Tutto inizia con Luchino Visconti.
Grazie a lui il pubblico italiano viene in
contatto nel secondo dopoguerra con i testi della nuova drammaturgia americana,
con la loro carica analitica volta a raccontare la controversa e crudele
società americana. Gli autori dei testi d’avanguardia del vivace teatro
statunitense cominciano a sottolineare la crisi del “sogno americano”.
Raccontano la debolezza dei valori di una società fondata sulla ricerca
ossessiva del benessere materiale. Mettono in luce la fragilità dell’individuo
perennemente in preda alle sue psicosi.
Ed è durante le prove a Firenze dello
spettacolo La via del tabacco dell’americano Erskine Caldwell che la vita di
Franco Zeffirelli si intreccia con quella di Visconti: “Aveva avuto l’idea di
aggiungere al copione di Caldwell il personaggio di una vecchia nonna, muta
testimone dal principio alla fine delle storie degli altri”.
Il giovanissimo Zeffirelli porta così a
Visconti dall’ospizio di Monte Domini, una “vecchina piccola piccola,
saltellante come un uccellino”, Virginia Garattoni, ex-circense. Visconti la
vede e la definisce “Mi-ra-co-lo-sa!”. Il ghiaccio è rotto.
Da quel momento Franco Zeffirelli inizia il
suo percorso al fianco di Luchino Visconti come scenografo e aiuto regista.
La via americana di Visconti
1947. Tennessee Williams scrive Un tram che si
chiama desiderio. Il dramma viene rappresentato a Broadway nel dicembre 1947
con Marlon Brando, Jessica Tandy, Kim Hunter e la regia di Elia Kazan, restando
in scena per ben 855 repliche. Pochi mesi dopo, Williams vince il Premio
Pulitzer per la drammaturgia.
Nel 1951 Elia Kazan lo traspone per il grande
schermo. Nel cast mantiene tutti gli attori della versione teatrale, tranne
Jessica Tandy, nel ruolo principale di Blanche, che fu sostituita da Vivien
Leigh. Della sceneggiatura si occupa lo stesso Williams.
È Visconti a portare in Italia i personaggi
veri e terribilmente fragili del metaforico tram di Tennessee Williams. La
prima italiana a Roma, per la traduzione di Gerardo Guerrieri, è al Teatro
Eliseo, il 21 gennaio 1949. Vittorio Gassman è il brutale e feroce, ma anche
rudemente sensuale, Stanley che “possiede” la docile Stella (Vivi Gioi), moglie
dominata dalla passione selvaggia del marito. L’impeccabile Rina Morelli è
Blanche e il suo desiderio malato di essere amata. Marcello Mastroianni è
Mitch, strumento nelle mani forti e crudeli di quello Stanley che distruggerà
con la violenza e il sopruso l’ultimo barlume di razionalità della vittima
Blanche.
Vittorio Gassman e Rina Morelli, Un tram che
si chiama desiderio, 1949
Un tram che si chiama desiderio, il teatro
americano e la formazione di Zeffirelli
Con Un tram che sia chiama desiderio,
Zeffirelli firma la sua prima scenografia per Visconti. Sono anni decisivi per
la sua formazione: “Questo metodo, che era alla base del suo lavoro, indagare
sull’autore e sulle sue memorie personali, è il maggior debito che ho verso di
lui, ed è il principio del “realismo relativo” che guida ancora i miei passi e
le mie scelte.”
Un tram che si chiama desiderio fu un lavoro
importante e difficile che assicurò però a Zeffirelli il riconoscimento dello
stesso Tennessee Williams. Quest’ultimo affermò infatti che la scena realizzata
dal giovane scenografo italiano era “molto più bella e interessante di quella
di Joe Milziner a Broadway.”
Un tram che si chiama desiderio, - 1951
Chi ha paura del lupo cattivo?
Quasi 20 anni dopo, Zeffirelli è a New York
con Paula Strasberg che lo porta a vedere la nuova messa in scena di Edward
Albee, Who’s afraid of Virginia Woolf: “Non avevo dormito tutta la notte
pensando a quel capolavoro, e mi misi in testa di assicurarmi i diritti per
l’Italia e per la Francia.”
Questa volta è l’ipocrisia mortale della
classe borghese americana a trovarsi sul
palcoscenico. Sulle note della canzoncina disneyana per bambini Who is
afraid of the big bad Wolf? che i protagonisti canticchiano senza un senso
apparente, l’autore sfida lo spettatore. Gli chiede se ha il coraggio di
affrontare la cruda realtà al di là dell’illusione fallace e ipocrita.
Il racconto delle confessioni di Georges e
Martha, disinibiti dall’alcool e dall’ora tarda, portano alla luce i cocci di
un matrimonio infelice.
Difficile non vedere in quest’opera di sapore
così fortemente esistenzialista e nelle sue forme di narrazione, alcune delle
opere fondamentali del Teatro dell’Assurdo come la La cantatrice calva di
Eugene Ionesco!
Benché scettico sul successo in Italia di una
storia così legata alle dinamiche della società americana, Albee concede i
diritti a Zeffirelli per la rappresentazione dello spettacolo: “La mia
vocazione ardentissima era quella di portare in Italia il meglio del teatro
classico e internazionale: una peste che mi aveva attaccato Luchino, il re
degli incauti sognatori.”
Lo spettacolo messo in scena da Zeffirelli
nell’ambito del Festival Internazionale del teatro di Prosa di Venezia
(Biennale Teatro) ottiene un successo strepitoso, grazie anche alla
partecipazione di grandissimi attori come Sarah Ferrati, Enrico Maria Salerno
(Premio San Genesio come miglior attore) e Umberto Orsini.
Chi ha paura di Virginia Woolf - teatro
americano
Pochi anni dopo il successo di Chi ha paura di
Virginia Woolf?, il 22 ottobre 1964 debutta a Roma Dopo la caduta, dramma scritto
dal genio consacrato della drammaturgia americana Arthur Miller. Il dramma è
dedicato alla ex moglie Marilyn Monroe a solo due anni dalla sua tragica morte.
In questa occasione Zeffirelli lavora con Giorgio Albertazzi all’indomani dello
straordinario successo di Amleto: “Con Giorgio lavorammo ancora, poco dopo, con
un altro spettacolo che fece epoca, un testo difficilissimo di Arthur Miller
che era letteralmente un requiem per la cara Marylin: Dopo la caduta. Fu
l’occasione per avere accanto a noi un’attrice giustamente famosa come Monica
Vitti, che ci regalò una straordinaria testimonianza del suo talento.”
L’interpretazione di Monica Vitti convince il
pubblico italiano e la critica, imprimendo una sua chiave interpretativa al
personaggio di Maggie, la protagonista. In più interviste rilasciate
dall’attrice all’epoca, critica Miller accusandolo di aver relegato Marilyn nel
ruolo di diva isterica e non in quello più autentico di creatura indifesa e di
vittima.
Ma non finisce qui. Zeffirelli tornerà a Albee
nel 1967 con Un equilibrio delicato per cui lo scrittore ottiene in quello
stesso anno il Pulitzer per la drammaturgia.
https://www.fondazionefrancozeffirelli.com/pilloledispettacolo/il-teatro-americano-e-la-crisi-di-un-sogno/?utm_source=Fondazione+Franco+Zeffirelli+Onlus&utm_campaign=0df9d9ef1b-NL_PILLOLE+DI+SPETTACCOLO_TEATRO+AMERICANO&utm_medium=email&utm_term=0_65b215f109-0df9d9ef1b-332252417
No hay comentarios:
Publicar un comentario