jueves, 10 de noviembre de 2016

BARENBOIM E ARGERICH, NOSTALGICO INCONTRO ALLA SCALA

 Daniel Barenboim e Martha Argerich (foto) che seduti allo stesso pianoforte suonano come fuori programma il Rondò in la maggiore D.951 di Schubert. È questa l’immagine visiva e sonora che resterà impressa a lungo al pubblico del Concerto inaugurale della stagione della Filarmonica della Scala. 

Quei due erano accanto a un pianoforte già da bambini a Buenos Aires. Poi ciascuno per la sua strada. Ma una vita dopo, rieccoli insieme a dar vita a questo Schubert ultima maniera, fatto di niente eppur così pieno d’incantata nostalgia: un temino come ritornello e una costellazione di episodi che sembrano tracce sbiadite di memorie antiche. Questo emozionante regalo giunge nel bel mezzo di una serata che si era aperta con l’affermativo Concerto n.1 di Beethoven, dove le illuminazioni geniali e imprevedibili di lei — stupenda in particolare la cantabilità pensosa del «Largo» — mettono alla prova la reattività, o meglio la musicalità di lui a capo della Filarmonica. E che si chiuderà con il Bruckner sospeso tra cupezza funebre e inedita «cordialità» della Sinfonia n.7. 

Nell’applauditissima serata che vede il ritorno alla Scala del suo ultimo direttore musicale, Daniel Barenboim suona Bruckner, l’autore della sua «prima volta» alla Scala, anni e anni fa. Per bene che lo conosca, l’orchestra non è esemplare nell’assecondare il gesto di lui (soprattutto nei raccordi tra una sezione e l’altra), che tuttavia ricrea da subito quel suono che è specchio di una musicalità debordante e che è solo suo per profondità di spessore, chiarezza della trama polifonica e maestosa solennità del passo sinfonico.

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