Ph. Fadil Berisha
Solo poche settimane sono trascorse dalla
splendida edizione dell'Eugenio Onegin in scena al Teatro dell'Opera di Roma e,
come per tutti, anche la vita di Saimir Pirgu è cambiata. La sua squisita
musicalità e la bellezza del fraseggio possono risuonare oggi solo fra le
pareti della sua casa. La sensibilità dell'artista traspare in quel che dice,
schiettamente, mentre parla di ruoli futuri e passati e di come la
quotidianità, la routine e l'agenda lavorativa siano state sconvolte dalle
restrizioni necessarie alla lotta contro il nemico silente eppur veloce che
minaccia il mondo intero.
Amneris vagante riprende il discorso proprio
da dove si era interrotto, da Lenskij, ponte ideale tra passato, presente e
futuro ma anche porta che introduce al mondo musicale (e non) di Saimir Pirgu.
Ripensando al suo entusiasmante debutto nel
ruolo di Lenskij al Teatro dell’Opera di Roma com’è stata la sua marcia di
avvicinamento al personaggio e per quanto tempo lo ha studiato? Pensa di riprenderlo?
Lenskij è uno di quei bellissimi ruoli che un
tenore spera sempre di cantare. Devo ringraziare il Maestro James Conlon che ha
avuto l’idea di propormi questo ruolo e che mi ha voluto fortemente, in quanto
convintissimo che avrei potuto cantarlo molto bene. Aprendo lo spartito ho
cominciato dall’aria e da lì ho iniziato ad immergermi nel mondo di
Tchaikovsky. Sono andato alla ricerca dei momenti cruciali dell’opera così che,
man mano che andavo avanti nello studio, mi convincevo che il Maestro aveva
avuto ragione a volermi scritturare per la produzione romana. Nella
preparazione ho poi avuto un valido appoggio dai vocal coaches del Met che mi
hanno aiutato a comprendere meglio il personaggio. Mi sono concentrato sulla
storia, sul contesto storico, sul romanzo di Puškin e infine sono passato ad
ascolti del passato finché non ho trovato il "mio" Lenskij, ma
continuando sempre il lavoro di labor limae. A debutto avvenuto e a distanza di
qualche settimana dall'ultima recita romana, mi sento di dire che è uno dei
ruoli più belli che abbia mai cantato e spero di riproporlo presto. Ovvio che
l’entusiasmo di pubblico e critica mi hanno reso felice e mi auguro di
riprendere presto il personaggio .
Lenskij che ruolo occupa all'interno della sua
carriera?Lo vede come una sorta di punto di svolta verso un repertorio più
spinto?
In questo momento lo sento pienamente in linea
con il fisiologico cambiamento vocale. Il naturale sviluppo della voce, dal mio
punto di vista, va costantemente assecondato e deve procedere con gradualità.
Motivo in più per essere contento che il ruolo sia arrivato al momento giusto
sia per quanto riguarda la mia maturità artistica chequella vocale.
Questo momento di grave incertezza dovuto alla
pandemia di corona virus sta causando la sospensione dell’attività teatrale in
Europa e nel mondo intero. La vede come un’opportunità per ripensare alla sua
carriera e al suo futuro o come una costrizione? Attualmente lei dove si trova?
La mia generazione e quella precedente non
sono abituate a situazioni del genere, ma da albanese ho conosciuto momenti
difficili, in primis la crisi del periodo post comunista. Questa nuova
emergenza è arrivata però in modo inaspettato, e avendo ormai dimenticato cosa
sia la guerra, ci troviamo a doverne combattere una, sofisticata e tecnologica,
che non vediamo, annusiamo e percepiamo. Nonostante tutto sono fiducioso e
fermamente convinto che supereremo anche questo periodo di difficoltà. Al
momento mi trovo in Italia e come tutti sono chiuso in casa che finalmente mi
sto godendo. Sono in giro per il mondo per più di 300 giorni all’anno, quindi
sto approfittando di questa situazione per pensare, riflettere, studiare,
leggere, guardare e ascoltare. Il mio modo di prepararmi a tornare in teatro
più forte di prima è proprio questo.
