Vascelli olandesi e inglesi, spagnoli e francesi provenienti dall’estremo Occidente o dal lontano Oriente scaricano sui moli d’Europa casse di prodotti nuovi ed eccitanti: erbe indiane, polveri subtropicali, fiori inquietanti, e ovviamente tabacco e tè, cacao e caffè. Un alfabeto di geroglifi ci commestibili arricchisce con nuove meraviglie le già stipate credenze del vecchio continente. Nel XVIII secolo il regno di Bacco è segnato da un malinconico susseguirsi di rovesci: il caffè conosce una marcia trionfale, la cioccolata – il «brodo indiano» – suscita universali frenesie.
Bere non rallegra e non ottunde più, come per millenni avevano fatto vino e birra, ma rende più acuti e attivi.È uno snodo fondamentale della storia e della cultura, quello che racconta Piero Camporesi tra le pagine di Il brodo indiano. La fine del Seicento e l’inizio del Settecento vedono spostarsi l’asse del dominio culturale dal Mediterraneo al Mare del Nord; la crisi della coscienza europea coincide con la crisi della mensa di tradizione medievale, rinascimentale e barocca, della grande scuola romano-fiorentina: i lumi della corte degli ultimi Luigi bandiscono gli eccessi del passato, una cucina riformata condanna la sovraccarica, oppilante intemperanza del secolo precedente.
Joel Coen distills 'Macbeth' down to the bone
Joel Coen's “The Tragedy of Macbeth" is an intoxicatingly expressionist Shakespeare adaptation dense in fog and shadow
NEW YORK -- In Joel and Ethan Coen’s “Inside Llewyn Davis,” Oscar Isaac’s folk musician is trying to make it on his own, without his longtime partner. He travels to Chicago to audition for Bud Grossman, who gives the damning judgment: People need time to get to know you, he says, "buy you as a solo act.”
“The Tragedy of Macbeth,” Joel Coen’s first time directing without his brother, is going much better for him than it did for Llewyn.
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