"Caro nostro e grande
Maestro,
la farfallina volerà:
ha l'ali sparse di polvere,
con qualche goccia qua e
là,
gocce di sangue,
gocce di pianto...
Vola, vola farfallina,
a cui piangeva tanto il
cuore;
e hai fatto piangere il tuo
cantore...
Canta, canta farfallina,
con la tua voce piccolina,
col tuo stridere di sogno,
soave come l'ombra,
dolce come una tomba,
all'ombra dei bambù
a Nagasaki ed a Cefù"
All'indomani del fiasco
scaligero preordinato di Madama Butterfly, nel Febbraio del 1904 Giovanni
Pascoli scriveva così a Giacomo Puccini, il quale rispondeva molto più
prosaicamente:
"Caro grande poeta,
con tanta gioia ho letto la sua fine cartolina e ne la ringrazio. Anch'io ho
così fede (sia pur tenue) nel volo di Cio Ciò San!"
Nel rapporto di amicizia e
di collaborazione mai nati fra i due, c'è racchiusa la duplice essenza di
Butterfly: tenue farfalla che ispira un bene piccolino nell'immaginario della
fanciulla abbacinata dal sogno americano e innamorata dell'amore, aspetto
privilegiato nelle parole di Pascoli, e
donna cresciuta troppo in fretta nella concreta replica del compositore che
utilizza il nome del personaggio.
Statisticamente quanti di
noi si riferiscono alla sposa "per finta", ingannata, ingravidata e
abbandonata, definendola con il suo nome invece del nomignolo del titolo? Pochi
pochissimi, perché è il milieu finto
decadente che colpisce lo spettatore. L'orientalismo di maniera che serpeggia a
cavallo tra la fine dell'800 e l'inizio del secolo breve cattura l'attenzione
in superficie, salvo nascondere sotto il pelo dell'acqua la nascita, lo
sviluppo e l'annientamento di un'illusione che si dissolve nella cruda
esperienza della vita.
Quale realtà è più
illusoria, finta, costruita a tavolino, di quella cinematografica? Il
personaggio Madama Butterfly secondo Nicola Berloffa, regista della
coproduzione fra il Teatro Massimo di Palermo
e il Macerata Opera Festival, è fondamentalmente Cio Cio San, che dai quindici ai diciotto anni si
ritrova schiacciata dal suo stesso stridere di sogno di pascoliana memoria.
Tra cinema di quart'ordine
dal doppio uso di case piacere, e
postriboli che accolgono orde di soldati
americani pronti a pagare allo stesso modo alcool e donne, c'è un'oasi di
speranza nella quale la ex-tenua farfalla si muove. Dolore è un bimbo biondo,
protetto quasi con ferocia da una madre risoluta acché la sua sia un'infanzia
lontana dal sogno americano spezzato. Piedini che penzolano e si muovono
ritmicamente mentre siede su di una
sedia troppo alta per lui, l'infantile gioia nello spargere i petali dei fiori
durante il duetto Butterfly-Suzuki, il tradizionale sventolamento di bandierine
americane (dopo essere stato bendato) che precede il crudo finale dell'opera,
il fanciullo dagli occhi azzurrini è il prolungamento dell'illusoria corsa
verso l'America salvifica della madre.
L'Arena Sferisterio meglio si presta allo spazio chiuso del
Teatro Massimo, le incongruenze della messa in scena risultano infatti più
sfumate. Il maxi schermo del cinema sul quale la stessa protagonista proietta
le immagini di Bette Davis in
Perdutamente tua e spezzoni dai film acquatici con Esther Williams, ha una sua migliore pertinenza perché
inquadrato in un contesto più ampio e
nel quale i particolari assumono un altro aspetto.
Maria José Siri è molto più
a suo agio nel doloroso e progressivo processo di disilluso
autoannientamento, piuttosto che nella
finta gioiosità del primo atto. Ed è
l'unica vera luce nella resa vocale dello spettacolo. Taciamo di Pinkerton che
difficilmente si riesce a digerire nella spietata bassezza conferitagli
dall'autore e del quale ci domandiamo qui come abbia potuto irretirne la fanciulla di Nagasaki, taciamo di
Sharpless che, da paterno e compassionevole qui abbiamo sentito verista,
taciamo dello sforzo imposto all'orchestra da Massimo Zanetti di asciugare e
rendere scabre le sonorità pucciniana.
Ammiriamo però
incondizionatamente l'Intermezzo sinfonico che ci conduce verso la fine. La
tenue farfalla , nonostante tutto sa di correre verso la fine, e lo fa rifugiandosi nel mondo illusorio dei
film, in un cinema malfamato.
https://amnerisvagante.wordpress.com/2017/08/07/4495/
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