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TEATRO ALL´ANTICA DI SABBIONETA
Vespasiano Gonzaga conobbe l’architetto
Vincenzo Scamozzi, allievo del Palladio, nel 1587, durante il soggiorno a
Venezia per ricevere il titolo di patrizio veneto. Scamozzi accettò l’invito
del duca di recarsi a Sabbioneta con il progetto del teatro di corte. Il 10
maggio 1588 l’architetto consegnò il disegno di uno spazio legato alla
concezione antica con importanti innovazioni che piacquero al committente.
Tornato a Venezia lo Scamozzi fu presente
nuovamente a Sabbioneta nel 1589 per seguire i lavori di costruzione, portando
con sé lo stuccatore Bernardino Quadri, artefice del loggiato corinzio interno,
e alcuni pittori che affrescarono le pareti con due archi di trionfo
all’antica, un finto loggiato con personaggi dell’epoca e una serie di
imperatori romani dipinti a monocromo.
Fece costruire la scena fissa traendo
ispirazione del trattato di Sebastiano Serlio (1475 – 1554).
Terminato il teatro nel 1590, lo Scamozzi
affermò che aveva realizzato uno spazio in grado di contenere buon numero di
spettatori, con alcuni camerini disposti da un capo (foyer) e all’atro (i
camerini per gli attori), nonché la zona per i musici. Munì il teatro di una
gradinata destinata alla nobiltà, sovrastata da una loggia per le gentildonne.
Sul palco era collocata una scena fissa formata da una prospettiva di edifici,
costruiti in legno dipinto, i quali formavano una gran piazza da cui si
dipartiva una via centrale.
La loggia è il luogo dell’epifania del
principe (manifestazione della divinità in forma visibile), nuovo imperatore
tra i Cesari dipinti che lo circondano. La copertura è a carena di nave
rovesciata; con un
a volta in cannicciato dipinta a cielo doveva dare la
sensazione di essere un anfiteatro antico. La scena priva dell’arcoscenio è
unita ai due archi di trionfo dipinti per mezzo di botteghe. La città ideale
costruita sulla scena continua nelle rovine dipinte, che testimoniano la
grandezza dell’Impero romano.
Il busto di Cibele inserito in una delle
nicchie è collocato in quanto divinità protettrice delle città fortificate, ma
anche personificazione di Sabbioneta: un gioco intellettuale tipico del tardo
Manierismo.
Non solo il teatro, ma tutta la città di
Sabbioneta trae ispirazione dai modelli classici, così come recita l’iscrizione
in lettere capitali che si ripete per quattro volte lungo la cornice marcapiano
posta sulle facciate esterne dell’edificio: “ROMA QVANTA FVIT IPSA RVINA DOCET”
(Quanto grande sia stata Roma, la stessa [sua] rovina [lo] insegna), a
dichiarare al colto visitatore il legame profondo e addirittura la matrice
creativa, tra Sabbioneta e Roma.
La città moderna voluta da Vespasiano Gonzaga,
ha infatti come costante modello di riferimento l’Urbe, ricca di vestigia
antiche, testimonianza della gloria e della potenza dell’Impero romano.
Sulle
pareti laterali del teatro, in corrispondenza dell’orchestra, racchiusi
dall’architettura dipinta di due archi di trionfo, campeggiano infatti vedute
di Roma: a sinistra, guardando la scena, è rappresentata la piazza del
Campidoglio, in cui il Palazzo Senatorio mantiene l’aspetto medievale con i due
torricini laterali, mentre il Palazzo dei Conservatori, a destra, mostra già
l’aspetto attuale.
Di fronte è riconoscibile invece la Mole Adrianea con il
ponte di Castel Sant’Angelo. Si tratta di vedute topografiche mediate dalle
incisioni tratte dal volume L’antichità di Roma di Andrea Fulvio, edito a
Venezia nel 1588, conservato al tempo nella biblioteca ducale.
Sopra l’arco del Campidoglio la scritta:
QVANTVM ROM(ae) (extat) A RVINA D(icatum), e sulla Mole Adrianea la dedica
all’imperatore Rodolfo II, che aveva innalzato Vespasiano al rango di duca:
D(ivo) RVDOLFO II CAES(ari).
Sull’acroterio, ovvero sulla sommità, sono
collocate le statue in stucco di Ercole, Minerva, Nettuno, Bacco, Artemide
(Diana), Apollo, Mercurio, Venere, Marte, Efesto, Era e Giove.
Le effigi dei Cesari sono dipinte a monocromo
a figura intera sulla parete di fondo della loggia.
L’imperatore centrale è
Tito Flavio Vespasiano, il quale si sfila la corona d’alloro per porgerla al
duca, che durante le rappresentazioni lì si trovava assiso, quasi a ricevere
l’investitura cesarea della sua “Novella Roma”.
Nelle nicchie alle estremità del colonnato si
riconoscono, a destra i busti degli imperatori Augusto e Traiano, a sinistra
Alessandro Magno, il più grande condottiero dell’antichità, posto a celebrare
le virtù guerriere del duca di Sabbioneta.
Dal 1996 il vuoto quasi metafisico del
palcoscenico è stato riempito con una fantasiosa ricostruzione della scena
perduta.
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