CICLO DE MIÉRCOLES
DEL 16 DE MARZO AL 30 DE MARZO DE 2022
Giuseppe Verdi marcó una época en la historia de la ópera, un punto
de inflexión entre el bel canto de las melodías de coloratura de Vincenzo
Bellini y Gaetano Donizetti y el triunfo del verismo que encarnó Giacomo
Puccini. Pero la producción escénica de los compositores italianos rebasó los
confines del palco escénico. Con frecuencia se difundió en las salas de
concierto mediante brillantes reinterpretaciones de carácter virtuosístico que
parafraseaban sus arias más famosas. Más allá de la ópera, la poderosa imagen
de estos autores teatrales ha eclipsado otros aspectos de su creación musical,
como su innovador acercamiento a la escritura coral o su modesta pero relevante
incursión en el cuarteto de cuerda.
IL CORRIERE DELLA SERA
Idi di Marzo, la storia del cesaricidio e della morte di Giulio Cesare
Il 15 marzo del 44 a.C. veniva ucciso in Senato Giulio Cesare. Lo storico Svetonio racconta le sue ultime parole prima di cadere, riconoscendo tra i suoi assalitori anche Marco Giunio Bruto: «Tu quoque, Brute, fili mi»
Protagonista dell’ultima complessa fase delle istituzioni repubblicane a Roma, Caio Giulio Cesare venne assassinato a seguito di una congiura promossa da Bruto e Cassio alle Idi di marzo (il 15) del 44 a.C., dopo esser stato nominato dittatore a vita. Dopo la sua morte, a Roma iniziò il periodo imperiale di Ottaviano Augusto.
Ma cosa rappresentavano all’epoca le «Idi»? Il calendario romano non era scandito dall’ordine progressivo dei giorni, come accade oggi, ma da periodi. Qualche esempio? Le calende (il primo giorno di ogni mese); le none (il quinto e il settimo giorno del mese, in base alla lunghezza), e appunto le idi, che cadevano 13esimo giorno a gennaio, febbraio, aprile, giugno, agosto, settembre, novembre e dicembre, mentre si tenevano il 15 del mese a marzo, maggio, luglio e ottobre.
E proprio alla metà del mese, il 15 marzo del 44 a.C, Cesare venne assassinato con 23 pugnalate da un gruppo di senatori che volevano ostacolarne l’ascesa al potere. A capeggiare i cospiratori — lo abbiamo ricordato sopra — Gaio Cassio e Marco Giunio Bruto, amato figlio adottivo di Cesare. I «cesaricidi», come sono ricordati gli assassini, attesero il dittatore alla seduta in Senato e lì, come racconta lo storico Svetonio, lo pugnalarono. Cesare, vedendosi colpito anche da Bruto, pronunciò la famosa frase: «Tu quoque Brute fili mi!» («Anche tu Bruto, figlio mio!»). In realtà, Svetonio riportò la frase in greco «Kai su teknòn» («Anche tu, figlio»), ma la citazione — rielaborata — divenne famosa con la dicitura latina.
A raccontare la fine di Giulio Cesare è anche una famosa tragedia di William Shakespeare, scritta probabilmente nel 1599, e ispirata in parte a fatti storici, in parte alla traduzione realizzata da sir Thomas North delle «Vite dei nobili greci e romani» di Plutarco.
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