È morto a Londra Graham Vick, grande regista d'opera visionario, intellettuale, a suo modo trasgressivo, capace di rileggere i titoli della tradizione lirica con uno sguardo personalissimo proiettato nel presente, eppure sapendone sempre cogliere la sostanza universale attraverso il rapporto conflittuale tra essere umano e società. Aveva 67 anni.

In Italia era di casa. Fin dagli anni Ottanta, quando nel piccolo e sofisticato festival maremmano di Batignano lavorò sull'incompiuta Zaide di Mozart completata, nei dialoghi mancanti, da Italo Calvino. Da allora ha allestito spettacoli in quasi ogni nostro teatro: dalla Scala, con la direzione di Riccardo Muti (Otello e il celebre Macbeth dominato da un cubo gigantesco), al Maggio fiorentino (una Lucia di Lammermoor ambientata in un prato di erica e vigilata da una grande luna, che ha girato il mondo), al Rossini Opera Festival, dove nel 2013, in Guglielmo Tell, la scena clou, assai violenta, rappresentava con fosca evidenza la prevaricazioni di un popolo di dominatori su un altro sottomesso. In questi giorni viene ripresa a Bologna la sua Bohème di tre anni fa, priva del sentimentalismo pucciniano, porta in scena una generazione perduta di giovani d'oggi. A settembre il festival Verdi di Parma (dove Vick, nel 2017, aveva messo in scena un discusso Stiffelio con il pubblico in piedi mescolato all'azione) proporrà lo spettacolo a cui stava pensando adesso: Ballo in maschera, affidato alle cure di Jacopo Spierei.