Alla vigilia del suo ultimo
Maggio vissuto da direttore principale l'incontro in camerino con i lettori:
"Il Ring lo spettacolo più bello"
a cura di GREGORIO MOPPI,
FULVIO PALOSCIA e GAIA RAU
IL CAMERINO di Zubin Mehta
si trova all'ultimo piano dell'Opera. In mezzo alle prove del "Don
Carlo" di Verdi, il Maestro lo apre ai lettori di Repubblica.
Quello che comincia lunedì
sarà il suo ultimo Maggio da direttore principale. Tre concerti sinfonici e
quattro recite verdiane sono il saluto al teatro in cui ha regnato trentadue
anni. Al forum hanno partecipato Gioia e Giuliana Agnoletti, Susanna Ballerini,
Vincenzo Fina, Irene Geronico, Margherita Martini, Marisa Morlupi, Vittorio
Oddone, Andrea Ossani, Alessandro Puliti, Sara Ravalli, Iole Volponi.
Il 5 maggio debutta Don
Carlo. Non è la prima volta che lo dirige al Maggio...
"Quattro anni fa il
teatro non aveva soldi per allestire il progettato spettacolo di Ronconi, così
il sovrintendente Bianchi mi pregò di darlo in versione da concerto. Che
tristezza. Perciò quando mi hanno chiesto di scegliere l'opera con cui
congedarmi dal Maggio, l'ho proposto di nuovo. Stavolta in un allestimento che
Giancarlo Del Monaco ha proposto in Spagna, con costumi e scene fedeli
all'epoca storica. E questa opera va fatta così. Peccato che il protagonista
Fabio Sartori abbia dato forfait per malattia (lo sostituisce il tenore Roberto
Aronica, ndr). Perlomeno così pare, dato che ha inviato un certificato medico.
Peccato, perché è per accontentarlo che di Don Carlo abbiamo programmato la
versione in quattro atti, anziché quella in cinque, più efficace".
Cosa la seduce di questo Verdi?
"Adoro la storia della
Spagna, specie quella precedente a Isabella di Castiglia, quando era una terra
in cui convivevano cristiani, ebrei, musulmani".
Il presente è pieno di paure. Lei come le vive?
"Non c'è mai fine al
peggio. Corea del Nord e Stati Uniti sono nazioni potenzialmente pericolose,
imprevedibili. Ogni giorno il
New York Times ha almeno
cinque articoli contro Trump, cosa che non era accaduta nemmeno sotto Bush, che
pure non era popolare. E in Israele non c'è opposizione all'intransigenza di
Netanyahu. Né le presidenze Clinton, Bush e Obama hanno fatto nulla per
sbloccare la situazione. Trump? Non si sa che ne pensi: non legge neanche un
giornale, guarda solo Fox news... ".
La sua India?
"Il premier Modi è
vicino alle posizioni dell'estrema destra hindu, il che significa emarginare i
miei amici indiani di religione musulmana. Ma il mondo finge di non vedere,
perché ciò che interessa è solo l'andamento economico del Paese".
Qual è il risultato più alto che ha raggiunto al Maggio?
"La conquista della
qualità. Quando negli anni '80 abbiamo fatto il Ring wagneriano, alle viole
certi passaggi proprio non riuscivano. Oggi invece il Maggio è tra le prime
orchestre d'Europa. Ma non è merito di qualche bacchetta magica, sono serviti
tre decenni di lavoro. E di sofferenze per l'acustica del Comunale".
Con lei il Maggio è
arrivato fino al Musikverein di Vienna.
"Sì, il Maggio a
Vienna e i Wiener, con me, a Firenze. Solo che il loro suono, ascoltato al
Comunale, era irriconoscibile. Con il Maggio siamo stati pure in America Latina
e Giappone".
Durante il terremoto che ha
provocato il disastro nucleare di Fukushima.
"A Tokyo non successe
niente di apocalittico. Mentre tutto tremava, io ho continuato a pranzare
tranquillamente al ventesimo piano di un grattacielo. Comunque nel resto del
tour ogni cosa ha funzionato a meraviglia. A Bombay è venuto a sentirci il
sindaco Renzi".
Che poi è diventato
premier.
"Gli auguro di tornare
a esserlo ".
C'è stata anche la Turandot
nella Citta Proibita...
"Uno sforzo
organizzativo immane per la Cina del'98. Vennero costruite tribune per 4000
persone. Anche se poi ci sono voluti otti anni al governo di Pechino per pagare
il Comunale".
Lo spettacolo più bello di questi anni fiorentini?
"Il Ring della Fura dels
Baus. Inimmaginabile un cast migliore e una messinscena tanto moderna ma così
fedele a Wagner".
Un obiettivo che non è riuscito a raggiungere?
"Questo teatro ha
subito tante frustrazioni economiche. Dal momento in cui il governo italiano ha
trasformato i teatri lirici in fondazioni, niente ha funzionato bene. Prima
Roma pagava il nostro festival. Poi qualcuno ha pensato che dovessero essere i
privati a farlo. Non è accaduto. Adesso qui è in arrivo il mio dodicesimo
sovrintendente. Speriamo convinca i privati. Ma perché il governo non valuta
l'ipotesi di tornare al vecchio sistema di sovvenzioni pubbliche? E c'è anche
un'altra cosa che non mi torna".
Quale?
"Che l'orchestra
bandisce concorsi per musicisti e poi, a chi vince, non è in grado di garantire
che contratti annuali. Perciò tanta gente che ha vinto da noi, la troviamo poco
dopo altrove. Il primo flauto e il primo fagotto nostri ora sono stabili a
Monaco. Inoltre considero retaggio di un socialismo d'accatto - che punta al
livellamento verso il basso più che alla valorizzazione dei meritevoli - il
fatto che, per una legge statale, chi suona in orchestra non possa insegnare al
Conservatorio. In ogni altra parte del mondo gli orchestrali tirano su i
ragazzi che nel futuro prenderanno il loro posto".
http://firenze.repubblica.it/cronaca/2017/04/21/news/zubin_mehta_anni_da_ricordare_ma_resta_l_amarezza_per_i_troppi_tagli_-163551347/
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