Dal 7 al 30 novembre
2018 nella suggestiva Sala della Musica del Complesso Monumentale di San
Firenze sarà visitabile la mostra del pittore, filosofo e poeta cinese Mao
Jianhua, dal titolo “Mountains. Secret Harmony of the Earth”, a cura di
Cristina Acidini, promossa dalla Fondazione Franco Zeffirelli, con il
patrocinio del Comune di Firenze e del Consiglio Regionale della Toscana, con
la collaborazione dell’Associazione culturale Acontemporaryart.
Il progetto
espositivo propone una selezione di 25 opere pittoriche eseguite con pennello e
inchiostro su carta di riso fatta a mano, di varie dimensioni, dai fogli di
piccolo formato a rotoli più imponenti, uno dei quali raggiunge ben undici
metri di larghezza. Attraverso queste opere dalle dimensioni maestose e, al
contempo, intimiste, Mao Jianhua dà forma alla segreta armonia della terra,
alla musica delle montagne sacre, al suono primordiale dell’universo che nella
tradizione cinese risuona attraverso il guqin, lo strumento musicale cinese
dalla storia millenaria.
Il percorso della
mostra coinvolge il visitatore in un atto di contemplazione della natura, alla
ricerca dell’armonia interiore e della sinfonia naturale che viene captata
attraverso l’ascolto della musica del guqin che vibra con il ritmo delle montagne
e il cui suono melodioso e avvolgente induce un introspettivo silenzio,
favorendo un senso di raccoglimento e meditazione. Così, l’energia sprigionata
dalla sacralità delle montagne si trasforma in creazione artistica e poetica.
Non si tratta della
semplice rappresentazione “realistica” del vero e della natura, bensì
l’artista, attraverso forme stilizzate, intende esprimere la musica della
natura, la sua vibrazione, proprio come un suonatore di guqin; è in tal senso
che in questa mostra musica e pittura dialogano all’unisono, anzi per l’artista
sono la stessa cosa. Se la musica del guqin rappresenta la natura con il suono,
la pittura lo fa sotto forma d’immagini, attraverso linee e colori.
Nella tradizione
culturale della Cina imperiale, la musica del guqin, il gioco degli scacchi, la
calligrafia e la pittura erano considerate le quattro pratiche basilari che
ognuno doveva coltivare per educare e raffinare se stesso. La musica del guqin
è strumento d’elevazione e accrescimento per il letterato, così come lo è per
il sovrano. Fin dall’antichità la pratica del guqin, in luoghi aperti e isolati
come le montagne, era parte essenziale delle competenze artistiche di un
erudito, e ancora oggi è considerato il mezzo per armonizzarsi con l’universo,
trasmettendone il suono, il respiro profondo. Mao Jianhua procede coerentemente
con questo insegnamento.
Oltre alla
disciplina spirituale e filosofica, anche le esperienze della vita hanno
contribuito alla formazione dell’originale personalità dell’artista, tanto che
Mao Jianhua, imprenditore per lungo tempo impegnato a livello internazionale,
ha dato una svolta alla propria vita intraprendendo una profonda ricerca dei
fondamenti culturali e spirituali della tradizione cinese. Dedito fin da
giovanissimo alla nobile arte della calligrafia, Mao Jianhua ha iniziato a
dipingere dodici anni fa, partendo da uno studio approfondito dei “classici”
della pittura Shan shui (montagna-acqua), imperniata sulla raffigurazione del
paesaggio e che ebbe la sua piena fioritura sotto la dinastia Song del Nord
(dal 960 al 1127). Seguendo il metodo accademico più tradizionale, quindi
partendo dalla copia dei capolavori degli antichi maestri (i pittori delle
dinastie Song, Yuan e Qing), Mao Jianhua si è affidato alla guida spirituale di
un Maestro, dedicandosi al taoismo e al buddhismo zen, alla meditazione,
all’isolamento, alla musica, agli scacchi, alla calligrafia e alla pittura,
riscoprendo il rapporto simpatetico con la natura. È sulle Montagne Gialle, che
ha visitato per sei volte, che Mao Jianhua ha trovato la sua strada personale
alla pittura Shan shui, curandone con dedizione ogni aspetto, dal supporto (la
carta), agli strumenti (i pennelli), alla gamma cromatica (gli inchiostri). Per
lo più utilizzando inchiostro nero su fondo bianco, la tecnica di Mao Jianhua,
severamente minimalista, procede per pennellate decise, che spaziano dal nero
più cupo alle più tenui sfumature di grigio talvolta interrotte da inaspettate
tinte pastello, su carta di riso fatta a mano. La carta Xuan, nota come carta
di riso cinese, in realtà si ottiene dalla corteccia dell’albero del sandalo e
fin da tempi remoti è stata usata per scrivere e per dipingere.
