lunes, 21 de noviembre de 2016



Cosa rende ostico l'approccio a Wagner  per chi non ha radici mitteleurope?  La dilatazione dei tempi? La selva di simboli? L'intreccio stretto dei Leitmotive?  Il superamento della forma a pezzi chiusi? O ancora la difficoltà  di mettere in scena l'insieme di tutti questi elementi?  Provocatoriamente si potrebbe dire che nelle opere del compositore tedesco non succede nulla o quasi, il che pretende dallo spettatore un ascolto concentrato esigente e prolungato, al di là  della soglia di attenzione.
Una delle componenti fondanti della drammaturgia wagneriana è infatti il racconto , lungo, spesso dolente e di conseguenza estremamente impegnativo per chi guarda e ascolta. Se in Valchiria la narrazione di Siegmund  sul suo passato infelice Friedmund darf  ich nicht Heißen  attrae e affascina per via della sua vena ariosa, non altrettanta immediatezza sul pubblico ha l'amaro soliloquio di Wotan dell'atto II , vero snodo dell'intera Tetralogia. Qui il Wagner magniloquente rinuncia a qualsiasi artifizio sonoro in una realtà  che è sospesa e stagnante atraverso rallentando,  pause e linee tortuose che necessitano di un vero cantante-attore.
Lo stesso Tristano  , nell'interminabile monologo che polarizzazione l'atto III dell'opera, delira e oscilla fra la maledizione della vita che ferocemente lo separa dalla donna amata, e la gioia febbrile per l'arrivo della stessa nonostante la presenza della luce del giorno, nemica della coppia di amanti. Non c'è azione in scena, tutto è  fortemente interiorizzato e subordinato alla musica, unica entità in grado di rappresentare il dramma e la realtà più intima.
Se poi guardiamo ad Hans Sachs  e a Gurnemanz , catalizzatori rispettivamente in Meistersinger   Parsifal , gli interventi solistici si fanno ancora più lunghi. Gurnemanz è assimilabile al coro di euripidea memoria; commenta, racconta, spiega, ma non dà alcun contributo allo sviluppo dell'azione. Il suo è il ruolo più corposo di tutta l'opera tanto da sostenere quasi per intero l'esteso atto I.
Analogamente Hans Sachs, in quello che è il più controverso monologo di tutta la produzione wagneriana, si guadagna la benevolenza del pubblico più agé presente in sala con la perorazione in favore del cambiamento, pur sempre rispettoso dei valori tradizionali e dell'ordine costituito.

Ciascuno di questi episodi diventa il fulcro morale, vero baricentro della partitura di riferimento, e pone lo spettatore di fronte ad un bivio: seguire il personaggio lungo il viaggio interiore scendendo a sua volta nei recessi dell'io senziente, oppure sfuggire all'autoanalisi cedendo ad una più riposante noia.
E' singolare allora come a questa diffusa idea di pesantezza faccia da contraltare l'uso frequente di pagine wagneriane nel cinema. Un chien andalou di Bunuel fu la prima pellicola ad inserire un brano del compositore tedesco come colonna sonora. Il cortometraggio muto, visionaria testimonianza del movimento surrealista, realizzato nel 1929 dal regista spagnolo in collaborazione con Salvador Dalì, presentava una serie di scene inverosimili e incoerenti, senza un vero ordine cronologico, forte di una robusta componente onirica. L'unico vero filo conduttore era quindi ilLiebestod  da Tristano e Isotta che attraversava per intero le immagini esaltandone l'atmosfera psicoanalitica.
In tempi recenti è John Boorman che ha attinto a piene mani a Wagner perExcalibur, fra le più riuscite rivisitazioni cinematografiche della saga Arturiana. Il Tristanakkord suggella la nascita dell'amore proibito fraLancillotto e Ginevra  e . lungo tutto il film permane la traslazione tra la coppia degli infelici amanti di Camelot e gli altrettanto tragici Tristano eIsotta. La ferita del cavaliere della Tavola Rotonda, materiale ma sopratutto dell'anima, è per il regista equiparabile a quella dell'eroe wagneriano.
Altra forte suggestione suscitano i frammenti dalla Morte di Sigfrido dalCrepuscolo degli Dei che introducono i titoli di testa per poi seguireArtù lungo tutto il suo percorso di formazione fino al ritorno di Excalibur nel lago e financo nei titoli di coda.
Lo stesso personaggio  Parsifal si intreccia con alcune pagine dell'omonima opera negli episodi che lo mostrano alla ricerca del Graal. L'approccio di Boorman alla saga è duro e tranchant, ma stabilisce molteplici punti di contatto con l'epos wagneriano, dimostrando come l'opulenza e gli ipertrofismi delle partiture possano diventare facilmente accessibili se ridotti in pillole.
Altro esempio di ciò è la Cavalcata delle Valchirie che ritroviamo in due film che sembrano non aver nulla in comune: Apocalypse Now 8 1/2. Nel film di Francis Ford Coppola il brano sottolinea l'attacco degli elicotteri durante la guerra del Vietnam, mentre in Fellini introduce la scena delle terme. I contesti sono estremamente diversi ma in entrambi i casi ritroviamo una costrizione evidente.
E' forse vero quindi come Wagner vada assimilato a piccole dosi; il gusto va creato ed i sensi stimolati per superare una primordiale sensorialità.

https://amnerisvagante.wordpress.com/2016/11/19/wagner-tra-lungaggini-racconti-e-cinema/#comments

No hay comentarios:

Publicar un comentario