martes, 30 de agosto de 2022

BIENNALE ARTE DI VENEZIA: IL LATTE DEI SOGNI È UNA MOSTRA DI CORPI, STOFFA E TERRA

Cecilia Alemani porta a Venezia opere che sembrano una fuga dal reale, una nuova utopia conciliante, e altre che affrontano il reale per quello che è

Di VITO DE BIASI

Corpi fatti di stoffa e corpi fatti di terra. Se dovessimo azzardare un’estrema sintesi di quello che si è visto nel Latte dei sogni, la maxi mostra tra Giardini e Arsenale curata da Cecilia Alemani per la 59ma Biennale, potremmo usare questa formula. Naturalmente c’è molto altro, ma corpi di stoffa e corpi di terra sembrano effettivamente cose che vedremmo soltanto in sogno. Si parte da lì, dal titolo di un racconto per bambini dell’artista surrealista Leonora Carrington, nel quale le metamorfosi dei corpi sono esaltanti ma anche inquietanti, fanno paura e rassicurano al tempo stesso, come in qualunque fiaba. L’impostazione di Alemani è la stessa: ha scelto opere che sembrano una fuga dal reale, una nuova utopia conciliante, e altre che affrontano il reale per quello che è, fatto di dominio e sottomissione, potere e ribellione: “molte delle artiste e degli artisti inclusi in mostra immaginano una condizione postumana che sfida la moderna visione occidentale dell’essere umano come fulcro immobile dell’universo e misura di tutte le cose”, si legge all’ingresso. La mostra è infatti a maggioranza femminile e si apre molto più che in passato alle culture indigene lontane dall’eurocentrismo con cui leggiamo il mondo da queste parti.

Nelle prime sale del padiglione centrale ai Giardini troviamo già la stoffa, nei quadri a maglia di Rosemarie Trockel e nelle sculture morbide di Mrinalini Mukherjee. I primi sono monocromi ricamati invece che dipinti, mentre le figure di Mukherjee sono imponenti come divinità ma sono fatte di aperture e viluppi che richiamano direttamente l’anatomia femminile. Altrove, all’Arsenale, si ritrovano invece gli arazzi di Violeta Parra, la famosa cantautrice cilena, i ricami di pailettes e perline di Myrlande Constant e i lavori soffici e tridimensionali, potremmo chiamarli tappeti-sculture, di Safia Farhat. C’è una forte presenza dell’arte tessile, tradizionalmente femminile, selezionata anche per rivalsa, per promuovere la rivalutazione di un fare spesso confuso con l’artigianato. Proprio il tessile era una delle poche discipline cui potevano accedere le studentesse della Bauhaus, e non è un caso che la prima capsula del tempo allestita da FormaFantasma si trovi lungo il percorso ai Giardini subito dopo i quadri e le sculture di lana. È quasi una parentesi museale all’interno della maxi mostra, si intitola La culla della strega e raccoglie le opere delle donne più o meno conosciute del surrealismo, del futurismo e della Bauhaus: anche qui c’è la stoffa, quella degli abiti nelle fotografie di Claude Cahun e Gertrud Arndt, che mettono in scena un gioco di maschere e identità variabili usando i vestiti come protesi per il mutamento.

Ma Il latte dei sogni non è soltanto surrealismo, nonostante ci sia una presenza forte del fantastico anche nei quadri contemporanei di Cecilia Vicuña, per fare un esempio tra tanti. La “stregoneria” è anche in una seconda capsula del tempo, Corpo orbita, che raccoglie opere di poesia visiva e poesia concreta ma anche pratiche medianiche e sedute spiritiche, intese come risposta alla presunta razionalità illuministica dell’uomo occidentale, che la mostra di Alemani vuole mettere in discussione in maniera radicale. Non c’è soltanto il surrealismo, dunque, ma anche l’esoterismo, i saperi altri, forme di non-sapere à la Bataille che la storia ha sempre tenuto ai margini....................

https://www.elledecor.com/it/arte/a39802517/biennale-arte-2022-il-latte-dei-sogni-mostra-guida/

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