lunes, 5 de febrero de 2018

SONO TORNATO PARLA DEL FASCISMO IN MODO AMBIGUO

Christian Raimo, giornalista e scrittore
Si poteva fare a meno del film Sono tornato, con la regia di Luca Miniero e scritto con Nicola Guaglianone: uno dei primi problemi è che parte da un’idea fin troppo semplice.
Benito Mussolini (Massimo Popolizio, molto di mestiere ma bravo) risorge nei giardini di piazza Vittorio a Roma: è stordito di ritrovarsi nel 2017, ma non ha perso l’ambizione di credersi il duce e di poter riconquistare l’Italia. Se all’inizio è una specie di goffo marziano, e le persone lo scambiano per un matto travestito da Mussolini, dopo poco Andrea Canaletti, giovane e velleitario regista precario (Frank Matano, un’interpretazione disastrosa), capisce il potenziale per trasformarlo in un personaggio famoso, prima su YouTube e poi in tv. A uno strampalato viaggio in Italia postato su internet segue un reality show in prima serata pensato come una paradossale satira politica: Mussolini fa degli stand up semplicemente citando i suoi discorsi più famosi. Le visualizzazioni dei filmati sono milioni, lo show è un successo con uno share alle stelle.

Sono tornato – remake del film tedesco del 2014 Lui è tornato, tratto a suo volta dal romanzo di Timur Vermes del 2012 – quindi alterna parti costruite come una commedia fantapolitica a inserti documentaristici di interviste alla “gente vera” che esprime le sue reazioni di fronte al possibile ritorno di Mussolini, cosicché il film e il programma messo in scena nel film sono un po’ uno il riflesso dell’altro.

Il messaggio è talmente riduttivo che Luca Miniero può sintetizzarlo bene nelle conferenze stampa: oggi se tornasse Mussolini vincerebbe le elezioni, perché l’Italia è essenzialmente, anche a distanza di ottant’anni, un paese fascista. Lo è caratterialmente, per (cattiva) educazione, per inerzia. Mussolini non è altro che la risposta a questo impulso viscerale.


Il fascismo raccontato nel film, nelle parole del duce, nelle sue citazioni, non sembra altro che il populismo di oggi: la sfiducia totale nella democrazia rappresentativa, i partiti, i sindacati, la politica in generale; il desiderio di una dittatura morbida; l’ignoranza storica; il maschilismo; la ferocia televisiva o dei social network nell’acclamare un uomo che arringa la folla e nel gettarlo nella polvere il giorno dopo. A un certo punto di Sono tornato questa equivalenza è addirittura esplicitata: “Molti teatranti hanno provato a imitarmi!”.

Autoassoluzione
Di fatto, la scelta è quella di prescindere da un fascismo storico e di trasfigurarlo in un fascismo immaginato, una sorta di autoritarismo bonario. Un’operazione di autoassoluzione di Mussolini e del fascismo che viene condotta dal film alla luce della tesi che dopo il fascismo l’Italia non è stata molto meglio.

Ecco alcune frasi del personaggio Mussolini, in cerca del consenso del pubblico: “Gli italiani hanno cambiato 63 governi in settant’anni. La democrazia è un cadavere in putrefazione” (di sfondo immagini a caso di Craxi sotto le monetine, della strage di Capaci, del muro di Berlino), “Aveva ragione Hitler a dire che non meritavate un uomo come me. Sono morto per assolvere un’intera classe dirigente”, “L’italiano non ha mai voluto pagare le tasse”, “Eliminerei tutti questi partiti”, o guardando la televisione per la prima volta colonizzata da programmi di cucina “Mi viene da mandare uno di questi cuochi in una cucina da campo in Abissinia, venitemi poi a parlare di frittatine al ribes nero”, e ancora: “Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti”. Tanti applausi e risate.


https://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2018/02/02/sono-tornato-fascismo-ambiguo

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