di Caterina.
Nuovo articolo su Amneris vagante
Nel 1880 Verdi, già stuzzicato da Giulio Ricordi e incuriosito
dalla versificazione (il poema) di Othello alla quale Boito stava lavorando,
aveva iniziato una corrispondenza con il pittore Domenico Morelli. In una delle
lettere il compositore gli aveva chiesto di realizzare dei bozzetti
raffiguranti alcune delle scene del dramma shakespeariano, manifestando uno
spiccato interesse per il personaggio di Jago. Il progetto ancora in nuce era
già stato definito da Verdi il cioccolatte, poichè nella bevanda a base di
cacao e di latte egli trovava che fossero racchiusi i personaggi principali. Se
Otello era il cacao, altrettanto lo era il malefico alfiere del Moro.
"Questo Jago è Shakespeare, è l'umanità, cioè una parte dell'umanità, il
brutto". Egli era il doppio di Otello, il nero del cioccolatte, la sua
ombra. Il latte era invece Desdemona, delicata e candida come colomba.
Ci si arrovella sempre sui due protagonisti maschili, sullo stile
vocale intimamente legato alla psicologia dell'uno e dell'altro, sull'impervia
tessitura affidata al tenore e sulla natura manipolatrice incarnata dal
baritono. Di Desdemona si dice frettolosamente che è la personificazione
dell'amore incondizionato, vittima sacrificale e consenziente della collerica
ingenuità di un marito sentimentalmente immaturo. Ma così facendo si sbarra la
strada al naturale confronto tra la caratterizzazione fatta da Shakespeare e
quella di Verdi-Boito.
L'ottica nella quale si muovono i tre personaggi principali
dell'opera è infatti lo specchio della semplificazione ad uso e consumo del
pubblico di fine Ottocento, operata da compositore e librettista fin dalla
soppressione dell'atto veneziano. Il melodramma verdiano ci introduce infatti
in medias res, di fatto privando la personalità di Desdemona di quella componente
di rottura che nel dramma elisabettiano fa di lei un'icona
dell'autodeterminazione. Shakespeare ci consegna una donna che rivendica il
diritto di scegliere in totale autonomia l'uomo da amare e da sposare, così
facendo ribellandosi alle rigide convenzioni sociali della società patriarcale
veneziana.
La sua purezza e castità non sono soltanto nei comportamenti
esteriori, in realtà si concretano nell'atteggiamento mentale e nel suo volersi
ritagliare un ruolo paritario nel confronto con gli uomini. Lei sceglie il Moro
non solamente perchè soggiogata dai racconti delle sue valorose imprese, e
nemmeno per sfuggire all'autorità paterna, lo sceglie consapevolmente perchè il
suo è un amore completo che trova ristoro solo nelle gioie coniugali, frutto di
una totale corrispondenza di sentimenti.
Una tale sconvolgente modernità sarebbe stata obiettivamente
difficile da accettare in un Ottocento ancora profondamente segnato
dall'interpretazione romantica di Othello secondo Coleridge e Schlegel. Allora
via la descrizione del coraggio e della ribellione della nobile veneziana sui
generis, a favore di un più rassicurante ritratto di angelo di totale
innocenza, vulnerabile e generosa nella sua fedeltà di sposa innamorata.
Verdi e Boito ne fanno una creatura quasi celeste che nel quarto
atto passa dal brivido premonitore della canzone del salice alla preghiera di
fede dell'Ave Maria che dissolve la fosca e rabbiosa atmosfera dell'atto
precedente. E' l'esaltazione dell'amore
più puro e innocente, la sua è una volontaria rinuncia alla vita, così
che, prima di morire, prega pel peccatore, per l'innocente e pel debole
oppresso e pel possente........per chi sotto l'oltraggio piega la fronte....
Verdi implacabilmente vuole che, alla morte di Desdemona, lo
spettatore inorridisca davanti alla brutalità e all'ignoranza, per poi
spingerlo a perdonare la cecità di Otello al disvelarsi dell'orribile complotto
di Jago. Il Moro è lì, le sue fibre più intime esposte e date in pasto agli
astanti che, in un attimo, passano dallo sdegno alla commozione per questa
larva di nobile condottiero ridotto ad un piccolo uomo impotente.
Nell'immediatezza musicale (sublimazione dell'arte verdiana qui più che mai) e
nella semplificazione teatrale si compie la catarsi di fronte all'universalità dell'uomo che
soffre.
https://amnerisvagante.wordpress.com/2017/06/19/otello-jago-il-cioccolatte-e-desdemona/
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