Il Museo di Palazzo Vecchio
offre al pubblico uno dei suoi ambienti più suggestivi e ricercati: lo Studiolo
di Francesco I de' Medici, straordinaria "guardaroba di cose rare et
pretiose" in grado ancora oggi di
restituire non solo la visione del mondo naturale nel Cinquecento ma anche
tutto il fascino che questa esercitava sul Granduca, appassionato studioso
delle meraviglie che potevano scaturire dall'incontro fra la Natura e l'Arte.
La costruzione dello
Studiolo, compiuta tra il 1570 e il 1575 su progetto dell’architetto e pittore
di corte Giorgio Vasari e dell’erudito Vincenzo Borghini, fu commissionata da
Francesco de’ Medici che nel 1564 era subentrato al padre Cosimo I nella guida
del ducato toscano in qualità di reggente.
Il piccolo ambiente faceva
parte dell’appartamento privato del duca e vi si accedeva unicamente dalla
camera da letto sul lato opposto a quello del collegamento con il Salone dei
Cinquecento, aperto nel XIX secolo. Sia la collocazione che la conformazione
rispecchiano i canoni di questa particolare tipologia di ambienti, comuni nelle
regge principesche fin dal Medioevo e destinati, oltre che allo studio, ad
accogliere gli oggetti più preziosi e di piccolo formato delle collezioni di
famiglia, che i proprietari mostravano solo a ospiti speciali.
Francesco I infatti ne
richiese la costruzione per riporvi ‘certe sue cose’ e lo ‘stanzino’, come era
allora chiamato, venne concepito alla stregua di ‘una guardaroba di cose rare
et preziose et per valuta et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre
intagliate, cristalli lavorati et vasi, ingegni et simil cose, non di troppa
grandezza, riposte nei propri armadi, ciascuna nel suo genere’.
Gli armadi si aprono nello
spessore della muratura lungo il registro inferiore delle quattro pareti,
dietro i dipinti di forma ovale che, insieme alle rispettive cornici, ne
costituiscono gli sportelli.
Secondo l’invenzione di
Borghini, ogni lato dello Studiolo era dedicato a uno dei quattro Elementi
della natura e raggruppava nei relativi armadi tutti gli oggetti ritenuti
appartenenti a quella categoria, come le pietre o le ossa intagliate per la
Terra, i distillati e i vetri e metalli forgiati con il calore per il Fuoco, i
cristalli per l’Aria o le perle per l’Acqua.
La decorazione degli
sportelli e del soprastante registro in lastre di lavagna, alternate a sculture
in bronzo entro nicchie, rifletteva il contenuto degli armadi con scene
bibliche, mitologiche, storiche, allegoriche e di genere, allusive alle qualità
degli oggetti che vi si custodivano.
L’intero programma
iconografico dello Studiolo è dunque dedicato a celebrare il rapporto tra Arte
e Natura, in linea con gli interessi di Francesco I, ricordato non tanto per
azioni di governo, quanto piuttosto per la sua passione per le scienze e
l’assiduità con cui praticava in prima persona l’alchimia, lo studio dei
fenomeni “occulti” e varie altre attività sperimentali, dalla fusione del vetro
alla ricerca della formula della porcellana.
Il fulcro dello schema
iconografico coincide con la decorazione ad affresco della volta che mostra un
cosmogramma, con al centro la personificazione della Natura che tende una
pietra preziosa a Prometeo, rappresentante l’Arte come inventore delle gemme e
degli anelli, e intorno le allegorie dei quattro elementi (terra, acqua, aria,
fuoco), delle quattro qualità (freddo, umido, caldo, secco), dei quattro
temperamenti dell’uomo (malinconico, flemmatico, sanguigno, collerico) e delle
quattro stagioni (nelle lunette, a fianco dei ritratti dei genitori del
committente).
Il particolare fascino
dell’ambiente si deve sia all’originalità dell’invenzione che al felice
risultato dell’unione dei contributi dei trentuno artisti diversi, quasi tutti
membri della fiorentina Accademia del Disegno, che furono chiamati a
realizzarla, in competizione l’uno con l’altro. Questa peculiarità fa dello
Studiolo una vera e propria summa del tardo Manierismo fiorentino, comprendente
opere di alcuni dei più rinomati pittori e scultori dell’epoca, tra cui lo
stesso Vasari, Alessandro Allori, Giovanni Stradano, Bartolomeo Ammannati e
Giambologna.
http://museicivicifiorentini.comune.fi.it/palazzovecchio/visitamuseo/studiolo_francesco_i.htm
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