In Against all Enemies, fuori concorso a
Venezia, l’ex Bella diventa l’attrice simbolo degli Anni Sessanta
di
Francesca Fiorentino
ROMA – Jean Seberg, l’americana. Jean Seberg,
il simbolo della Nouvelle Vague. Jean Seberg, il volto di Godard. Un’icona
talmente forte da sembrare davvero francese, lei che invece era nata in un
piccolo paese del Midwest, in una famiglia luterana di origini svedesi. Minuta,
viso dall’ovale perfetto, occhi grandi e labbra carnose, Jean ha incarnato lo
spirito libero del cinema d’autore degli anni Sessanta, diventando suo malgrado
una sorta di eroina, corpo perfetto per rappresentare e incarnare le inquietudini
di una generazione incapace di definirsi. Dici Seberg e pensi a Parigi,
Belmondo, dici Seberg e pensi al bianco e nero di un capolavoro: Fino
all’ultimo respiro.
La Parigi in bianco e nero e il fumo delle
sigarette, magliette a righe e quella t-shirt con la scritta sopra, New York
Herald Tribune. Eppure, Jean Seberg era molto di più. È stata una donna
fragile, spesso in balia dei suoi sentimenti, delusa molte volte da un mondo
che la vedeva solo come personaggio e che l’ha privata della sua umanità. Una figura
complessa, meno epocale di una Marilyn Monroe, con la quale ha comunque
condiviso una tragica fine e la capacità di ammaliare il pubblico. Ed è proprio
a lei che Kristen Stewart rende omaggio nel film Against all enemies di
Benedict Andrews, che sarà presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia.
Un altro biopic su un’artista tormentata? Non
proprio, visto che l’opera scritta da Anna Waterhouse e Joe Shrapnel racconta
un aspetto poco noto della vita di Jean Seberg: la sua relazione con
l’attivista afroamericano Hakim Jamal, cugino di Malcolm X, uomo di spicco del
Black Power Movement, interpretato da Anthony Mackie. Una relazione la loro che
persino nei liberali Sixties venne osteggiata dall’opinione pubblica e
soprattutto dall’FBI che mal sopportava tutte le “contaminazioni” tra gli
esponenti dei gruppi legati alla difesa dei diritti e rappresentanti della
cultura “alta”.
Da una parte la dea bionda, emblema di una
società in trasformazione, ribelle fino a prova contraria. Dall’altra, un uomo
affascinante, amato dalle donne e salvato dalla politica, che ha conosciuto il
buio dell’ospedale psichiatrico ed è stato sul punto di perdersi più di una
volta (finendo assassinato nel ’73). Per Jean, un irresistibile richiamo. Una
sua cara amica una volta disse che Jean aveva sempre qualcosa su cui lavorare,
non solo per migliorare sé stessa, ma tutta la società. Nel rapporto con Jamal,
nome di battaglia di Allen Donaldson, la Seberg quindi vedeva la possibilità di
partecipare al grande cambiamento di un’epoca inquieta. Come? Amando una
persona che non avrebbe dovuto amare. Per il colore della pelle e per il fatto
che fosse già sposato. Si vocifera che la stessa moglie di Jamal chiamò un
giorno il padre della Seberg, Ed, stimato farmacista di Marshalltown, Iowa, per
supplicarlo di spingere la figlia a lasciarle il marito.
Ma chi era Jean Seberg? Appassionata di
recitazione fin da giovane, debutta al cinema nei panni di Giovanna D’Arco per
il dispotico Otto Preminger. Un imprinting di certo poco tenero, quello attuato
dal regista austriaco che sottopone la ragazza ad un tour de force estenuante.
È il 1957 e per Jean si aprono le porte dello showbiz. Prima Buongiorno
tristezza, sempre con Preminger, poi nel 1960 l’incontro fortunato con Godard e
la partecipazione ad À bout de souffle, film manifesto della nuova onda
francese. Un ruolo così potente, quello di Patricia, compagna del malvivente
Michel (Jean-Paul Belmondo) che quasi oscura tutta la carriera a venire, pur
segnata da altre opere interessanti (Airport, La ballata della città senza
nome), alcune anche per autori italiani come Nelo Risi (Ondata di calore) e
Pasquale Squitieri (Camorra).
Nel 1958 il primo matrimonio, con l’avvocato
François Moreuil che lascerà qualche anno dopo per lo scrittore e regista
Romain Gary. Sono anni difficili, in cui la Seberg vive le prime profonde crisi
depressive. L’unica soddisfazione è la nascita del figlio Diego, avuto da Gary
nel 1962, ma tenuto segreto perché l’uomo era sposato. Proprio adesso la Seberg
inizia a maturare una coscienza politica molto forte. Osteggia la guerra in
Vietnam, si dichiara sostenitrice del Che e abbraccia la causa delle Pantere
Nere, finendo per questo sotto stretta osservazione della Federal Bureau of
Investigation.
Nell’ottobre del ’68, l’incontro con Hakim
Jamal. Per molti, Jamal è solo alla ricerca di una ricca da donna da cui farsi
mantenere e forse lo scenario non è troppo distante dalla realtà. Ma Jean lo
ama o almeno crede di farlo, almeno fino a quando i due si lasciano, poco tempo
dopo. Nel ’70 la Seberg resta incinta dell’attivista Carlos Navarra. L’FBI
decide di utilizzare l’informazione per mettere in cattiva luce l’attrice
(ufficialmente ancora sposata). Jean, allo stremo delle forze, con un nuovo esaurimento
da affrontare, dà alla luce una bambina, Nina, che muore dopo 3 giorni. Il
trauma per la donna è insopportabile. Si sposa altre due volte, con Dennis
Berry e Ahmed Hasni, prima di togliersi la vita nel 1979 a soli 41 anni.
https://hotcorn.com/it/film/news/jean-seberg-biopic-kristen-stewart-venezia-76-against-all-enemies-anthony-mackie/
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