di Gloria Ghioni |
Marco Missiroli – foto di Valentina Vasi
"Preferisco che si dica che Fedeltà è un
libro onesto, che rispecchia il senso dell’esistenza, piuttosto che si pensi
che è un libro velocissimo, artificiale, ben costruito. Insomma, fin dal
principio, doveva essere un libro basato esattamente sulle coordinate
dell’esistenza che abbiamo tutti noi...". In occasione dell'uscita del suo
nuovo, atteso romanzo, ilLibraio.it ha intervistato Marco Missiroli che, tra le
altre cose, ha parlato del suo rapporto con la scrittura, con Milano (definita
"città infedele") e con il realismo del testo. E sulle voci che lo
vorrebbero vincitore annunciato del Premio Strega 2019...Cosa succede in una
coppia, quando si instilla il dubbio del tradimento? Ossessione, gelosia,
proiezioni, fantasie sono solo alcune delle tante e caleidoscopiche emozioni
vissute da Carlo e Margherita, i protagonisti di Fedeltà, il nuovo romanzo di
Marco Missiroli, in libreria per Einaudi.Missiroli FedeltàIl romanzo,
attesissimo dopo Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli, 2015), oltre ai
protagonisti, pone anche altri personaggi di fronte al binomio
fedeltà/infedeltà, declinato diversamente per ognuno di loro. In questo il
lettore ritrova il proprio scampolo di esperienza e così, anche questa volta,
Missiroli indaga le tante contraddizioni dell’esistenza, ambigua di per sé e
per questo costantemente seducente, con uno stile letterario e un’adesione al
realismo anche maggiore rispetto ai libri precedenti. Per scoprire di più su
Fedeltà, sulla sua lunga stesura e sulla routine dello scrittore alle prese con
una materia tutt’altro che facile, ilLibraio.it ha intervistato l’autore.Il
titolo del suo nuovo romanzo, Fedeltà, tradisce (si perdoni il gioco di parole)
anche un punto interrogativo implicito, perché la storia vede più volte
vacillare le volontà e le certezze dei protagonisti: quando “fedeltà”
significa, ad esempio, restare coerenti e quando tradire sé stessi?
“La fedeltà del titolo nasconde l’infedeltà –
non solo nelle nostre relazioni, ma anche nel modo di vivere: quanto siamo
fedeli a noi stessi? Questa è la domanda che ripercorre tutto il romanzo e che
mette in crisi non soltanto i protagonisti, ma, credo, anche i lettori stessi;
i nostri incontri quotidiani, le nostre relazioni, anche il rapporto che
abbiamo con le cose, con la materia, con i possedimenti borghesi, con i soldi,
tutto ciò che incontriamo, compresa la religione, quanto mette in crisi ciò che
noi vogliamo? E le azioni che compiamo rispettano noi stessi o rispondono a ciò
che vuole la norma? Il romanzo comincia da qui e questi interrogativi mettono
in crisi una coppia felice. Carlo e Margherita rappresentano apparentemente una
fedeltà verso loro stessi, come diade, ma non si sa quanto rappresentino una
fedeltà verso sé stessi. Questo è importante: Carlo è fedele a Margherita,
Margherita è fedele a Carlo, fino a quanto si instilla il dubbio che Carlo
l’abbia tradita. In questo caso, non soltanto il matrimonio entra in crisi, ma
anche la consapevolezza di ciò che ognuno di loro è per sé stesso, e inizia una
lotta intestina che li porterà a conoscere molto meglio chi sono e a porsi
domande su quel presente che sembra un po’ in ristagno”. Il romanzo si apre con
una citazione in esergo tratta da Pastorale americana: Philip Roth è un autore
che sente vicino alla sua concezione di scrittura e di letteratura?
