Grande concerto del Maestro a Erevan. Eseguito anche il "Purgatorio" di Mansurian
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È a Erevan, la capitale di un'Armenia sempre
più piccola e ferita, che ieri nel teatro Nazionale si è tenuto il concerto
delle Vie dell'Amicizia, il progetto che Cristina Muti avviò all'interno del
Ravenna Festival nel 1997 per portare messaggi di speranza in luoghi di
sofferenza. E qui, di fatto, si continua a soffrire. «Ormai non sentiamo più il
dolore», spiegano ventenni e trentenni per i quali il genocidio del 1915 è un
racconto, mentre è una realtà vissuta sulla propria pelle il conflitto con
l'Azerbaijan chiuso lo scorso novembre, recente ma dalle antiche radici. È
questo un lembo di terra martoriato, una enclave cristiana in un'area
prevalentemente islamica, nella morsa fra Turchia e Azerbaijan, tra il Mar Nero
e il Mar Caspio, in sintesi: strategica. «È un Paese culla di una civiltà di
cui tutti vogliono mangiare un pezzo concludendo un olocausto iniziato il
secolo scorso. Paese tra i più dimenticati del mondo», spiega Cristina Muti. Su
ogni edizione della Vie dell'Amicizia ha posto la firma il direttore
d'orchestra Riccardo Muti che ieri ha diretto l'Orchestra Cherubini tutt'uno
con musicisti dell'Orchestra Nazionale Armena e il Coro cameristico Statale
Armeno, solisti l'italiano Giovanni Sala e gli armeni Minasyan e Baveyan. Già
20 anni fa Muti aveva diretto a Erevan. «Sono qui per riaffermare un rapporto
culturale e di amicizia» ha spiegato il Maestro che con la moglie Cristina ha
ricevuto l'Ordine dell'Amicizia insignito dal Presidente armeno. «Io credo
moltissimo nel fattore culturale. Sono convinto che il futuro della musica
avverrà quando le culture di più popoli, dalla coreana all'argentina, nessuna
esclusa, integrandosi daranno origine a nuovi discorsi. Io non farò in tempo a
vedere tutto questo, però bisogna continuare a promuovere la musica d'oggi per
far in modo che venga fuori il profeta, il Messiah», e il pensiero va a Bach,
culmine di un antico mondo e avvio di una nuova era musicale. E di fatto, ieri,
a sigillo di un programma composto dal Te Deum di Haydn, Kyrie K 341 di Mozat e
Messa n. 2 di Schubert, c'era il Purgatorio del compositore armeno Tigran
Mansurian, una prima assoluta commissionata dal Ravenna Festival per
l'anniversario di Dante. Mansurian ha confessato di aver «provato tre volte a
comporre questa partitura. Stavo per abbandonare tutto quando è arrivato il
sostegno di Muti. Scrivere una partitura ispirata a un gigante come Dante,
tenuta a battesimo da Muti, è un sogno che si avvera» dice questo figlio della
diaspora, nato in Libano nel 1939, tornato a Erevan e vincitore di un Grammy
per il suo Requiem in omaggio alle vittime del genocidio.
Mansurian si è ispirato al primo e undicesimo
Canto del Purgatorio consegnando una pagina senza spazio, tempo e materia:
rarefatta. «Noi cattolici italiani vogliamo sapere tutto. Nella liturgia armena
c'è invece questo fascino del mistero. Pascal dice Il cuore ha le sue ragioni
che la ragione non può comprendere. Infatti la musica ci porta verso il mistero
e la musica porta alla comunione dei popoli. Questa sera ne è un esempio:
abbiamo un'orchestra italiana, con musicisti armeni, un coro armeno, ma abbiamo
sentito tutti allo stesso modo», ha spiegato Muti che riproporrà Purgatorio il
12 settembre a Ravenna per l'anniversario di Dante. In tema di anniversari:
Muti il 28 luglio compie 80 anni. «Non faremo niente di speciale» assicura la
moglie, «al regalo non ho pensato, ma gli ho appena regalato due asini, Gaetano
e Lampo, sono nella casa di campagna». E comunque, l'indomani, il 29 luglio,
Muti terrà un concerto al Quirinale per la riunione dei Ministri della Cultura
del G 20, e così incontrerà per la prima volta anche Mario Draghi. «Il 30
luglio il Conservatorio di Napoli (ndr dove ha studiato) mi fa una grande festa
e il 31 dirigerò i giovani dell'Orchestra di Scampia», dice orgogliosamente Muti.
Una festa già iniziata qui in Armenia dove il concerto di ieri ha fatto il tutto esaurito, è stato accolto calorosamente, ripreso dai media, e soprattutto sostenuto dagli stessi Armeni: ormai solo tre milioni di abitanti, di cui la metà concentrati nella capitale, ma sono circa sette quelli sparsi e spesso affermati nel modo. Affermati perché il dolore forgia gli animi. Seguiremo dunque gli sviluppi della talentosa pianista Maya Oganyan, 15 anni, armena nata a Mosca ma dall'età di cinque a Venezia. Con l'orchestra Filarmonica Armena sabato è stata protagonista di un concerto in omaggio a Muti.
Sul pass di noi giornalisti, campeggia
l'immagine del titanico teatro, il profilo del Maestro e la montagna-logo del
Paese. È il monte Ararat, 5mila metri d'altezza. Dell'Ararat, però, all'Armenia
rime solo il fondo valle. La cima è da un bel pezzo entro i confini turchi.
https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/muti-incanta-larmenia-culla-musica-e-dolore-1959837.html
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