Soffermandosi sui
paesaggi di Mao Jianhua, Cristina Acidini, curatrice della mostra, sottolinea
che in essi “ritroviamo le lunghe, tortuose impaginazioni di rivi fluviali
scorrenti ad anse fra le campagne alberate, ma soprattutto le vette montuose
che s’innalzano impervie e ripide, spesso da pallide e indistinte falde di
nebbia”, e sono proprio le montagne che “acquistano sfumature di personalità,
che le rendono ispiratrici di situazioni emotive profondamente umane. Ci voleva
un artista che fosse insieme poeta e filosofo, per restituire con i semplici
media dell’antica tradizione cinese la sinfonia segreta della natura, che si fa
intendere e si dischiude solo attraverso il percorso paziente della
meditazione, fino a immedesimarsi col respiro profondo dell’universo”.
Le montagne, che
emergono attraverso segni grafici a tratti potenti o più delicati, sono autentici
paesaggi spirituali e lo scopo dell’artista non è riprodurre paesaggi
gradevoli, ma creare uno spazio animato dal soffio vitale, dal respiro
dell’universo che si concretizza nella melodia realizzata dall’artista, tale
soffio è riconduce al filo invisibile che regge il cosmo; le montagne di Mao
Jianhua sono le forme simboliche con cui l’universo si fa concreto.
“La vera opera
d’arte, non importa se pittura o scultura” - spiega l’artista Mao Jianhua -
“deve essere un’espressione della libertà della vita. Dietro a ogni opera
d’arte c’è un messaggio di armonia interiore e di senso di pace, che si
trasmette all’osservatore. Ogni dipinto dispiega sulla carta la vita con la sua
immagine, ritmo e colore”.
“Dopo il vernissage
al Vittoriano di Roma” - dichiara Pippo Zeffirelli, vicepresidente dell’omonima
Fondazione - “siamo lieti di ospitare le opere di Mao Jianhua presso il Centro
Internazionale per le Arti dello Spettacolo Franco Zeffirelli. È la scoperta di
un artista che ha saputo portare tratti di modernità ad una grande visione
tradizionale cinese. Con le sue tecniche artistiche, con le sue grandi
pennellate intrise di inchiostro e la capacità di variazioni infinite, Mao
Jianhua è riuscito a conquistarsi l’ammirazione di molti pittori del mondo occidentale”.
L’elegante catalogo realizzato a corredo della
mostra, dal titolo Mountains. Secret Harmony of the Earth, a cura di Cristina
Acidini, con i testi di Cristina Acidini e Carla Casu, è pubblicato da Edizioni
Plan.
La Fondazione Franco
Zeffirelli Centro Internazionale per le Arti dello Spettacolo di Firenze offre
a tutti, e in particolare agli specialisti e agli appassionati delle arti dello
spettacolo, la possibilità unica di conoscere da vicino il patrimonio di una
delle leggende dell’arte a livello mondiale. Il Museo, ubicato al primo piano
del Complesso Monumentale di San Firenze, ospita oltre 300 opere legate alle
attività del Maestro Zeffirelli. Alla mostra permanente si affiancano
esposizioni dedicate alle più autorevoli personalità artistiche di tutto il
mondo e ai soggetti teatrali e cinematografici sviluppati dal Maestro nel corso
della sua carriera.
