Si festeggia oggi, 25 marzo, il Dantedì, la giornata dedicata al poeta e
padre della lingua italiana Dante Alighieri.
"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza"
( Inferno vv.118-120, Canto XXVI)
I versi di Dante tornano alla mente di ognuno nei momenti più incredibili e
inaspettati, strappandolo via dalla situazione nella quale si trova e catapultandolo
nel mondo dei ricordi, delle terzine imparate a memoria sui banchi di scuola e
poi studiate di nuovo, con infinito piacere, negli anni della maturità. Ed è
così che Dante fa capolino anche ad Auschwitz, in una delle parti più toccanti
e liriche di "Se questo è un uomo" di Primo Levi.
Jean, il compagno di prigionia alsaziano di Levi, gli dichiara il suo amore per l'Italia e la
volontà di imparare l'italiano. E Levi inizia improvvisamente a pensare a
Dante:
"Chi è Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di
novità si prova, se si cerca di spiegare in breve che cosa è la Divina
Commedia, come è distribuito l'Inferno, cosa è il contrappasso. Virgilio è la
Ragione, Beatrice è la Teologia".
A quel punto riaffiorano dentro di lui i versi del celebre Canto XXVI
dell'Inferno dedicati ad Ulisse e la sua fame e ingordigia di conoscenza. Dante
diventa la lingua e la lingua la casa che per alcuni istanti riaccoglie con
l'Uomo, non fatto per vivere come un bruto ma per inseguire e perseguire il
sapere.
Dante significa casa per Giorgio Bassani, che costruisce la struttura del
"Giardino dei Finzi-Contini" senza perdere mai di vista la Commedia e
lascia tanti piccoli indizi e citazioni pronti per essere colti dai lettori e
gli amatori del ghibellin fuggiasco. Rivelatore della passione di Bassani è
anche il meno noto "Dietro la porta", romanzo breve che racconta la
vita tra i banchi del liceo di Ferrara, il cui protagonista fa del verso
dantesco "L’essilio che m’è dato, onor mi tegno" il suo motto.
Esule, minacciato di morte, aggrappato alla sua identità e alla patria,
Dante riecheggia anche in Giorgio Voghera, scrittore e ultimo testimone
dell'età d'oro di Trieste, nella quale Umberto Saba e Italo Svevo diventano due
campioni rispettivamente della poesia e della prosa del Novecento.
Scappato nella Palestina mandataria per sfuggire alle persecuzioni
nazifasciste, Voghera nel suo "Quaderno d'Israele" sembra aggrapparsi
ai celebri versi del primo canto infernale "E come quei che con lena
affannata/ uscito fuor del pelago a la riva/ si volge a l'acqua perigliosa e
guatta, / così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,/ si volse a retro a rimirar lo
passo/ che non lasciò già persona viva".
Perché anche se si è lontani, anche se immersi nelle difficoltà della vita,
nelle peripezie, gli imprevisti, le fughe e i ritorni, i versi di Dante
Alighieri continuano a significare casa, lingua comune, umanità.
Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah - MEIS
Via Piangipane, 79/83 - 44121 Ferrara (Italia)
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