ex parlamentare e ex vicesindaco di Roma.
"A settembre - spiega Gasbarra - il Mibact convocherà un tavolo con noi e la Regione per mettere a punto il progetto. Palazzo Silvestri Rivaldi sarà la sede della Scuola di alta formazione del ministero, ma dovrà anche diventare un luogo di esposizioni a disposizione della città. E nel frattempo nella villa, con l'aiuto delle tre università e delle Soprintendenze, si sono aperti dei cantieri scuola e riportati alla luce molti affreschi ".
Riuscirà il " gioiello dimenticato" a risollevarsi dopo decenni di annunci, occupazioni e degrado? Alle spalle c'è una storia che dire travagliata è poco. Dopo la costruzione muore Paolo III e Eurialo Silvestri perde potere. Così inizia una sarabanda di passaggi. Da Alessandro De Medici ai Colonna, ad altri due cardinali, al ricovero delle zitelle.
Ma questo è niente. Pensate che prima il giardino scendeva fino alla Basilica di Massenzio. Invece arriva il grande sventramento di via dei Fori, che non solo spazza via tutto, ma con i muraglioni nasconde il palazzo alla vista.
Avanti. Nel 1975 passa all'Istituto Santa Maria in Aquiro. Ma lo occupano, rimangono ancora i disegni sui muri, e diventa il Convento Occupato, il più bel centro sociale della Roma democristiana. Eccovi sfilare i Rino Gaetano, i Battiato, Stefano Rosso, ma anche Tony Esposito e tanti altri.
Avanti ancora. C'è il tentativo fallito di vendita del 1990 a Don Verzè. Quindi l'abbandono. E tanti progetti generosi ma svaniti: 12 miliardi di lire stanziati dal sindaco Rutelli, ma ne valeva 30 con i suoi quattro piani e 5.300 metri quadrati. Nel 2007 altra svolta. Ospiterà, si disse, la collezione di statue dei Torlonia. Il sindaco Veltroni stanzia 11 milioni, il sindaco Alemanno li fa finire di nuovo in un cassetto. Ora si spera di nuovo
Entriamo nelle sale, nella penombra, con il sole che entra a sprazzi dalle finestre e illumina le meraviglie, i dipinti pompeiani con pavoni e ghirlande dello studiolo del cardinal Alessandro dei Medici, poi papa Leone XI, in un'altra lo stemma dei Silvestri, la famiglia di quell'Eurialo, ' cameriere segreto' di papa Paolo III, che affidò a Antonio da Sangallo il progetto del palazzo nel 1536. E lo splendido affresco sul soffitto della stanza delle ghirlande, tutto verde e ocra? E i condottieri romani, i Costantino, tra i ponteggi dei restauratori nella sala degli Imperatori, forse dipinta da Perin Del Vaga e Salviati?
"A settembre - spiega Gasbarra - il Mibact convocherà un tavolo con noi e la Regione per mettere a punto il progetto. Palazzo Silvestri Rivaldi sarà la sede della Scuola di alta formazione del ministero, ma dovrà anche diventare un luogo di esposizioni a disposizione della città. E nel frattempo nella villa, con l'aiuto delle tre università e delle Soprintendenze, si sono aperti dei cantieri scuola e riportati alla luce molti affreschi ".
Riuscirà il " gioiello dimenticato" a risollevarsi dopo decenni di annunci, occupazioni e degrado? Alle spalle c'è una storia che dire travagliata è poco. Dopo la costruzione muore Paolo III e Eurialo Silvestri perde potere. Così inizia una sarabanda di passaggi. Da Alessandro De Medici ai Colonna, ad altri due cardinali, al ricovero delle zitelle.
Ma questo è niente. Pensate che prima il giardino scendeva fino alla Basilica di Massenzio. Invece arriva il grande sventramento di via dei Fori, che non solo spazza via tutto, ma con i muraglioni nasconde il palazzo alla vista.
Avanti. Nel 1975 passa all'Istituto Santa Maria in Aquiro. Ma lo occupano, rimangono ancora i disegni sui muri, e diventa il Convento Occupato, il più bel centro sociale della Roma democristiana. Eccovi sfilare i Rino Gaetano, i Battiato, Stefano Rosso, ma anche Tony Esposito e tanti altri.
Avanti ancora. C'è il tentativo fallito di vendita del 1990 a Don Verzè. Quindi l'abbandono. E tanti progetti generosi ma svaniti: 12 miliardi di lire stanziati dal sindaco Rutelli, ma ne valeva 30 con i suoi quattro piani e 5.300 metri quadrati. Nel 2007 altra svolta. Ospiterà, si disse, la collezione di statue dei Torlonia. Il sindaco Veltroni stanzia 11 milioni, il sindaco Alemanno li fa finire di nuovo in un cassetto. Ora si spera di nuovo
By Chiara Ballestrazzi –
SONO SEMPRE DI PIÙ LE MOSTRE E LE INIZIATIVE
DEDICATE ALLA CIVILTÀ ETRUSCA. BASTI PENSARE ALLA MOSTRA IN CORSO AL MUSEO
CIVICO ARCHEOLOGICO DI BOLOGNA E ALL’IMMINENTE APERTURA DEL MUSEO ETRUSCO DI
MILANO.
Questo è senza dubbio un periodo di
particolare fermento per gli Etruschi in Italia. Al Civico Museo Archeologico
di Milano ha da poco chiuso Il viaggio della Chimera. Gli Etruschi a Milano tra
archeologia e collezionismo, preview del museo etrusco promosso dalla
Fondazione Luigi Rovati: una nuova collezione, un nuovo museo e varie
opportunità per studiosi e ricercatori.
