La mostra
a cura di Giandomenico
Romanelli
Nel cinquecentenario della
morte del maestro del Rinascimento prosegue a Palazzo Sarcinelli il ciclo
dedicato alla pittura veneta. In mostra opere di Giovanni Bellini, Tiziano,
Jacopo Palma il Vecchio, Tintoretto e alcuni tra i più raffinati interpreti dell’insegnamento
belliniano tra cui Andrea Previtali, Marco Bello, i Santacroce, Bartolomeo
Veneto e molti altri. Un avvincente percorso tematico ove il pubblico potrà
confrontarsi in modo semplice ma allo stesso tempo rigoroso con alcuni temi
pregnanti dell’iconografia belliniana in opere del maestro e dei suoi allievi.
Promossa dal Comune di
Conegliano e da Civita Tre Venezie, la mostra prosegue le esplorazioni sulle
trasformazioni dei linguaggi della pittura veneziana e veneta negli anni magici
tra Quattro e Cinquecento.
Dopo Un Cinquecento
Inquieto nel 2014, seguito dal Carpaccio, Vittore e Benedetto nel 2015 e, nel
2016 da I Vivarini, l'indagine approda alla figura imprescindibile di Giovanni
Bellini, scelta tanto più opportuna nel quinto centenario della morte del
maestro.
Chi sono, quindi, i giovani
artisti e collaboratori del grande Giambellino? Come si formarono, quale posto
avevano nella produzione dell'atelier, della bottega, come si diceva allora?
Che cosa trassero e che cosa a loro volta tramandarono dalla frequentazione e
dalla stessa collaborazione con un artista-intellettuale tanto sublime per
pensiero e per invenzione, per tecnica e non meno che per precisione formale?
La mostra prende le mosse
proprio da queste domande e trova nella raffinata collezione dell'antica e
prestigiosa Accademia dei Concordi di Rovigo lo spunto per tracciare una sorta
di mappa (ipotetica e virtuale, ma supportata da una eletta serie di dipinti)
del milieu belliniano o, almeno, di una parte significativa e originale di tale
universo d'uomini e di capolavori.
Bellini ha lasciato
indubbiamente il segno inconfondibile del suo passaggio, ha creato punti di
riferimento che hanno fatto scuola per un consistente numero di pittori,
stilemi di cui possiamo riconoscere gli elementi costitutivi: semplici contorni
di un volto, la postura e la struttura delle mani femminili, i differenti
atteggiamenti del Bambinello; ma anche straordinari paesaggi incantati, spalle
di colline scoscese e alberate, città murate e fortificazioni, il profilo
lontano di catene alpine. C'è tuttavia qualche cosa che è più difficile
descrivere e definire del mondo belliniano: quell'estasi muta e pensosa,
quell'essere amorevolmente assorti in insondabili pensieri virtuosi, quella
mitezza e quasi pudore degli sguardi che è un'attitudine che parte dal Maestro
e viene gelosamente conservata e tramandata dai seguaci. Quindi la 'svolta'
atmosferica e tonale della sua pittura, nello sfumato in cui svanisce la
percezione dei contorni e dei profili, dove i protagonisti sono avvolti e
immersi in una luce dorata che nessuno però saprà più eguagliare.
Dai due celebri capolavori
di Bellini in mostra – la Madonna col Bambin Gesù di esemplare semplicità e
perfezione e il Cristo portacroce, così permeato di quel soffuso tonalismo
magico e dorato che lo colloca tra le opere-manifesto della stagione matura
intensa e filosofica della sua parabola artistica – il percorso espositivo
propone importanti confronti, contaminazioni, suggestioni con opere di altri
artisti, da Palma il Vecchio a Dosso Dossi fino a Tiziano e Tintoretto, o,
addirittura, a maestri tedeschi e fiamminghi (come Mabuse e Mostaert) per
sottolineare la centralità di Giovanni Bellini rispetto a uno scenario non solo
veneziano e Veneto (come ben aveva capito nei suoi passaggi veneziani Albrecht
Dürer).
L’esposizione si sviluppa
secondo una sequenza tematica che si dispiegherà nel percorso delle sale di
Palazzo Sarcinelli: 1.L’alba del Rinascimento; 2.Madonne con il Bambino;
3.Sacre meditazioni e santi attorno al trono; 4.Cristo Passo e Salvatore; 5.Metamorfosi; 6.Trame di sguardi.
In tale trama narrativa ed
espositiva si vengono a collocare nomi e personalità molto diverse, tutte
accomunate da una più o meno intensa frequentazione di Giovanni Bellini e del
suo atelier: assistenti che hanno lavorato al suo fianco nelle grandi imprese
decorative di Palazzo Ducale o nelle sale delle Scuole di San Marco e di San
Giovanni Evangelista; aiuti che hanno replicato le più fortunate tavole
destinate alla devozione privata; artisti partiti da cartoni della bottega, che
hanno poi continuato la loro ricerca in autonomia di ispirazione e di
linguaggio, dichiarando però il loro legame profondo e irrinunciabile con la
pittura del maestro.
Marco Bello, Andrea
Previtali, i Santacroce, Luca Antonio Busati, Pasqualino Veneto, Jacopo da
Valenza, Nicolò Rondinelli... Non più fantasmi: nella mostra prendono corpo e
fisionomia nelle loro Madonnine, nelle loro Conversazioni, nei paesaggi di una
idealizzata pedemontana, nella ragnatela di sguardi inquieti e nostalgici.
Talvolta permeati di una ingenua naïveté, tal altra attenti a recuperare
tradizioni e caratteri derivati dal genius loci di periferie fiere e felici.
Alcuni di questi maestri
hanno segnato anche il territorio coneglianese, tanto che, una volta ancora,
sarà possibile costruire una sorta di mappa-itinerario del loro passaggio tra
Conegliano e Asolo, tra Serravalle e la trevigiana, riprendendo una proposta
che ha trovato nelle due mostre precedenti di questo ciclo un ampio consenso e
un sincero apprezzamento dei visitatori: completare l’itinerario compiuto
dentro le sale espositive con una fitta rete di affascinanti “scoperte” di
capolavori sparsi sul territorio, per conoscere lo straordinario museo diffuso
che caratterizza il nostro Paese.
Questa mostra è quindi
un’occasione per interrogarsi sull'eredità belliniana, ricostruendo con
originalità una rete di rapporti e connessioni, mettendo in luce il raffronto
possibile tra storie e opere, protagonisti e comprimari su palcoscenici diversi
e alternativi e tuttavia legati da analogie e contiguità logiche e strutturali
http://www.mostrabellini.it/it/la-mostra.html
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