“Philip Roth rappresenta una delle mie
strutture sentimentali per quanto riguarda la narrativa, insieme a Dino
Buzzati, a Carver, a Hemingway e ai francesi, come Maupassant. È fondamentale,
perché mette in rilievo le contraddizioni dell’umano: per un libro è molto
difficile trattare le ambiguità, ma è anche il fulcro più importante. Ho scelto
una citazione di Pastorale americana, di Roth, perché a volte si scopre di
essere vivi mentre si sbaglia; quel che per la società è un errore, per noi a
volte può essere una rivitalizzazione del nostro essere, della nostra
esistenza. È questo il gioco presente in Fedeltà: quel che per gli altri può
essere un errore – ad esempio l’infedeltà verso il partner –, diventa qualcosa
di molto prezioso per noi stessi”.
Quante volte abbiamo sentito spiegare o
addirittura giustificare il tradimento con la crisi di coppia. Tuttavia, il
desiderio non manca ai suoi protagonisti, né l’amore. Dunque, da cosa nasce la
loro fragilità (ammesso che la si possa considerare tale)?
“Fedeltà è un valzer di fragilità e di
spiegazioni a sé stessi e di cose che i personaggi non vogliono spiegarsi; il
senso di libertà è qualcosa che li spaventa costantemente. Ed è qui che va in
crisi la coppia di Carlo e Margherita, che va in crisi un sistema affettivo
della nostra generazione: siamo chiamati a chiederci se possiamo avere meno
libertà di quella che istintivamente vorremmo. Carlo e Margherita sono a
cavallo tra la vecchia generazione e la nuova, fanno un po’ da trait d’union
con la vecchia concezione familiare: una volta la famiglia doveva avere dei
ritmi e delle chiusure, dei sistemi rigidi, per cui ci si appoggiava alla norma
anche con rassegnazione. Carlo e Margherita diventano pionieri che vedono
nell’esterno qualcosa che può distruggere la coppia o magari integrarla. Non
sanno che risultati avranno, per cui vanno in avanscoperta per noi lettori; lo
sono andati per me, scrittore; e più in generale per la nuova generazione, che
è la mia, dei nati negli anni ’80 e anche quella dei Millennials. Per queste
ultime generazioni, il sentimento e la fedeltà sono quasi una conquista, perché
probabilmente in quest’epoca si nasce già infedeli. Il romanzo è una specie di
mappa di questa trasformazione”. Milano non si limita a essere sfondo del
romanzo: la sua toponomastica, ma anche i suoi colori, la luminosità
dell’appartamento in Concordia, i cortili dell’università, Parco Sempione sono
solo alcuni dei tanti luoghi frequentati dai personaggi. Sono anche realtà che
vengono guardate con occhi nuovi, come accade alla giovane Sofia, che è
arrivata per frequentare il master di scrittura di Carlo e che viene da Rimini,
proprio come Lei… Cosa pensa Lei di Milano?
“Milano può essere una città infedele, nel
senso che come molte grandi città non sai mai, quando esci di casa, cosa ti
rivelerà e cosa rivelerà di te. Può essere una città che ti nasconde o che ti
rivela, proprio perché ogni quartiere è radicalmente diverso; quando cammini da
una parte all’altra, attraversi queste differenti anime urbane (lo stesso
meccanismo che avviene con il passaggio di testimone narrativo dei personaggi
nel romanzo). È una città che all’inizio non amavo, ma che adesso sento
profondamente”.
Come mai questo cambiamento?
“Il mio rapporto con Milano rappresenta una
vera storia d’amore: all’inizio mi sentivo straniero, poi improvvisamente ne
sono rimasto conquistato. Sofia tenta lo stesso nel romanzo, ma non si dà il
tempo per riuscirci: non fa in tempo ad avere questo passaggio d’amore, visto
che decide lei stessa di tornare a Rimini, perché sa che il vestito della
provincia non si può togliere; e accetta questa sua natura, ovvero di essere
una ragazza di provincia che può adagiarsi a questo codice, ai suoi stereotipi,
e poi magari ribaltarli. In questo. Il suo è un atto sì di coerenza con le
proprie radici, ma anche di sovversione”. Se le città e i periodi storici
cambiano, amore, amicizia, lavoro, famiglia sono ambiti entro cui si muovono
sempre i suoi personaggi, tanto caratterizzati da sembrare reali, in
particolare in Fedeltà. Quanto della sua vita si permette di travasare nelle
storie che scrive?
