di Caterina
Gerald Finley é parte
integrante del ristretto microcosmo che si suole ricomprendere nell'espressione
canto lirico. Artista completo, etichettato in ambito anglosassone come iconic
bass-baritone, e purtroppo poco presente sui palcoscenici italiani, si accinge
ad inaugurare il prestigioso Festival di Pasqua di Baden Baden nella nuova
produzione di Parsifal. Sir Simon Rattle alla testa dei Berliner Philarmoniker
dirige infatti il capolavoro di Wagner, e sarà questa una ulteriore
collaborazione artistica fra il cantante canadese e il direttore britannico.
Finley ha costruito la sua
carriera su basi estremamente solide, resistendo alle enormi pressioni
caratteristiche di un mondo difficile e francamente ristretto delle star della
lirica, costruendosi pezzo dopo pezzo una reputazione di grande integrità e
rettitudine sorrette da un assoluto dominio della tecnica e da un approccio al
canto analitico nonché altamente introspettivo. Grazie ad oculate scelte di
repertorio e ad un' estrema riconoscenza verso quelle istituzioni musicali che
per prime hanno creduto in lui e ne hanno valorizzato l'enorme talento (fra
tutte il Festival di Glyndebourne che per primo lo accolse fra i suoi artisti
del coro) affronta la sua piena maturità con un'intatta freschezza vocale e un
immutato anelito verso nuove sfide professionali.
Il tuo repertorio è
sconfinato e abbraccia composizioni vocali da Handel ai contemporanei, sia nel
melodramma che in recital liederistici. Qual è la tua attitudine nei confronti
di questo mix tra diversi generi che pure esigono una notevole versatilità?
E' una mia passione innata.
Non ho mai avuto una naturale inclinazione verso un tipo di repertorio o un
genere in particolare. D'altronde ho iniziato da bambino cantando in un coro ad
Ottawa, la città dove sono cresciuto, e in seguito, durante i miei studi al
King's College di Cambridge e al Royal College di Londra, ho sempre voluto
cimentarmi con il canto a 360°. Repertorio operistico, corale, Lieder o songs,
ho sempre cercato di crearmi opportunità che mi dessero la possibilità di
esprimermi in tutti i generi. Sono fermamente convinto che il canto sia uno, e
che l'unico parametro da tenere in considerazione quando si è accompagnati
dall'orchestra sia il volume che, ovviamente, deve permetterti di cavalcare le
onde sonore provenienti dagli strumenti.
La tua passione traspare
anche nel tuo incessante arricchimento quanto a nuovi ruoli.
In realtà quando decido di
interpretare un nuovo personaggio lo
faccio solo dopo aver valutato attentamente se la mia voce può mantenersi sana
nel cantarlo. Il 2017 è stato un anno di debutti impegnativi: Michonnet in
Adriana Lecouvreur alla Royal Opera House, Lear a Salisburgo e Athanael in
Thais al Metropolitan. Sempre a Londra i nuovi debutti sono continuati con
Scarpia nel gennaio scorso scorso.
A proposito di Scarpia, si
tratta di uno dei ruoli chiave per la corda di baritono. Qual è la più grande
difficoltà nell'affrontare la parte?
Sicuramente le aspettative
degli altri nei confronti di chi lo interpreta. Il ruolo è piuttosto
concentrato ma si colloca all'estremità dell'ampio spettro di cattivi nel
repertorio operistico. Il mio Scarpia deve in primo luogo rispettare i dettami
dell'autore, in quanto Puccini ha dato delle indicazioni molto precise sia in
termini di dinamiche che riguardo all'interpretazione. Per qualsiasi dubbio io
mi concentro sullo spartito, è tutto lì. Inoltre credo che la parte sia molto
adatta alle caratteristiche peculiari della mia voce. E poi mi diverto da
morire ad incarnare uno psicopatico! I migliori personaggi nel panorama
operistico offrono a noi interpreti sempre nuove sfaccettature; studiando e
ristudiando ogni ruolo non mi stanco mai di scoprire nuovi particolari che
magari avevo tralasciato o sottovalutato. Ecco perchè non sono mai soddisfatto
della mia interpretazione e guardo sempre alla recita successiva anche quando
si tratta di personaggi quali Don Giovanni o il Conte di Almaviva che ho
cantato decine e decine di volte.