L’ARTISTA MAO
JIANHUA
Mao Jianhua è nato
nel 1955, a Changshu, una città della provincia di Suzhou, vicino a Shanghai.
Da sempre affascinato dal Taoismo e dal Buddismo, ha compiuto viaggi di
contemplazione e studio sulle Montagne Gialle, esperienze che hanno scandito il
percorso culturale dell’artista. I suoi dipinti sono spesso firmati con gli
pseudonimi di “Jizushanren” (uomo di Jizu, la montagna dove Mao si reca
regolarmente per la meditazione) o “Zhuoweng” (uomo che segue la propria natura
primordiale). Tra le iniziative espositive realizzate in Italia ricordiamo la
grande mostra personale realizzata nel settembre 2017 a Roma, al Complesso del
Vittoriano, dal titolo “The Timeless Dance. Beyond the Mountains”.
www.maojianhua.com
L’ANTICO STRUMENTO
MUSICALE: IL GUQIN
Strumento a corda tradizionale,
una sorta di cetra (il significato letterale del termine guqin è “antico
strumento a corda”), è denso di significati cosmologici e metafisici
strettamente legati al Taoismo, molto popolare al tempo di Confucio (551-479
a.C.). Il guqin non è solo uno strumento musicale dalla storia millenaria, ma è
considerato una vera e propria via per la saggezza, al pari della meditazione.
Perfezionato in Cina oltre 3000 anni fa, fu parte integrante delle orchestre
della corte imperiale, conoscendo in seguito ampia diffusione in ruoli
solistici. Nel 2003 il repertorio guqin è stato proclamato dall’UNESCO
Patrimonio immateriale dell’umanità. Le sue parti simboleggiano l’universo: le
sette corde in seta rappresentano l’acqua, la bacchetta che le unisce le montagne,
i tredici bottoni in madreperla o avorio che ne scandiscono il tempo, i tredici
mesi del calendario cinese. Sul retro, i due fori simboleggiano il Dragone e la
Fenice, la parte superiore rappresenta il cielo e la parte inferiore la terra.
Il legno con cui è realizzato deve essere vecchio ed è considerato un segno di
grande pregio quando sulla sua superficie si formano delle crepe che pian piano
disegnano una mappa, come le rughe sul volto di un antenato.
MUSEO ZEFFIRELLI: DA MARIA CALLAS
AL PROGETTO
"INFERNO"Il Museo del Centro internazionale per le arti dello
spettacolo ospita circa 300 opere del Maestro Zeffirelli tra bozzetti di scena,
disegni e figurini, costumi di scena, una sala video. Aperto tutti i giorni
(escluso il lunedì) dalle 10 alle 18), propone un percorso espositivo –
suddiviso cronologicamente in teatro di prosa, opera in musica e cinema, – che
illustra per aree tematiche e autori gli sviluppi degli allestimenti teatrali e
delle produzioni cinematografiche i quali, corredati dalle foto di scena,
esemplificano le tappe principali della parabola artistica di Zeffirelli (che
ha abbracciato un periodo di circa 70 anni a cavallo tra il Novecento e gli
anni Duemila), compresa anche un'opera mai realizzata, L'inferno, che doveva
diventare un film agli inizi degli anni Settanta e avere per protagonista
Dustin Hoffman. L'allestimento museale è curato da Pippo Zeffirelli, Caterina
d'Amico e Carlo Centolavigna. Per visite guidate del museo a pagamento, info e
prenotazioni telefonare a Exclusive Connection al numero 055-2001586.
www.fondazionefrancozeffirelli.com
- info@fondazionefrancozeffirelli.com
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