A Bologna, invece, hanno riaperto le sale
della storica e prestigiosa collezione etrusca del Museo Civico Archeologico,
in concomitanza con il vernissage della mostra Etruschi. Viaggio nelle terre
dei Rasna. Come spiega il professor Giuseppe Sassatelli, tra i responsabili del
progetto scientifico, la mostra “è concepita in stretto collegamento con le
sale etrusche del Museo Civico, e l’ultimo segmento del viaggio che il
visitatore compie in mostra riguarda gli Etruschi della pianura padana la cui
capitale era Felsina (Bologna) e termina con un esplicito invito a salire al
primo piano per continuare la visita al Museo”, dove si esplorano i medesimi
temi approfonditi in mostra.
LA MOSTRA
L’esposizione si articola in un’introduzione
ai vari aspetti della civiltà etrusca e in approfondimenti monografici sulle
singole realtà storiche e geografiche dell’Etruria propria, padana e campana.
“La mostra è concepita come un viaggio, un doppio viaggio. Non solo negli spazi
geografici delle città e dei territori etruschi, ma anche un viaggio nei temi e
nei grandi snodi storici della lunga vita di questo popolo”. Un progetto
ambizioso, non solo per la qualità e il numero dei reperti proposti, ma anche
per la sua aspirazione retrospettiva e totale, in un ricco percorso costellato
di approfondimenti su scavi recenti e indagini in corso che ha il suo punto di
forza nella novità dei risultati presentati. L’esposizione del Museo Civico
offre “una visione aggiornata della storia di questo popolo che non solo non è
il ‘popolo delle necropoli’”, alle quali spesso il grande pubblico tende a
ridurre la civiltà etrusca, “ma è al contrario il ‘popolo delle città’”. Gli
Etruschi, infatti, “chiamavano se stessi con il nome di ‘Rasna’, che in etrusco
significa ‘città’: sono loro che hanno inventato la città superando il modo di
abitare per villaggi di tradizione protostorica, segnando un formidabile passo
avanti nella storia dell’Italia antica”.
Testa maschile di divinità, Orvieto, tempio di
Via San Leonardo, 430 420 a.C. Orvieto, Museo Archeologico Nazionale, Polo
Museale dell’Umbria
I CRITERI
Gli Etruschi sono forse un po’ defilati nel
panorama culturale italiano, meno familiari per il grande pubblico rispetto ad
altre culture del passato più frequentate nei programmi scolastici e
divulgativi. Una storia difficile da raccontare, quella etrusca, come ancora
più arduo può risultare il sempre difficile dosaggio tra il potere psicagogico
del bel pezzo e dell’allestimento in grande stile e le più proficue modalità di
avvincere il pubblico ai nodi critici ai quali risponde l’esposizione. La
mostra bolognese si basa su un allestimento evocativo, ma fortemente integrato
con una solida prospettiva storica e culturale. “La mostra ha materiali
splendidi e suggestivi, anche sul piano di un’attrattività emotiva ed
evocativa. Ma l’obiettivo che ci siamo ripromessi è quello di ricostruire
attraverso tali materiali la storia, lunga e complessa, di questo popolo. Nella
convinzione che non è assolutamente vero che per guadagnare l’interesse del
pubblico servano pezzi magniloquenti o peggio ancora soluzioni di bassa
spettacolarità”. Infatti, assicura Sassatelli, “il pubblico lo si cattura, e in
modo assai più duraturo, con solide ricostruzioni storiche che puntino sui
grandi temi e sui grandi snodi. Il messaggio deve essere chiaro, solido e
assolutamente impeccabile sul piano scientifico e su quello del rigore
espositivo. Perché, contrariamente a quanto spesso si pensa, il pubblico vuole
questo”.
LE ULTIME DAL MUSEO ETRUSCO DI MILANO
RACCONTATE DA GIOVANNA FORLANELLI, VICEPRESIDENTE DELLA FONDAZIONE LUIGI ROVATI
L’invito del Museo Civico Archeologico di
Bologna a esporre alcuni reperti delle collezioni della Fondazione Luigi Rovati
durante la mostra Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna rappresenta una delle
più preziose collaborazioni della Fondazione realizzate parallelamente ai
lavori che preparano l’apertura del futuro Museo Etrusco di Milano. Dopo due
anni di attività, il restauro del palazzo di Corso Venezia 52 si avvicina alla
conclusione: completati i lavori di scavo che porteranno alla creazione di due
piani ipogei, inizierà a breve la costruzione di tre cupole in pietra, segno
distintivo del progetto dell’architetto Mario Cucinella, che si è ispirato ai
tumuli di Cerveteri e al Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo a
Genova di Franco Albini.
In avvio anche il restauro del primo piano
nobile, mirato a restituire splendore al progetto decorativo ideato negli Anni
Cinquanta dall’architetto Filippo Perego per gli ambienti che furono abitati
dalla famiglia Rizzoli. Il ripristino del giardino e l’apertura della
caffetteria e del ristorante rappresenteranno gli ultimi passi che condurranno,
fra poco più di un anno, a dar nuova vita al palazzo e ad arricchire l’offerta
culturale della città di Milano.
https://www.artribune.com/arti-visive/archeologia-arte-antica/2020/01/mostra-etruschi-museo-archeologico-bologna/
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