by Caterina
Cosa rende
ostico l'approccio a Wagner per chi non ha
radici mitteleurope? La dilatazione dei tempi? La selva di simboli?
L'intreccio stretto dei Leitmotive? Il superamento della forma a pezzi
chiusi? O ancora la difficoltà di mettere in scena l'insieme di tutti
questi elementi? Provocatoriamente si potrebbe dire che nelle opere del
compositore tedesco non succede nulla o quasi, il che pretende dallo spettatore
un ascolto concentrato esigente e prolungato, al di là della soglia di
attenzione.
Una delle
componenti fondanti della drammaturgia wagneriana è infatti il racconto , lungo, spesso dolente e di conseguenza
estremamente impegnativo per chi guarda e ascolta. Se in Valchiria la
narrazione di Siegmund sul suo passato infelice Friedmund
darf ich nicht Heißen attrae e affascina per via della
sua vena ariosa, non altrettanta immediatezza sul pubblico ha l'amaro
soliloquio di Wotan dell'atto II , vero snodo dell'intera Tetralogia. Qui
il Wagner magniloquente rinuncia a qualsiasi artifizio sonoro in una realtà
che è sospesa e stagnante atraverso rallentando, pause e linee
tortuose che necessitano di un vero cantante-attore.
Lo
stesso Tristano , nell'interminabile monologo che
polarizzazione l'atto III dell'opera, delira e oscilla fra la maledizione della
vita che ferocemente lo separa dalla donna amata, e la gioia febbrile per
l'arrivo della stessa nonostante la presenza della luce del giorno, nemica
della coppia di amanti. Non c'è azione in scena, tutto è fortemente
interiorizzato e subordinato alla musica, unica entità in grado di
rappresentare il dramma e la realtà più intima.
Se poi
guardiamo ad Hans Sachs e
a Gurnemanz , catalizzatori rispettivamente in Meistersinger
e Parsifal ,
gli interventi solistici si fanno ancora più lunghi. Gurnemanz è assimilabile
al coro di euripidea memoria; commenta, racconta, spiega, ma non dà alcun
contributo allo sviluppo dell'azione. Il suo è il ruolo più corposo di tutta
l'opera tanto da sostenere quasi per intero l'esteso atto I.
Analogamente
Hans Sachs, in quello che è il più controverso monologo di tutta la produzione
wagneriana, si guadagna la benevolenza del pubblico più agé presente in sala
con la perorazione in favore del cambiamento, pur sempre rispettoso dei valori
tradizionali e dell'ordine costituito.
Ciascuno di
questi episodi diventa il fulcro morale, vero baricentro della partitura di
riferimento, e pone lo spettatore di fronte ad un bivio: seguire il personaggio
lungo il viaggio interiore scendendo a sua volta nei recessi dell'io senziente,
oppure sfuggire all'autoanalisi cedendo ad una più riposante noia.
E' singolare
allora come a questa diffusa idea di pesantezza faccia da contraltare l'uso
frequente di pagine wagneriane nel cinema. Un chien andalou di Bunuel fu
la prima pellicola ad inserire un brano del compositore tedesco come colonna
sonora. Il cortometraggio muto, visionaria testimonianza del movimento
surrealista, realizzato nel 1929 dal regista spagnolo in collaborazione con Salvador Dalì, presentava una
serie di scene inverosimili e incoerenti, senza un vero ordine cronologico,
forte di una robusta componente onirica. L'unico vero filo conduttore era
quindi ilLiebestod da Tristano e Isotta che attraversava per intero le
immagini esaltandone l'atmosfera psicoanalitica.
In tempi
recenti è John
Boorman che
ha attinto a piene mani a Wagner perExcalibur, fra le più riuscite
rivisitazioni cinematografiche della saga Arturiana. Il Tristanakkord suggella la nascita dell'amore
proibito fraLancillotto e Ginevra e . lungo tutto il film permane
la traslazione tra la coppia degli infelici amanti di Camelot e gli altrettanto
tragici Tristano eIsotta. La ferita del cavaliere della
Tavola Rotonda, materiale ma sopratutto dell'anima, è per il regista
equiparabile a quella dell'eroe wagneriano.
Altra forte
suggestione suscitano i frammenti dalla Morte di
Sigfrido dalCrepuscolo
degli Dei che
introducono i titoli di testa per poi seguireArtù lungo tutto il suo
percorso di formazione fino al ritorno di Excalibur nel lago e financo nei
titoli di coda.
Lo stesso
personaggio Parsifal si intreccia con alcune pagine
dell'omonima opera negli episodi che lo mostrano alla ricerca del Graal.
L'approccio di Boorman alla saga è duro e tranchant, ma stabilisce molteplici
punti di contatto con l'epos wagneriano, dimostrando come l'opulenza e gli
ipertrofismi delle partiture possano diventare facilmente accessibili se
ridotti in pillole.
Altro
esempio di ciò è la Cavalcata delle Valchirie che
ritroviamo in due film che sembrano non aver nulla in comune: Apocalypse
Now e 8 1/2. Nel film di Francis Ford Coppola il brano sottolinea l'attacco
degli elicotteri durante la guerra del Vietnam, mentre in Fellini introduce la
scena delle terme. I contesti sono estremamente diversi ma in entrambi i casi
ritroviamo una costrizione evidente.
E' forse
vero quindi come Wagner vada assimilato a piccole dosi; il gusto va creato ed i
sensi stimolati per superare una primordiale sensorialità.
https://amnerisvagante.wordpress.com/2016/11/19/wagner-tra-lungaggini-racconti-e-cinema/#comments
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