Valerio
Cappelli
75 musicisti
ebrei a tornare nella Terra promessa, fuggendo dall’odio nazista, li sottrasse
ai lager. Senza i loro strumenti non sarebbero sopravvissuti. Se non fosse
stato di fede ebraica, è lo Schindler della musica. Ieri è stato tolto il velo
a due pannelli con i nomi dei fondatori e le foto degli attuali membri della
Ipo. «La nascita di questa orchestra significò dare asilo a tanti musicisti
sfuggiti alla barbarie — dice Muti —. Oggi la musica in Israele è un bagaglio culturale
indispensabile per la società. Questa serata è per chi non dimentica la
persecuzione e il passato tragico. Un monito che speriamo verrà applicato a
tutti i popoli che si trovano nella stessa situazione».
Dove tutto è
simbolo, si fanno 150 concerti l’anno: nei kibbutz; a Cesarea nell’anfiteatro
romano costruito sotto Erode; a Masada, il luogo della resistenza e della
volontà di non arrendersi; sui confini caldi e nei giorni di sangue, quando il
violinista Isaac Stern arrivò a indossare la maschera antigas. Ma Riccardo Muti
è qui «per celebrare una data, la mia non è una presenza politica, la musica ha
regnato sovrana ed è al di là di ogni conflitto. È il messaggio che si voleva
dare con la creazione di un’orchestra. Ho diretto in altre città che hanno avuto
momenti tragici, da Sarajevo a Damasco. Ma oggi sono tra musicisti che fanno
musica. L’Orchestra si è molto ringiovanita, sono valorosi e flessibili, e
anche di temperamento».
Si tratta di
costruire un concetto di suono in una compagine dove hanno convissuto buona
parte delle 80 etnie del Paese; di conciliare senso di appartenenza e
multiculturalismo nella Terra dalle mille idee politiche. Oggi si è fermata
l’ondata migratoria dalla Russia, molti sono nativi d’Israele, oppure vengono
da Nord e Sud America. Si chiamano Weinstein, Tuneh, Radzynski, Cohen, Erez,
Greenber. Gli anziani ti rispondono col calendario delle guerre: è successo
prima o dopo il ‘67, il ‘73, l’82, il ‘94? Eppure Avi Soshani, l’anima storica
della Ipo, racconta che quando si andò in Cina «il pubblico all’uscita non ci
ha fatto il segno della pistola ma ha mimato un violinista. Per noi è il
complimento più bello». A sorpresa, come bis Muti ha diretto, con tutta
l’orchestra in piedi, Hatikvah, l’inno nazionale, che nel 1971 chiuse il primo
concerto della Ipo a Berlino. Hatikvah in ebraico significa La speranza.
Ho diretto
in altre città che hanno avuto momenti tragici, da Sarajevo a Damasco Qui sono
tra musicisti che fanno música
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