Al Complesso Monumentale della Pilotta, fino al 31 luglio 2022, la straordinaria affermazione della casata nella politica e nella cultura europea dal Cinque al Settecento
Sono innumerevoli i motivi per visitare la mostra "I Farnese. Architettura, Arte, Potere” in corso alla Pilotta di Parma fino al 31 luglio 2022. E il rischio è quello di essere colti dalla cosiddetta "sindrome di Stendhal", vista la presenza di straordinari capolavori, parte di quella ricchissima collezione che i Farnese seppero utilizzare abilmente anche come strumento di legittimazione.
I Farnese, originari di Orvieto, legano la
loro storia con quella del nostro territorio quando papa Paolo III, nato
Alessandro Farnese, infeudò ereditariamente il figlio Pier Luigi di Parma e
Piacenza, città all'estremo nord dello Stato Pontificio. Siamo nel 1545, l'anno
del Concilio di Trento, e nasce il Ducato.
Papa Paolo III, oltre ai celebri ritratti di
Raffaello, Tiziano e Sebastiano Sebastiano del Piombo, è ricordato in
mostra anche grazie a due documenti eccezionali, per la prima volta
esposti in Italia. Si tratta della Bolla papale del 2 giugno 1537 con
la quale riconosceva anche agli Indios la dignità di esseri umani, "Indios
veros homines esse", vietando di fatto la schiavitù. Definita la "Magna
Charta" dei diritti umani dei nativi d'America, sarà fonte di attriti
con Carlo V, che riuscirà a fare annullare la scomunica per chiunque non
obbedisse alle prescrizioni della bolla. Di fianco, la "Messa di San
Gregorio", un mosaico di piume, pigmenti e oro su legno che si può
definire il più antico esempio di arte cristiana proveniente dalle Americhe e
una delle ultimissime testimonianze dell'arte azteca. Fu realizzata in Messico
nel 1539 come dono di ringraziamento al papa per aver difeso i diritti degli
Indigeni. Il manufatto non arrivò mai a Roma, forse divenne parte del bottino
di pirati. E' riemerso sono a inizio Novecento, in un mercatino, ed è in
prestito dal museo etnografico della città di Auch, in Francia.
Accanto a queste opere, nell'antica galleria d'arte del Duca (oggi Petitot)
ammiriamo la Danae di Tiziano, il ritratto di Paolo
III di Tiziano, la splendida "Cassetta Farnese" in
argento dorato riccamente lavorata, la "Tazza Farnese" del II
secolo a.C., il più grande cammeo esistente al mondo, oggetto talmente agognato
da essere passato tra le mani di Federico II, poi nel tesoro di Samarcanda e di
nuovo acquistata da Lorenzo il Magnifico, per arrivare ai Farnese tramite
Margherita d'Austria.
Tra gli avori, che soli meriterebbero la visita, un olifante commissionato da mercanti portoghesi ad artigiani dell'Africa occidentale intorno al XVI secolo, con elementi iconografici pensati per il mercato europeo (stemmi araldici iberici, croci). In questa realizzazione "meticcia" troviamo testimonianza degli intensi scambi tra i due continenti, che fanno pensare alle prime forme di globalizzazione. Del resto il "mondo nuovo" era da poco scoperto e fu proprio Paolo III a estendere l'autorità di Roma al Nuovo Mondo con la Sublimis Deus.
Scopriamo anche che i Farnese per arricchire la loro collezione coinvolsero i più importanti umanisti, alcuni dei quali già attivi nei circoli medicei. Fu infatti il cardinale Alessandro (futuro Paolo III) a dare vita a un vero e proprio circolo di "letterati e galantuomini", lo testimonia Giorgio Vasari. Tra di loro ricordiamo Paolo Giovio, personalità cruciale per l'evoluzione del collezionismo farnesiano. Fu lui a designare come "musaeum", per la prima volta in Europa, una residenza intera per le collezioni d'arti a Borgovico (Como).
Gli appassionati di armi antiche possono ammirare una selezione dell"Armeria secreta" del Palazzo Ducale di Parma (oltre duemila pezzi complessivi), con le armature appartenute ad Alessandro Farnese.
Gli amanti della musica hanno l'occasione di scoprire la passione dei duchi per la musica, che spiega forse le ragioni per le quali Parma è annoverata tra le capitali della musica occidentale.
E, infine (si fa per dire, tra le 300 opere, i 200 disegni e i 100 oggetti in mostra, oltre ai video e alle installazioni), il "paradiso" degli amanti dell'architettura, con una sezione intera consacrata all'architettura farnesiana dal punto di vista storico, urbano e territoriale. Si parte dalle dimore storiche farnesiane nella Tuscia, che da modelli fortificati si trasformano man mano in dimore rinascimentali. Un'intera parete è dedicata ai disegni del Vignola per il palazzo Ducale, al centro delle sale i modelli in scala della Pilotta e del palazzo di Caprarola. I Farnese si occuparono anche di questione idrauliche, ad esempio lo scavo della Fossa o cava Paolina per la Cascata delle Marmore.
Chiudiamo con il ricordo dei leggendari "orti farnesiani" sul Palatino da cui provengono i due colossi romani in basanite ritrovati nel 1724 e portati prima a Colorno e in seguito, per volere di Maria Luigia, concessi alla Galleria della Pilotta, dove possiamo ancora ammirarli. Ma questa è un'altra storia, di lì a pochi anni da quel ritrovamento, precisamente nel 1727, il ramo maschile dei Farnese si estinse. Il Ducato passa nelle mani dei Borbone, discendenti dell'ultima dei Farnese, Elisabetta, regina consorte di Spagna.
La mostra è curata da Simone Verde.
Il catalogo è pubblicato da Electa.
https://patrimonioculturale.regione.emilia-romagna.it/notizie/2022/a-parma-la-mostra-i-farnese-architettura-arte-potere
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