jueves, 22 de diciembre de 2016

SULLE ORME DI TOSCANINI MUTI, OVAZIONE PER GLI 80 ANNI DELL’ORCHESTRA DI TEL AVIV «QUESTA SERATA È PER CHI NON DIMENTICA LE PERSECUZIONI»

Valerio Cappelli

75 musicisti ebrei a tornare nella Terra promessa, fuggendo dall’odio nazista, li sottrasse ai lager. Senza i loro strumenti non sarebbero sopravvissuti. Se non fosse stato di fede ebraica, è lo Schindler della musica. Ieri è stato tolto il velo a due pannelli con i nomi dei fondatori e le foto degli attuali membri della Ipo. «La nascita di questa orchestra significò dare asilo a tanti musicisti sfuggiti alla barbarie — dice Muti —. Oggi la musica in Israele è un bagaglio culturale indispensabile per la società. Questa serata è per chi non dimentica la persecuzione e il passato tragico. Un monito che speriamo verrà applicato a tutti i popoli che si trovano nella stessa situazione».


Dove tutto è simbolo, si fanno 150 concerti l’anno: nei kibbutz; a Cesarea nell’anfiteatro romano costruito sotto Erode; a Masada, il luogo della resistenza e della volontà di non arrendersi; sui confini caldi e nei giorni di sangue, quando il violinista Isaac Stern arrivò a indossare la maschera antigas. Ma Riccardo Muti è qui «per celebrare una data, la mia non è una presenza politica, la musica ha regnato sovrana ed è al di là di ogni conflitto. È il messaggio che si voleva dare con la creazione di un’orchestra. Ho diretto in altre città che hanno avuto momenti tragici, da Sarajevo a Damasco. Ma oggi sono tra musicisti che fanno musica. L’Orchestra si è molto ringiovanita, sono valorosi e flessibili, e anche di temperamento».
Si tratta di costruire un concetto di suono in una compagine dove hanno convissuto buona parte delle 80 etnie del Paese; di conciliare senso di appartenenza e multiculturalismo nella Terra dalle mille idee politiche. Oggi si è fermata l’ondata migratoria dalla Russia, molti sono nativi d’Israele, oppure vengono da Nord e Sud America. Si chiamano Weinstein, Tuneh, Radzynski, Cohen, Erez, Greenber. Gli anziani ti rispondono col calendario delle guerre: è successo prima o dopo il ‘67, il ‘73, l’82, il ‘94? Eppure Avi Soshani, l’anima storica della Ipo, racconta che quando si andò in Cina «il pubblico all’uscita non ci ha fatto il segno della pistola ma ha mimato un violinista. Per noi è il complimento più bello». A sorpresa, come bis Muti ha diretto, con tutta l’orchestra in piedi, Hatikvah, l’inno nazionale, che nel 1971 chiuse il primo concerto della Ipo a Berlino. Hatikvah in ebraico significa La speranza.
Ho diretto in altre città che hanno avuto momenti tragici, da Sarajevo a Damasco Qui sono tra musicisti che fanno música


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