di Caterina
Amneris Vagante traghetta
nel 2017 accingendosi così ad entrare
nel terzo anno di vita. Questo non è un consuntivo né un bilancio, ma una
valutazione soggettiva basata su una personale statistica e su passioni e preferenze
consolidate.
Il 2015 è stato l'anno di
Jonas Kaufmann, seguito nella sua evoluzione verso un repertorio sempre più
lirico - spinto se non addirittura drammatico. Da uno Chènier memorabile al Radamès sottilmente combattuto, al Canio femminicida alter ego di un Turiddu da cartolina mafiosa, passando per
Don José, Des Grieux che è ormai la sua
seconda pelle, Florestan affetto da PTSD (Post Traumatic Shock Disease) finendo
con Faust in procinto di partire per Marte .......il talento camaleontico del
tenore tedesco ha marcato il territorio
in quell'anno solare.
Nel caldo giugno milanese
il suo recital scaligero lo ha anche mostrato fragile, nonostante la solita
kontrollierte Extase che dice essere il suo unico credo . Ansia da prestazione
impalpabile che aleggiava in sala, tenuta a freno con rigore fino al fremito
finale.....pubblico in delirio, guest list interminabile con assalto al
camerino .....pressione psicologica e invadenza dei fans.....
Non è semplice gestire una
carriera fatta di aerei e ipad con nuovi ruoli da studiare e personaggi da
approfondire e consolidare, tra tour
promozionali e mondi paralleli che si avvicinano pericolosamente. Inchino
profondo di fronte ad un anno d'oro in cui ha espresso il meglio di sé, ma che gli ha anche mostrato il lato oscuro
della fama e di relazioni professionali e personali spesso mendaci. Si sa , il
tenore è l'eroe sul quale si concentrano le aspettative maggiori del pubblico
operistico seriale, tra tessiture più o meno estese, note più o meno acute,
puntature e portamenti.
Il 2016 così non è
stato l'anno di Jonas Kaufmann,
impossibile ripetere una stagione di grazia come quella precedente e in attesa
di un 2017 con un traguardo importante, forse decisivo, in una carriera ventennale
: Otello alla Royal Opera House con Sir Tony Pappano a supportarlo e sostenerlo
nel suo debutto nel ruolo.
Il 2016 per Amneris Vagante
reca un altro sigillo , quello di Renè
Pape e del suo Filippo II. Visto e
ascoltato alla Opernhaus di Zurigo, questo sovrano spagnolo è un uomo
imprigionato nella sua funzione pubblica. La ragione di Stato lo fa spavaldo
nel cacciare la contessa d'Aremberg, per
poi renderlo meschino, roso dal tarlo della gelosia nel suo studio, al cospetto
di una consorte irreprensibile e giustamente irata per il furto del cofanetto
contenente i gioielli. Già l'introduzione del violoncello solo si era aperta su
un Filippo incapace di prender sonno ,
vinto dal dubbio se dorme il prence,
veglia il traditor, il capo appoggiato alla spalliera della poltrona,
piegato ora a destra ora a sinistra, e poi il ricordo amaro dell'arrivo della
giovane sposa quasi rassegnata all'idea di un marito già avanti negli anni. La
voce di Renè Pape oscilla tra l'orgoglio ferito del sovrano e l'anelito verso
affetti sinceri che il suo stesso rango gli preclude, in un flusso continuo
mobilissimo, elegante e nuancé sovra
ogni cosa. L'allestimento è minimal, la ripresa della produzione è di routine, ma
Filippo II emerge come cesellato da un grande artista.
Il 2016 di Amneris Vagante
si chiude così, con l'immagine di un
nobile capo che non trova pace nel privato del suo studio. Ci scopriamo tutti
più fragili e fatti di materia povera grazie alla sapienza di Giuseppe Verdi e
all'interpretazione di Renè Pape.
Per un attimo ritorna alla
mente un'altra grande parabola: quella di Wotan, il Wotan collerico eppure
addolorato per la disubbidienza della figlia prediletta Brünnhilde. Ancora Renè Pape a Baden-Baden in un ruolo dalla
tessitura scomoda per un basso cantante come lui. Il performer intelligente aveva schivato le
difficoltà optando per una interpretazione sfumata e piena di sottigliezze,
laddove non poteva competere sulla muscolarità e sulla potenza.
Sì, il 2016 è per Amneris Vagante quello di Renè
Pape.
No hay comentarios:
Publicar un comentario