Di Marco del Corona
L’esperimento condotto fra
New York e Parigi: dieci violinisti hanno suonato tre violini moderni e tre
Stradivari. Quasi tutti hanno preferito agli archi d’epoca quelli realizzati
oggi. Accardo: «Non sappiamo più cogliere la qualità»Il violino moderno batte
lo Stradivari nei test al buio: «Il suono è migliore»
L’esperimento è stato
condotto fra New York e Parigi. Un auditorium da 860 posti con 82 spettatori al
di là dell’Oceano, uno da 300 con un pubblico di 137 persone da quest’altra
parte. Dieci violinisti hanno suonato, da soli e accompagnati da un’orchestra,
tre violini moderni (modernissimi, anzi: meno di 10 anni di vita) e tre
Stradivari. Avevano gli occhi bendati, per non sapere che cosa stessero
imbracciando. Obiettivo del test, pubblicato lunedì da Pnas (la testata
dell’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti) e condotto con il
Centro nazionale per la ricerca scientifica francese, era saggiare la
percezione del suono e l’esito è stato analogo nelle due sale: il pubblico
preferiva il suono degli strumenti moderni. Un esperimento identico fatto dalla
stessa équipe nel 2010 e nel 2012, ma non in un auditorium, aveva portato i
violinisti (bendati) alle stesse conclusioni: meglio strumenti nuovi di quelli
usciti dalla bottega di Antonio Stradivari (1643 o 44-1737).
La «proiezione sonora»
Dunque, sembrerebbe,
violini contemporanei di qualità battono quelli del leggendario liutaio
cremonese, almeno sul fronte della «proiezione sonora». Da qui — al netto dei
dettagli tecnici dell’esperimento — comincia il territorio dell’opinabilità.
Salvatore Accardo, violinista sommo e direttore d’orchestra, diffida: «Si è
semplicemente persa la cultura della qualità del suono, non si è più in grado
di coglierla. Colpisce quello forte, aspro, prodotto dagli strumenti moderni.
Non dico che non siano fatti bene — spiega al Corriere — ma la qualità del
suono è un’altra cosa. Come diceva un grande liutaio, Étienne Vatelot
(1925-2013, ndr), un violino ha bisogno di anni e anni per raggiungere non la
potenza, ma la qualità. Occorre tempo a un violino per maturare». E gli Amati,
i Guarneri, gli Stradivari hanno avuto secoli per lasciar stagionare il loro
suono. Il violinista franco-americano Stéphane Tran Ngoc, che aveva partecipato
all’esperimento 5 anni fa, ha aggiunto che «spesso con gli strumenti antichi è
necessario esercitarsi per molto tempo per capire come esprimere al meglio le
loro potenzialità. Un antico strumento italiano produrrà un suono sempre
migliore con il passare del tempo, al contrario degli strumenti moderni».
Miti da sfatare
È compito della scienza
sfatare i miti, mettere alla prova le false credenze. Monta, anche, la
tentazione di abbatterli, i miti. E gli Stradivari (sono circa 650 gli
strumenti oggi censiti, non soltanto violini) sono oggettivamente un mito, il
cui ridimensionamento potrebbe far piacere ai costruttori d’oggi. Eppure il
semplice appassionato resiste facilmente alla suggestione che la «bellezza» del
suono possa essere misurata: dipende da chi lo suona, quel violino antico o
moderno. Dipende da dove e in che condizioni lo si ascolta. E le corde sono
moderne o di budello? E la qualità dell’archetto? E che cosa si ascolta, il
Barocco di una sonata di Corelli o il Novecento del Concerto di Berg? Infine:
quale idea musicale offre l’interpretazione dell’artista? Qualcosa pare
suggerire che nessuna équipe scientifica potrà mai venire a capo di questo
groviglio di variabili.
http://www.corriere.it/cronache/17_maggio_10/violino-moderno-batte-stradivari-103bb28e-34f1-11e7-9331-5ba2d5bdd393.shtml
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