A questo proposito avere molto più tempo del
solito da dedicare allo studio come influisce sui suoi ritmi quotidiani? E come
vive l'assenza dal palcoscenico?
Ovviamente non posso cantare giornate intere
sia perchè l’organo fonatorio è vivo e non bisogna abusarne, sia perché non è
il caso di disturbare il vicinato che già mi sopporta abbastanza. Canto il
giusto e ritengo che anche studiare stando in silenzio sia estremamente
proficuo. Di certo questa situazione è per me del tutto anomala e un po’
forzata; il tempo, una tra le cose più preziose fino a pochi giorni fa, è
d’improvviso diventato tantissimo, molti sono i momenti di ripiegamento ed
inevitabili quelli di vuoto in cui sopraggiunge la malinconia. Sin da bambino
ho deciso che la musica sarebbe stata la mia vita e così è stato. Quindi non
sono preparato a fare altro e non è facile star lontano dal palcoscenico dopo
averlo vissuto con intensità per 18 anni. E’ un periodo difficile e mi auguro
che questo male possa essere sconfitto quanto prima e che la normalità, la
quotidianità che tanto rimpiangiamo possa essere al più presto restituita a
tutti.
Teatro dell'Opera di Roma - Eugenio Onegin -
Ph. Yasuko Kageyama
Proprio il maggiore tempo a disposizione le
consente di studiare approfonditamente nuovi ruoli. Quali sono? Quali programmi
futuri a breve o medio termine ha?
In realtà stavo preparando l’Amleto di Faccio
che sarebbe dovuto andare in scena a fine mese a Verona. Con l’ondata di
restrizioni e la chiusura dei teatri il progetto è stato abbandonato ed è un
peccato in quanto mi stavo appassionando a questa scrittura musicale
completamente nuova per me. Attualmente si sta però tentando di
ricalendarizzarla. Il prossimo anno mi vedrà impegnato in due nuovi importanti
debutti: il primo è con I racconti di Hoffmann che canterò in una nuova
produzione all’Opernhaus di Zurigo. Questo mi consentirà di continuare
l'esplorazione del repertorio francese che ho già affrontato nel recente
passato cantando nel Werther, in Roméo et Juliette e in Carmen. Hoffmann è
senza dubbio un ruolo complesso, si avvicina però molto a quello di Faust che
ho affrontato sia nell’opera di Gounod che ne La Damnation di Berlioz, quindi
penso di riuscire a padroneggiarlo. Altro debutto a cui tengo avverrà alla
Deutsche Oper di Berlino e si tratterà di Ruggero nella Rondine. Per molti anni
ho avuto timore di accostarmici pur essendo già entrato nell'universo
pucciniano con Bohème e Butterfly. Ritengo che Puccini debba essere affrontato
sempre con cautela e lo stesso vale per il Verismo. Senza dubbio è musica ben
scritta e bellissima, ma non bisogna lasciarsi travolgere dal melodismo,
altrimenti si rischia di eseguirla con poca cura, banalizzandola. Fondamentale
è possedere una tecnica molto solida prima di affrontare Puccini, quindi fare
molta attenzione a non forzare mai poichè si tratta di una scrittura poderosa e
la tessitura è solitamente impegnativa ed insidiosa.
A proposito della costruzione di una carriera
come effettua la scelta fra i numerosi progetti che le offrono? Qual è
l'elemento a cui dà più valore nelle proposte che riceve?
In tutta la mia carriera ho sempre scelto la
qualità. Misurarmi con colleghi di valore ed avere un ottimo direttore insieme
ad un regista che conosce il mestiere sono tre componenti imprescindibili che
devono armonizzarsi. Se uno di questi elementi manca o è in sott'ordine non ci
può essere un successo pieno. D'altronde confrontarsi con individualità di
ottimo livello aiuta molto a crescere. Personalmente trovo molto stimolanti le
nuove produzioni perché sì dà più importanza al momento creativo, insieme si dà
vita a ciò che prima era solo su carta o nella mente del singolo artista. Un
lungo periodo di prove ti dà più tempo per metabolizzare e perfezionare
l'interpretazione. Non dimentichiamoci che si tratta pur sempre di "teatro
musicale".
