28/02/2014 06:05
È
tregua «armata» fra i sindacati e il Campidoglio. L’evento con i due Muti
restituisce lustro al Teatro
La notte ha portato finalmente
consiglio e dopo tanta apprensione la musica è tornata a far sentire la sua
suadente voce al Teatro dell’Opera di Roma. Del resto far saltare la prima
della Manon Lescaut di Puccini sarebbe stato una sorta di harakiri,
visto anche il fatto che nuovi orizzonti politici vanno ora delineandosi a
livello nazionale e che si trattava dello spettacolo clou che vale quasi una
stagione per i nomi scesi in campo: quelli dei due Muti, papà e figlia, per
direzione musicale e regia, ma anche per la prima esperienza romana - non
proprio una vacanza - dell’acclamata Anna Netrebko nei panni della sventurata
protagonista. Una serata che, come di dovere, è stata onorata da presenze
istituzionali d’eccezione, dal Presidente della Repubblica Napolitano, al
sindaco Marino e al neo Ministro della cultura Franceschini. Alla soluzione
positiva, almeno per il momento (giacchè è una responsabile tregua più che una
pace quella stilata tra i sindacati e il Campidoglio) si era arrivati in
nottata con due documenti stilati dai sindacati Cgil Lazio e Fials Cisal
Libersind. Vi si enucleano i motivi che hanno fatto recedere all’ultimo momento
dal minacciato sciopero ma che rendono ancora incerte le repliche. Questi
ultimi sono ravvisati nella bocciatura da parte del Parlamento del cosiddetto
Decreto Salva Roma, che ha destato le preoccupazioni del Campidoglio,
nell’insediamento di un nuovo governo e soprattutto nella nomina di un nuovo
Ministro della cultura (Franceschini che succede all’inviso Bray) dal quale si
attendono aperture e maggiore attenzione ai problemi del Teatro, ma anche nella
drammatica spaccatura determinatasi tra i diversi sindacati del Teatro e tra
lavoratori stessi (orchestra da una parte, corpo di ballo e maestranze
dall’altra). Ma il documento della Cgil, nel denunciare il "clima
intimidatorio che lede le stesse condizioni di libertà democratiche”, ribadisce
però anche la "difesa dei livelli occupazionali preesistenti propri di un
teatro d’opera di valenza internazionale, la difesa delle qualità
professionali, il contrasto alla cattiva gestione organizzativa protrattasi nel
tempo e più volte pubblicamente denunciata” ed invoca una trattativa concreta
per un nuovo piano industriale tuttora ignoto.
In una lettera al Ministro ed
al Sindaco la Libersind-Confsal e la Fials-Cisal lamentano da parte loro la
mancata convocazione negoziale ed invocano "il ripristino della legalità e
della possibilità di mantenere l’Opera di Roma ai livelli artistici nel
rispetto dell’art.6 della Legge 800 come Teatro di rappresentanza della
capitale". Preoccupati per "gli scenari apocalittici” determinati dal
ritiro del Decreto Salva Roma e dichiarando che il Sovrintendente Fuortes si è
dimostrato "poco intelligibile e sfuggente”, ribadiscono la richiesta di
un incontro anche con Marino (presidente di diritto del Teatro), con
Franceschini e Zingaretti per un confronto aperto e trasparente. E si resta in
attesa della convocazione di un tavolo negoziale, pena la conferma dello
sciopero pe r le restanti repliche di Manon.
E sarebbe davvero un peccato
capitale, vista l’accoglienza trionfale, come c’era da attendersi, alla Manon
pucciniana targata Muti. Una serata evento che, tanto più in tempi di
precarietà come quelli attuali, porta lustro internazionale al bistrattato
Costanzi ed al folto ed agguerrito pubblico dei melomani capitolini.
La Manon Lescaut non è opera
facile, è una partitura gingillo da maneggiare con cura. Il suo plot, delineato
librettisticamente a più mani, non ha forse l’aplomb e lo charme tutto francese
e settecentesco della omonima opera di Massenet, di nove anni precedente. Vi
sono infatti, tra un atto e l’altro, salti logici e psicologici che all’epoca
furono sottolineati da una critica in vena di non fare sconti al giovane
Puccini. Ma la musica, che è poi la vera forza dell’opera con le sue melodie
incantevoli ed appassionate nel ritratto, da una parte, della fragilità di
Manon, dall’altra della impetuosità dell’innamorato Des Griex, era iersera in
ottime mani giacchè Muti sa sempre lanciarsi nelle pieghe del dramma e sa
trascinarsi dietro tutti i colori dell’orchestra come un pittore dalla
sfaccettata tavolozza timbrica. Ma in scena c’era anche una vera primadonna
dalla forte personalità scenica come Anna Netrebko, sempre fascinosa e
seducente nonostante qualche chiletto ancora in eccesso. La sua voce conferisce
verità alle altalenanti emozioni di Manon, dall’opportunismo all’amore sino al
ripiegamento verso l’ultimo tragico approdo. È lei la protagonista vocale, da
cui trae luce anche il giovane tenore russo Yusif Eyazov, che forse difetta
ancora un poco di esperienza. Convicenti anche l’infingardo Lescaut di Giorgio
Caoduro e il mellifluo Geronte di Carlo Lepore. Fascinoso il colore cilestrino
che tra trine e merletti avvolge l’opera, ma apprezzabile anche la lettura
registica, finalmente interiore, di Chiara Muti che sin dall’inizio carica
l’opera di un fatalismo senso di predestinazione fatale e di solitudine.
Applausi trionfali soprattutto per il Maestro e qualche dissenso per gli
interpreti principali.
Lorenzo Tozzi
http://www.iltempo.it/cultura-spettacoli/musica/2014/02/28/una-manon-trionfale-allontana-le-nuvole-sul-destino-dell-opera-e-tregua-armata-fra-i-sindacati-e-il-campidoglio-l-evento-con-i-due-muti-restituisce-lustro-al-teatro-1.1224450
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