Per quanto riguarda il balletto prediligo largamente la
danza contemporanea a quella classica, in quanto la prima è decisamente più
vicina ai nostri gusti ed alla nostra comprensione. Se si vogliono tramandare
le diverse culture, l’operazione di nuova creazione o attualizzazione del
preesistente è assolutamente
indispensabile, senza volere con questa teoria cancellare, dimenticare o
travisare la classicità e la primogenitura della realizzazione.
Balletto in due
atti
Musiche Antonin Dvořák
Musiche Antonin Dvořák
Balletto di Roma
Coreografia e scene Fabrizio Monteverde
Assistente alle coreografie Anna Manes
Costumi Santi Rinciari – Light Designer Emanuele De Maria
Costumi realizzati da Sartoria Tailor’s & Co. di Spatafora Angela Liana
Coreografia e scene Fabrizio Monteverde
Assistente alle coreografie Anna Manes
Costumi Santi Rinciari – Light Designer Emanuele De Maria
Costumi realizzati da Sartoria Tailor’s & Co. di Spatafora Angela Liana
Produzione Balletto di Roma
Uno dei maggiori successi del Balletto di Roma è proprio
questo Otello, proposto dalla visione del Teatro Coccia di Novara. Nessuna
recensione può essere esplicativa ed esaustiva come le note di regia nel
programma di sala, scritte dallo stesso creatore del balletto Fabrizio Monteverde, che racconta che
l’ambientazione è quella di una banchina di un porto di mare largamente
ispirato a quello in ‘Querelle de Brest’ per la regia di Fassbinder, dove tutto
è possibile e dove tutte le pulsioni emergono in quel brulicare di corpi che
vanno e vengono. La visione di Monteverde è molto contemporanea e pur partendo
dalla shakespeariana vicenda musicata poi da Verdi, si avvale qui delle
enfatiche musiche di Antonin Dvorak che coadiuvano gesti e movimenti
esplicativi e passionali.
Il noto triangolo amoroso si amplia alle variegate
carnalità della promiscuità trovata o ricercata, dove le identità si perdono
nel vortice delle passionalità viscerali e vissute con la prorompente e
disinibita vitalità giovanile: donne che in gruppo si perdono nel fondo di un
bicchiere o uomini che si ritrovano nelle epidermiche vicinanze.
Otello, interpretato da Vincenzo Carpino con scultorea fisicità e solida tecnica ammantata
da evidente forte partecipazione, non nega al pubblico la sua integrale nudità
che non disturba, ma anzi descrive, rafforzandolo, il clima del porto dove il diverso perché straniero vive di
altre abitudini provenienti da altre realtà. Al finale anche Desdemona, ovvero Roberta de Simone, diventa esaltante provocatrice quando Otello le strappa la
copertura del seno ed in un sanguigno finale esibisce i seni, simbolo della
femminilità condivisa e ben descritta nel percorso.
L’idea della duplicazione dei personaggi, come nella
celebre scena del fazzoletto di Desdemona, amplifica la narrazione e consente
ancor più di presentare la grande tecnica, la partecipazione e l’esaltazione
dell’interpretazione della vicenda, da
parte di tutti i componenti della compagnia di ballo che all’unisono trasmetto
emozioni calde e fluttuanti.
I costumi di Santi
Rinciari e realizzati dalla Sartoria Tailor’s & Co. di Spatafora Angela Liana sono molto pertinenti all’ambientazione con
spicco dell’utilizzo di materiali che evocano la pelle e poi di effetto i
mantelli rosso/neri sapientemente usati dalla coreografia, cui ha collaborato Anna Manes. Le luci disegnate con cura
sono di Emanuele De Maria che ha
scelto pertinentemente la diffusione e la staticità di fondo che hanno dato risalto
alle scene ed ai movimenti.
Spettacolo davvero coinvolgente che lascia il segno e che
resterà nella memoria nel vertice dei migliori ricordi.
L’arte vince sempre.
Renzo Bellardone
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