Ripensando agli inizi della carriera la sua
parabola artistica è iniziata correttamente con Mozart e il belcanto per
arrivare oggi al repertorio prettamente lirico. Alla luce della sua esperienza
quasi ventennale cosa vuol dire per lei passare dal repertorio italiano a
quello francese e organizzare l'agenda degli impegni futuri in base alle scelte
di repertorio?
Sono orgoglioso di avere l’albanese come
lingua madre in quanto è una lingua antichissima, fra le più antiche d’Europa.
Tra l'altro è ricca di suoni e le tante lettere dell’alfabeto mi aiutano molto
a riconoscere e riprodurre i suoni di molti idiomi consentendomi di affrontare
ruoli operistici in lingue diverse. La facilità linguistica, tuttavia, non va
completamente di pari passo con quella tecnica. Cerco di non mescolare troppo i
diversi repertori e comunque mi prendo sempre del tempo per riorganizzare le
idee e la tecnica nel passaggio da un repertorio all’altro. Sebben ultimamente
canti maggiormente in italiano ed in francese, la mia matrice operistica rimane
sempre l’italiano che cerco di applicare anche alla lingua francese.
Perchè il repertorio tedesco è così ostico per
chi, come dice lei, ha una matrice operistica che affonda le radici nell'opera
italiana? A suo parere qual è la difficoltà maggiore per un cantante non tedesco/nordeuropeo
nell'affrontare quel repertorio?
La lingua principalmente, che è molto diversa
da quella latina, e la giusta maturità vocale per ogni singolo ruolo di questa
"Fach". Dopodichè sono del parere che un buon cantante possa cantare
bene tutto, proprio come hanno fatto molti grandi del passato. Io personalmente
ritengo anche che sia necessaria molta cautela nel cimentarsi con questo
repertorio che richiede, come ho già affermato, un’ulteriore maturità vocale.
Probabilmente però inserirò qualche ruolo tedesco nel prossimo decennio.
Wiener Staatsoper - Elisir d'amore- Michael
Poehn
Lei ha raggiunto ormai grande solidità e
maturità vocale grazie ad un registro centrale che si è molto irrobustito negli
anni e ad un legato impeccabile. A questo punto prevede di affrontare in futuro
ruoli più pesanti? Quali?
La mia formazione lirica è italiana e la
scuola italiana ci insegna che cantando bene e al momento giusto è possibile
cantare tutto. Lauri Volpi, Gigli, Raimondi, Corelli, Di Stefano hanno iniziato
con il repertorio leggero o lirico e si sono spostati poi verso un repertorio
più drammatico. Tutto dipende dalla salute del cantante, dalla salute della
voce e da come la si cura specialmente dal punto di vista tecnico. Ho iniziato
un ventennio fa con Elisir d’amore e Don Giovanni e continuerò ad essere aperto
ad ogni sviluppo senza paura, continuando ad ascoltare con coscienza
l’andamento filsiologico della mia voce e a sperimentare i nuovi ruoli con le
dovute cautele.
Proprio la sua estrema integrità interpretativa
e la sua affidabilità la mettono oggi in una posizione di forza nei confronti
dei grandi teatri che la scritturano. Ritiene di avere una maggiore capacità
propositiva nel suggerire ai direttori del cast ruoli che le piacciono e che
desidera affrontare?
