MERCATI DI TRAIANO
Mostra: 1932, l’Elefante e il Colle Perduto
Che un tempo a Roma ci fossero gli elefanti ve lo avevo già detto a proposito del Museo di Casal de’ Pazzi, ora ad un elefante “romano” molto speciale è dedicata la mostra “1932, l’Elefante e il Colle Perduto” allestita – fino al prossimo 5 marzo- negli spazi dei Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali.
Una piccola mostra, che con i suoi circa cento pezzi esposti, rappresenta un motivo in più per visitare Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali. Vi dico sinceramente che quando mi hanno invitato a visitarla ho accettato con entusiasmo, un po’ perché mi piace sempre tornare ai Mercati di Traiano, che trovo un posto molto suggestivo, ma soprattutto perché ero molto incuriosita da questa storia dell’elefante.
Un piccolo viaggio nel tempo
La mostra ripercorre la trasformazione urbanistica che Roma subì In quegli anni, in particolare con la distruzione della collina Velia per far posto ad una nuova arteria cittadina: Via dell’Impero, ovvero l’attuale via dei Fori Imperiali.
I lavori durarono 2 anni, dal 1931 al 1932, nel corso dei quali la collina Velia, che si estendeva tra le pendici dell’Oppio e le propaggini del Palatino, separando l’area dei Fori Imperiali dal Colosseo, fu sventrata.
L’intento era quello di collegare diverse parti della città (piazza Venezia, via Cavour e il rione Celio e il rione Esquilino) e al tempo stesso dare vita ad una grande strada monumentale che collegasse Piazza Venezia al Colosseo, il tutto con una quinta scenica unica al mondo contrassegnata da alcuni dei monumenti più importanti della città antica.
Il prezzo pagato dal patrimonio artistico e archeologico, a causa di questo sbancamento, fu molto alto. Si iniziò con lo smantellamento pressoché totale del giardino di Villa Rivaldi, che si estendeva sulla sommità del colle fino alle spalle della Basilica di Massenzio. Fu quindi intaccata la stratificazione archeologica, che si rivelò ricchissima di testimonianze di epoca romana, in particolare i resti di una domus con affreschi ben conservati e numerose statue.
Tutti elementi che possiamo ritrovare nelle prime tre sezioni della mostra che illustrano e documentano – reperti archeologici, progetti grafici, oggetti d’arte e video, alcuni esposti per la prima volta – l’intervento di sbancamento della collina, con i progetti di sistemazione architettonica e le modalità di raccolta dei materiali archeologici rinvenuti; il complesso monumentale di Villa Rivaldi, fortemente manomesso dai lavori e le testimonianze di una ricca domus rimasta in uso per lungo tempo in epoca imperiale;
E allora che c’entra l’elefante?
I resti fossili di un Elephas (Palaeoloxodon) antiquus furono rinvenuti – alla base della collina Velia – proprio durante questi lavori. Elefante al quale è dedicata la quarta e ultima sezione della mostra.
La sua scoperta avvenne il 20 maggio 1932 insieme ad altri resti di fauna fossile. Quelli dell’elefante – il cranio e la zanna di elefante – fecero molto scalpore e della notizia si occupò anche la stampa dell’epoca.
Per farvi capire la portanza di questa scoperta vi dico solo che Antonio Muñoz, Direttore della X Ripartizione Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma e supervisore dei lavori, scrisse che “qui, sotto la collina della Velia era il giardino zoologico della Roma preistorica“.
I lavori per il recupero dell’elefante si svolsero molto rapidamente, i resti dell’animale però furono trasportati nell’Antiquarium Comunale del Celio e lì rimasero, dimenticati.
In mostra i visitatori potranno vedere personalmente i resti del cranio e della zanna sinistra di questo elefante antico che fu rinvenuto nello strato geologico situato a circa 11 metri dalla sommità della collina.
Ma anche alcuni dipinti (due acquerelli di Barosso e un olio di Ferretti) che mostrano sia le fasi di apertura del taglio della Velia, con il primo apparire del
Colosseo e sia resti dell’elefante adagiati in corrispondenza del tracciato della via dell’Impero.
I dipinti presenti in mostra testimoniano anche il gusto dell’epoca, che preferiva affidare alla pittura, più che alla fotografia, la riproduzione delle immagini. Negli anni Trenta, infatti, la fotografia era qualcosa come un semplice metodo meccanico di riproduzione di immagini, poco capace a rendere il fervore dei lavori in corso o a documentare in maniera appropriata i frequenti rinvenimenti di antichità.
Quando visitare la mostra
Tutti i giorni 9.30-19.30
MARCO GIORDANO
Marking his first solo-exhibition at The Modern Institute, Glasgow-based artist Marco Giordano presents ‘To Disturb Somnolent Birds’, a new installation that focuses on his on-going interest in hypnagogia – the lucid phenomena experienced within the brief transitional state between wakefulness and sleep.
Utilising the unique atmosphere of the gallery’s Bricks Space, Giordano seeks to stimulate the visual, tactile, auditory and other sensory hallucinations that occur at the threshold of consciousness.
Centrally, a series of resin sculptures are displayed atop a replica of the improvised work bench in Giordano’s studio, where the bird-like forms rotocast in coloured resin from clay models, studio ephemera and organic materials, pulsate with fluctuating light, illuminating the darkened space.
Reminiscent of night-lights, the distorted silhouettes warp in and out of focus
as if drowsy with the onset of sleep.
Produced in collaboration with composer
Alessio Dutto and vocalist Andrea Silvia Giordano, the artist has written an
accompanying lullaby combining the human voice and electronic sounds. Played
through speakers installed within the cast buckets on which his working surface
is raised, the entire structure reverberates with ambient sound.
From Federico García Lorca’s lecture, ‘On
Lullabies’, 1928, Giordano derives both the exhibition’s title and a reference
point for a body of work that desires not to delineate nor define, but suggest
and stimulate, imagining and animating the liminal space space between the corporeal
experiences of waking life and mental wilderness of sleep.
Accompanying Giordano’s exhibition is an essay
by Glasgow-based writer, Ari Níelsson.
Marco Giordano (b. 1988 in Turin; lives and
works in Glasgow)
Selected solo exhibitions include: ‘My Mouth
in your Mind’, Frutta, Rome (2019); ‘Lo sono nessuno! Tu come stai?’, Art
Verona, Verona (2018); ‘Conjunctive Tissue’, curated by Giulia Colletti, KaOZ
(Manifesta 12 Collateral Event), Palermo (2018); ‘I’m Nobody! How Are You?’,
Glasgow International Festival (2018); ‘Conjunctive Tissue’, Lily Brooke,
London (2018); ‘Conjunctive Tissue’, curated by Giulia Colletti, Civic Room,
Glasgow (2017); ‘Pathetic Fallacy, Il Colorficio, Milan (2017);
‘Self-fulfilling Ego, Jupiter Artland, Edinburgh (2017); ‘CUTIS’, Glasgow
Project Room (2017); ‘Asnatureintended’, Frutta, Rome (2016) and ‘Marco
Giordano/Gabriella Boyd, Glasgow International (2016).
https://www.themoderninstitute.com/artists/marco-giordano/exhibitions/to-disturb-somnolent-birds-2020-02-01/6977/
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