A proposito di nuovi ruoli,
a fine anno sarai Iago per la prima volta in forma scenica a Monaco. Si tratta
di un ulteriore importante tassello in un processo di ampliamento del tuo
repertorio italiano.
Il repertorio italiano mi
riporta a quelle che sono state le basi dei i miei studi musicali. In futuro
sarò ancora Iago a Toronto e poi Scarpia a Berlino. Mi auguro di avere ancora molte
occasioni per approfondire questi ruoli prima di affrontarne altri. Mi viene
chiesto spesso se ho intenzione di cimentarmi con Macbeth, Simon Boccanegra,
Gianni Schicchi, Gèrard in Chènier...la verità è che ci sono tanti di quei
personaggi formidabili a cui pensare!
In questi giorni sei a
Baden Baden per il Festival di Pasqua, torni ad Amfortas che insieme al tuo
straordinario Hans Sachs fa parte del tuo bagaglio personale nel repertorio
wagneriano. Hai mai pensato dopo Sachs di affrontare Wotan?
Non ho difficoltà ad
ammettere che Wotan è proprio in fondo alla lista di ruoli da studiare. Se devo
proprio pensare ad arricchire il mio catalogo (per dirla come Leporello e
riallacciarmi così a Don Giovanni, uno dei personaggi che più ho amato e amo tutt'ora)
penso a Telramund nel Lohengrin.
Una gran parte della tua
carriera è occupata anche dalla musica contemporanea. Per te sono stati creati
nuovi ruoli, penso ad Howard K. Stern in Anna Nicole e Harry Heegan in The
Silver Tassie, entrambi di Mark Anthony Turnage. Grande successo hai anche
ottenuto in Doctor Atomic di John Adams dal quale è stato tratto un DVD, e
l'anno scorso nel Lear di Aribert Reimann presentato a Salisburgo. Da cosa
deriva questo tuo interesse particolare verso i compositori di oggi?
Il mio è un amore antico,
quasi primordiale. Durante i miei studi musicali al college e all'università mi
sono sempre confrontato con i miei colleghi studenti del corso di composizione.
Mi ricordo che avevano grandi idee e per me era eccitante collaborare con loro. D'altra parte come
cantante mi affascina rimanere connesso con l'oggi e mi piace mantenere un
ruolo creativo o quanto meno attivo nel mondo dell'opera. Ecco il motivo per
cui amo collaborare con i compositori di oggi. Sono convinto che un esecutore
debba essere al servizio della musica, per far questo è necessario rapportarci
con chi compone musica in quanto anello di congiunzione tra il creatore di
nuove musiche e il pubblico a cui sono destinate. E' un processo assolutamente
entusiasmante!
La tua agenda é fitta di
impegni. Quanto è importante una giusta programmazione in una carriera ai
livelli massimi come la tua, e qual é il tuo orizzonte temporale?
L'organizzazione del
calendario degli impegni è fondamentale soprattutto in un'epoca di spostamenti
e viaggi continui a rendere il tutto ancora più complicato. Generalmente la
precedenza va alle produzioni operistiche su proposte che mi giungono dai
principali teatri e festival e che mi impegnano per periodi lunghi di prove
oltre che per le singole recite. In questi casi il mio orizzonte temporale è a
4 anni. Per quanto riguarda i concerti con orchestra, i miei impegni sono a 18
mesi circa. Ovviamente Liederabend, recitals, tournées e incisioni in studio di
nuovi CD vanno a riempire gli spazi liberi. E' realmente complicato riuscire ad
incastrare le proposte che ricevo per collaborazioni sempre interessanti.
Un'ultima domanda, le tue
origini sono canadesi ma da diversi anni risiedi in Inghilterra, tra poche
settimane comincerai una tournée in Nordamerica che ti riporterà anche nella
tua terra d'origine. Ha un significato particolare per te cantare nei tuoi
luoghi d'infanzia?
Sono sempre felice di
tornare dove sono nato e cresciuto perchè ho la possibilità di fare musica e di
condividere la mia passione con amici e familiari. Oltretutto questo mi dà
l'opportunità di creare nuovi rapporti di amicizia che mi ricordano di quelle
che sono le mie radici.
https://amnerisvagante.wordpress.com/2018/03/24/conversando-con-gerald-finley/
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