Sull'attualità l'icona del
cinema inglese ha affermato: «Ho votato per la Brexit perché preferisco essere
padrone del mio destino»
Michael Caine firma
autografi alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia.
Credit: Leonardo Cestari
di BENEDETTA BRAGADINI
Oltre alle gambe – scoperte
dalle minigonne di Mary Quant–, c’è di più. La musica, il cinema e l’arte
ovviamente, ma se lo chiedete a Michael Caine, la Swinging London ha
rappresentato soprattutto «la libertà di iniziare a essere quello che volevamo
essere». My Generation racconta l’esplosione della cultura pop negli anni ’60
attraverso gli occhi della leggenda del grande schermo. L’attore premio Oscar
infatti è stato una sorta di leader “non ufficiale” dei Sixties londinesi:
nasce “cockney”, dispregiativo per “figlio della working class britannica”, con
il nome di Maurice Joseph Micklewhite e diventa Sir Michael Caine, una delle
più grandi star inglesi del cinema, ispirato da L’ammutinamento del Caine con
Humphrey Bogart.
Il documentario diretto da
David Batty presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia è un
gustoso concentrato di immagini psichedeliche e musica travolgente che trascina
nel movimentatissimo mondo della City di metà anni ’60, perché “Non sono stati
i Beatles a fare Londra, ma Londra a fare i Beatles”, con Paul McCartney che
racconta i bluff messi in scena all’inizio pur di esibirsi: “Suonavamo in
questo locale blues, ma noi conoscevamo solo il rock’n’ roll e il proprietario ci
mandava continuamente dei bigliettini con scritto: ‘Ma questo non è quello che
vi ho chiesto!’”. E aggiunge: “L’Inghilterra si accorse che la classe media
aveva talento e quella fu la rivoluzione”.
Una rivoluzione che diventa
visiva sullo schermo, mentre Caine dialoga tra passato e presente con gli Who,
i Beatles, Keith Richards, Twiggy («la prima modella ‘cockney’» sottolinea
l’attore), Marianne Faithfull, Mary Quant e altre icone creative come i primi
fotografi-star Brian Duffy e David Bailey, amatissimo dalle donne tanto che il
suo motto era “Bailey makes love daily”.
La rappresentazione dei
favolosi anni ‘60 è autentica: il materiale d’archivio è fighissimo (ci sono
voluti più di due anni per assemblarlo), con il bianco e nero che diventa uno
splendido technicolor. Il ritmo viene tenuto alto dal montaggio e dalla
(prevedibilmente) strepitosa colonna sonora: dal primo atto del documentario,
Something in the air, tutto va velocissimo, proprio come accadeva allora. My
Generation non vuole “raccontarci” quella Londra ma “farcela vivere”, senza
essere più in grado di togliercela dalla testa. E ci riesce.
Quale brano rappresenta
meglio quel periodo? «You can’t always get whant you want degli Stones, anche
se poi alla fine quello che volevamo l’abbiamo ottenuto eccome» scherza Michael
Caine, che spiega di sentire la mancanza del cameratismo che si respirava.
Londra può tornare ad essere “swinging”? «Oh sì, assolutamente». Nonostante la
Brexit?: «Io ho votato pro perché preferisco essere padrone del mio destino».
Michael Caine fotografato
da David Bailey (1965)
Quel luccichio negli occhi
dei Sixties Michael Caine ce l’ha pure adesso. Pensate alla foto di lui con gli
occhiali e la sigaretta in bocca scattata proprio da David Bailey: ecco, la
Swinging London è tutta lì. E quell’immagine viene usata ancora oggi dalle case
di moda come rappresentazione del “cool”.
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