Dipende, alcune volte sì ed altre no, dipende
dal casting director o dal sovraintendente, da quanto loro amino e si fidino
dell’artista e soprattutto anche dalla loro competenza. Ci sono teatri in cui
spesso e volentieri mi è stato chiesto un suggerimento, in altri invece non si
lascia spazio ai desideri degli artisti. Il mondo è cambiato ed è ormai chiaro
come anche il livello delle competenze si sia abbassato. Nel nostro mondo
assistiamo spesso a scambi di ruolo e posizioni al vertice, il che porta ad
azioni e scelte ambigue all'interno dei teatri che arrivano anche a negare ciò
che è evidente. Ciononostante bisogna sempre andare avanti e, personalmente,
rimango sempre dell’idea che il talento sia il miglior biglietto da visita.
Alla luce di queste considerazioni ritiene di
essere padrone della sua vita artistica? Le è mai capitato di sentirsi invece
un po’ prigioniero del sistema che oggi impone ai cantanti di fama come lei
ritmi incalzanti?
Sono padrone delle mie scelte artistiche,
purtroppo meno della mia vita artistica. Rispetto al passato si sono verificati
cambiamenti sostanziali. Per iniziare le distanze che si sono accorciate
enormemente, e poi l'abolizione di una virtuale "classifica" dei
teatri. Si canta ovunque e non esiste più il cantante “di un teatro”, così il
singolo ha sempre meno potere contrattuale nonostante possieda indubbie
capacità artistiche e attrattiva nei confronti del pubblico. La globalizzazione
ha aperto le frontiere e i cantanti bravi, seppur pochi, sono ovunque. Spesso,
però, si investe sulle giovani leve che magari non sono pronte ad affrontare
ruoli e repertorio di un certo impegno. Così facendo si impedisce loro di
crescere e maturare, imponendo ritmi scellerati che in molti casi ne
danneggiano la vocalità. Altro tasto dolente è quello delle riprese di
produzioni già collaudate. In quel caso si va in scena con pochissimi giorni di
prove, il che comporta un enorme dispendio di energia e concentrazione per gli
artisti con un risultato finale che non sempre è soddisfacente. Purtroppo non
possiamo far altro che adattarci sforzandoci di salvaguardare sempre i valori
che per noi sono i più importanti. La speranza per un cantante è quella di
essere sempre in salute e credere in quello che sta facendo.
Da albanese non residente quale lei è, il suo
legame con la madre patria oggi com’è? A parte l’emergenza corona virus riesce
a tornarci quando e quanto vuole?
Continuo ad avere un legame fortissimo con il
mio paese e, non appena ne ho l’occasione, torno sia per rivedere la mia
famiglia sia per trascorrere qualche vacanza al mare con gli amici.
Per finire, un progetto importante nel futuro
a cui tiene molto e un personaggio del passato a cui è legato e che sa di non
poter più affrontare a seguito della naturale evoluzione della voce.
Ph. Fadil Berisha
Comincio dalla seconda parte della domanda.
Sono molto legato ad un ruolo in particolare: Nemorino. L'ho sempre cantato con
grandissimo piacere e mi ha accompagnato fino ad oggi. L’ho visto crescere con
me anche se, man mano che la voce si irrobustiva, diventava sempre più
difficile realizzare certe nuances che invece sgorgavano con grande semplicità
sin da quando, a 22 anni, ho debuttato nell'Elisir d'Amore all’Opera di Vienna.
In compenso oggi riesco ad infondere nuovi colori al mio Nemorino, il che mi fa
ben sperare di poterlo mantenere ancora a lungo in repertorio. A malincuore
devo però ammettere che alcuni ruoli mozartiani non sono più nelle mie corde,
mentre personaggi come Idomeneo e Tito (che hanno altro peso vocale) continuerò
ad eseguirli ancora. Mi chiedeva di un ruolo che vorrei affrontare in futuro,
ebbene io ho un sogno probabilmente irrealizzabile perché appartenente al
repertorio spinto: Des Grieux in Manon Lescaut. Temo che, nonostante il grande
amore che ho sempre nutrito verso quest'opera, mi limiterò ad ascoltarla
nell'interpretazione dei grandi tenori del passato.
https://amnerisvagante.wordpress.com/2020/03/27/conversando-con-saimir-pirgu/
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