Christian Raimo, giornalista e scrittore
Si poteva fare a meno del
film Sono tornato, con la regia di Luca Miniero e scritto con Nicola
Guaglianone: uno dei primi problemi è che parte da un’idea fin troppo semplice.
Benito Mussolini (Massimo
Popolizio, molto di mestiere ma bravo) risorge nei giardini di piazza Vittorio
a Roma: è stordito di ritrovarsi nel 2017, ma non ha perso l’ambizione di
credersi il duce e di poter riconquistare l’Italia. Se all’inizio è una specie
di goffo marziano, e le persone lo scambiano per un matto travestito da
Mussolini, dopo poco Andrea Canaletti, giovane e velleitario regista precario
(Frank Matano, un’interpretazione disastrosa), capisce il potenziale per
trasformarlo in un personaggio famoso, prima su YouTube e poi in tv. A uno
strampalato viaggio in Italia postato su internet segue un reality show in
prima serata pensato come una paradossale satira politica: Mussolini fa degli
stand up semplicemente citando i suoi discorsi più famosi. Le visualizzazioni
dei filmati sono milioni, lo show è un successo con uno share alle stelle.
Sono tornato – remake del
film tedesco del 2014 Lui è tornato, tratto a suo volta dal romanzo di Timur
Vermes del 2012 – quindi alterna parti costruite come una commedia
fantapolitica a inserti documentaristici di interviste alla “gente vera” che
esprime le sue reazioni di fronte al possibile ritorno di Mussolini, cosicché
il film e il programma messo in scena nel film sono un po’ uno il riflesso
dell’altro.
Il messaggio è talmente
riduttivo che Luca Miniero può sintetizzarlo bene nelle conferenze stampa: oggi
se tornasse Mussolini vincerebbe le elezioni, perché l’Italia è essenzialmente,
anche a distanza di ottant’anni, un paese fascista. Lo è caratterialmente, per
(cattiva) educazione, per inerzia. Mussolini non è altro che la risposta a
questo impulso viscerale.
Il fascismo raccontato nel
film, nelle parole del duce, nelle sue citazioni, non sembra altro che il
populismo di oggi: la sfiducia totale nella democrazia rappresentativa, i
partiti, i sindacati, la politica in generale; il desiderio di una dittatura
morbida; l’ignoranza storica; il maschilismo; la ferocia televisiva o dei
social network nell’acclamare un uomo che arringa la folla e nel gettarlo nella
polvere il giorno dopo. A un certo punto di Sono tornato questa equivalenza è
addirittura esplicitata: “Molti teatranti hanno provato a imitarmi!”.
Autoassoluzione
Di fatto, la scelta è
quella di prescindere da un fascismo storico e di trasfigurarlo in un fascismo
immaginato, una sorta di autoritarismo bonario. Un’operazione di
autoassoluzione di Mussolini e del fascismo che viene condotta dal film alla
luce della tesi che dopo il fascismo l’Italia non è stata molto meglio.
Ecco alcune frasi del
personaggio Mussolini, in cerca del consenso del pubblico: “Gli italiani hanno
cambiato 63 governi in settant’anni. La democrazia è un cadavere in
putrefazione” (di sfondo immagini a caso di Craxi sotto le monetine, della
strage di Capaci, del muro di Berlino), “Aveva ragione Hitler a dire che non
meritavate un uomo come me. Sono morto per assolvere un’intera classe dirigente”,
“L’italiano non ha mai voluto pagare le tasse”, “Eliminerei tutti questi
partiti”, o guardando la televisione per la prima volta colonizzata da
programmi di cucina “Mi viene da mandare uno di questi cuochi in una cucina da
campo in Abissinia, venitemi poi a parlare di frittatine al ribes nero”, e
ancora: “Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo un
popolo di analfabeti”. Tanti applausi e risate.
https://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2018/02/02/sono-tornato-fascismo-ambiguo
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