sábado, 23 de julio de 2016

«LIBRI, ECCO IL SALONE DI MILANO»

L’amministratore delegato della Fiera, Corrado Peraboni, illustra il progetto e la sfida:
si farà nello stesso periodo della rassegna torinese. Attenzione per i piccoli editori

di CRISTINA TAGLIETTI


Che quella che si sta consumando sull’asse Milano-Torino nel nome del libro non sia una guerra è sempre più difficile da sostenere. Di fatto la dichiarazione di apertura delle ostilità la consegna Corrado Peraboni, amministratore delegato di Fiera Milano quando, illustrando al «Corriere» il progetto su cui mercoledì prossimo l’Associazione italiana editori dovrà decidere, annuncia, con un lapsus, il periodo in cui la rassegna milanese è prevista: «Nella prima metà di maggio, quando si faceva il Salone di Torino».

Loro dicono che lo faranno ancora. Però prevedere le stesse date significa proporre un’alternativa secca... 
«È una data obbligata. Gli editori ci hanno spiegato che è quella giusta. Le scuole sono ancora aperte e noi abbiamo intenzione di usare tutto il know how che abbiamo accumulato con “progetto Scuola” in Expo ».
Peraboni parla per la prima volta, a conclusione del consiglio di amministrazione di ieri, dove è stato approvato all’unanimità il progetto. Sul tavolo degli editori c’è, da giorni, anche la proposta della istituzioni torinesi (Regione e Comune sono i due principali soci fondatori), estremo tentativo di trattenere l’Aie dentro il Salone. Proprio ieri la sindaca, Chiara Appendino, ha firmato con Gl Events, gruppo francese che gestisce il Lingotto, una nuova partnership che prevede un piano di sviluppo triennale per il Salone del Libro.

Fiera Milano è pronta per il suo Salone?
«È pronta già da un po’. Il passo che abbiamo fatto ieri è stato presentare un affinamento del progetto. La prima versione era molto focalizzata sull’aspetto filiera e commerciale. Abbiamo perfezionato la parte relativa ai contenuti».
In che modo?
«Con due integrazioni fondamentali. La prima che prevede un coinvolgimento delle istituzioni pubbliche, i ministeri competenti».

Ma i ministeri competenti, cioè Istruzione e Beni culturali, sono entrati proprio quest’anno tra i soci della Fondazione che organizza il Salone. E si sono schierati a difesa della rassegna torinese. 
«Certo, ma stiamo parlando della nascita di un progetto nuovo, di portata nazionale, che vuole coinvolgere tutta l’Italia e colmare un gap, portando il libro là dove non arriva, nelle regioni con il più basso indice di lettura. Sappiamo che i lettori forti si concentrano nel Nord Ovest. La Puglia, per esempio, è una regione in cui il 70 per cento delle persone nel 2015 non ha letto nemmeno un libro. È impensabile che vadano a Torino o anche a Milano. Per questo, oltre a Più libri più liberi a Roma, abbiamo intenzione di fare fiera itinerante al Sud, con Bari prima tappa. È un tema di pubblico interesse, pensare a una forma di collaborazione con tutte le istituzioni è doveroso. Oltretutto è un progetto che parte senza soldi pubblici».
La Fondazione torinese ha tenuto molto a rimarcare, nei giorni scorsi, proprio questa differenza di impostazione: il Salone è un’operazione culturale, quella milanese una fiera commerciale. E diversi piccoli e medi editori si sono schierati con Torino.
«Questo è l’altro aspetto su cui abbiamo perfezionato il progetto. Proprio perché siamo attenti ai pareri e alle preoccupazioni di tutti. Gli aggiustamenti sono stati fatti tenendo conto soprattutto delle posizioni contrarie. Vogliamo rappresentare il più possibile la pluralità di voci e di esperienze. La nostra editoria è fatta di moltissime case editrici, da grossi gruppi e da piccole realtà, quasi artigianali. E Milano è la città dove hanno potuto diventare grandi quelli che avevano molto da dire e pochi mezzi. Lavoreremo su spazi e incontri dedicati alla piccola editoria. In generale poi credo che non esistano più fiere meramente commerciali. Anche quella delle macchine utensili propone decine e decine di momenti di contenuto. Questa sarà fatta dagli editori, i contenuti li metteranno loro. Noi faremo quello che sappiamo fare: organizzare».
Come si chiamerà? Si diceva MiBook Expo... 
«No, sarà un nome italiano con dentro libro e Milano».
Che ruolo avrà il Comune?
«Il nostro auspicio, anche sulla base delle dichiarazioni dell’assessore Filippo Del Corno, è di riprodurre la felicissima esperienza di Miart, che è un momento commerciale con una serie di iniziative, inaugurazioni, aperture speciali fuori dalla fiera. Ci aspettiamo che il Comune contribuisca mettendo a disposizione sedi e spazi per iniziative e incontri, mentre il tessuto di librerie indipendenti e non nell’area metropolitana è molto ricco. Un modello diverso dal Fuori Salone, molto più spontaneo. Ci saranno meno aperitivi, più contenuti».
Il progetto fa una stima, per l’edizione 2017, di 110 mila visitatori e di 400/500 espositori. 
«Contiamo di partire con numeri più o meno simili a quelli del Salone di Torino. Però teniamo presente che in Lombardia la gente è cresciuta andando in fiera, è un’abitudine diffusa. Inizialmente si è un po’ discusso sulla sede, se Rho-Pero o Portello. Poi è prevalsa la prima perché con Portello è più difficile fare un lavoro di cucitura con la città. Rho-Pero è più facile da raggiungere per chi viene da fuori, c’è anche la fermata del treno da Torino».


http://www.corriere.it/cultura/16_luglio_22/salone-del-libro-di-milano-66502b96-5045-11e6-a079-6300f66c3f65.shtml

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