“In questo caso, il titolo Fedeltà deriva
anche dal fatto che io sono rimasto fedele alla vita e alle storie che ho
conosciuto, ai personaggi reali e anche a una parte di mio autobiografismo.
Fedeltà è proprio l’atto di fiducia nei confronti della vita, da rimettere
all’interno di un libro. A differenza degli altri romanzi, in questo c’è una
maggiore base di realtà, ed è per questo che il libro deve echeggiare qualcosa
di onesto, di reale, dove non ci sono stati artifici che gli hanno fatto
perdere il suo fortissimo legame con le meccaniche quotidiane. Preferisco che
si dica che Fedeltà è un libro onesto, che rispecchia il senso dell’esistenza,
piuttosto che si pensi che è un libro velocissimo, artificiale, ben costruito.
Insomma, fin dal principio, doveva essere un libro basato esattamente sulle
coordinate dell’esistenza che abbiamo tutti noi”.Sono sempre di più gli autori
che pubblicano un nuovo titolo ogni anno; Lei invece arriva con Fedeltà dopo
alcuni anni dall’acclamato Atti osceni in luogo privato: come è stato questo
periodo di scrittura e riscrittura? Quanto e come si è dedicato al nuovo
romanzo?
“Come diceva McEwan, devi assorbire della vita
prima di scrivere un nuovo libro. E allora ho aspettato, perché questo libro si
depositasse e diventasse qualcosa di concreto e soprattutto ho atteso la
certezza che fosse il libro giusto dopo Atti osceni. In questa fase della mia
vita, Fedeltà doveva fissare uno snodo fondamentale, non solamente
esistenziale, ma anche di maturità di lingua, di prosa, di struttura e ci vuol
tanto tempo purtroppo per realizzarlo”. E quale è stata la sua routine di
scrittura e revisione?
“Inizialmente, per circa un mese, ho scritto a
casa, ed era il 2016, dopo aver fatto circa un anno di ricerche; poi mi sono
spostato in un bar milanese, perché probabilmente avevo paura di scrivere
Fedeltà da solo; lì, il rumore e il vociare mi davano una mano. Quindi mi sono
ritrovato lì tutti i giorni dalle 7.30 della mattina circa per sei ore, a volte
anche il sabato e la domenica; ma non sempre, perché questo è stato un libro
molto difficile da scrivere e mi sono fatto condurre dai personaggi, dai loro
ritmi, e a volte li ho dovuti un po’ indirizzare in base alla struttura. Ci
sono state sedici, diciassette riscritture, più il lavoro con l’editor Angela
Rastelli e Paola Gallo di Einaudi. Un lavoro stupendo. La scrittura e la
revisione di Fedeltà in tutto sono durate tre anni, tre anni e mezzo, più la
rilettura ad alta voce. Ho cercato di non eccedere nel lavorio sulla lingua, ma
piuttosto mi sono concentrato sui personaggi, che dovevano crescere
naturalmente all’interno della storia”.
Se ne parla da tanto: il suo romanzo, atteso da tempo, è considerato il
favorito del Premio Strega 2019. Come vive questa situazione?
“Riesco a concentrarmi sul testo; è
un’attitudine che mi sono trovato quasi in dotazione e che mi rende molto
felice di come sto nel mondo editoriale. Quando scrivo, penso solo al testo;
quando lo edito, penso solo al testo; quando esce, penso all’effetto che il
testo avrà sui lettori, e questa è la cosa più grande che c’è. In qualche modo,
sono protetto anche dalle voci, da quel che si dice, dai premi, finché non sarà
davvero il momento di decidere oppure di capire cosa fare. Ma non oggi. È ancora
il momento del testo”.
https://www.illibraio.it/marco-missiroli-fedelta-intervista-956319/
No hay comentarios:
Publicar un comentario