POMPEI anni Venti, Trenta. Alcuni visitatori infagottati nei lunghi
cappotti si aggirano per il Foro, entrano ed escono dalle domus, calpestano con
prudenza il basolato antico. Sono figure nere, ieratiche, vagamente misteriose.
Oltre a loro raggiungono gli scavi della città vesuviana turisti sorridenti,
radunati su un treno come in una gita scolastica — nonostante l'età più matura.
La scena in cui si muovono, documentata in una serie di preziosi video
custoditi dall'Istituto Luce e da oggi visibili su Repubblica. it, è una Pompei
muta, ordinata, incomparabile con quella rumorosa e pericolante di oggi, eppure
affabilmente consapevole della suggestione che i suoi muri e le sue colonne comunicano.
Sullo sfondo del Vesuvio, dal quale si alza un pennacchio di fumo,
sfilano nei filmati gli ambienti solenni e quelli domestici della città antica.
Fra le immagini dei video, ecco comparire la Schola Armaturarum, l'edificio
adibito a luogo di riunione militare, palestra di arti gladiatorie. Queste
immagini, della durata di pochi secondi, sono importanti. Sono le uniche a
documentare il manufatto prima del bombardamento che nel 1943, investendo parte
di Pompei, colpì la Schola, distruggendo i suoi affreschi (ben visibili in
quella manciata di secondi). Ma le immagini sono rilevanti anche per un altro
motivo: la Schola Armaturarum viene giù nel novembre del 2010, primo dei crolli
che hanno flagellato Pompei negli ultimi tempi, uno stillicidio di episodi di
degrado che hanno raccontato al mondo la precarietà in cui la città antica
sembra precipitata. E che in questi filmati sembra inimmaginabile.
Gli anni Venti e Trenta sono molto importanti nella storia moderna
della Pompei antica. La parte di città scavata non supera i due terzi dei 44
ettari attualmente visitabili (sul totale dei 66 compresi nell'area
archeologica). Ma sono assai attive le indagini per portare alla luce quanto
più possibile di quel che è rimasto sepolto dalla cenere nel 79 dopo Cristo.
Alla testa della soprintendenza delle Antichità in Campania c'è, dal 1924, un
archeologo di grandi qualità, Amedeo Maiuri, il quale resterà per quasi un
quarantennio, fino al 1961, il dominus assoluto di Pompei.
Maiuri si pone l'obiettivo, illustrato in una video-intervista da
Fabrizio Pesando, archeologo dell'Istituto universitario orientale di Napoli,
di riunificare le parti della città fino ad allora scavate, quella del Foro e
quella dell'Anfiteatro, e separate da un terrapieno sotto il quale giace la via
dell'Abbondanza. Lo scavo attribuirà a Pompei la sua vera dimensione: un
organismo urbano che lentamente riemerge da un sonno secolare. Non solo,
quindi, un insieme di pregevoli domus dove sono con- servati oggetti da
musealizzare. Lo stesso atteggiamento culturale Maiuri elabora per Ercolano,
considerata solo per le statue, i bronzi o i papiri che si potevano estrarre
dalle domus nelle quali si penetrava attraverso cunicoli. Dal 1927 Maiuri avvia
lo scavo sistematico della città antica, nel frattempo sovrastata dalla moderna
Resina.
Nei filmati del Luce questa fase è avvolta dalla patina retorica del
regime, che distorce l'attività di conoscenza e di valorizzazione del
patrimonio archeologico a fini di propaganda. La mitologia della romanità
incrocia un'idea dell'antico fatta di monumenti isolati dal contesto del mondo
classico e della sua cultura, premonitori solo di una gloria che andava
compiendosi con il fascismo.
Oltre la retorica, brillano però le immagini. E Pompei continua a
conquistare gli intellettuali. Dopo le fascinazioni settecentesche e
ottocentesche all'insegna del Grand Tour, la città vesuviana è meta di un
turismo culturale diverso, meno orientato al culto di una civiltà incorrotta,
originaria e più sensibile alla dimensione quotidiana, alla socialità che lì si
era sviluppata. Di essa parlano Sigmund Freud e Walter Benjamin («il più grande
labirinto, il più grande dedalo della terra», la definisce quest'ultimo). Nel
1911, alcuni anni prima dei nostri filmati, arriva a Pompei Le Corbusier che
qui chiude il suo viaggio in Oriente. Agli occhi del grande architetto, Pompei
appare un luogo assolutamente contemporaneo, del quale è possibile rintracciare
e descrivere i modi dell'abitare. Le Corbusier riempie il suo quaderno di
appunti, disegna la Casa del poeta tragico, la Casa delle nozze d'argento. Nel
catalogo della mostra che si è svolta al Maxxi di Roma nell'ottobre 2012 («Le
Corbusier e l'Italia», a cura di Marida Talamona), Josep Quetglas racconta che
all'architetto restano impressi elementi come un lavabo, un tavolo o le
finestre della Casa dei Ceii, che diventeranno fonti di ispirazione (nelle
finestre della Cappella di Ronchamp, per esempio, o nei lavandini di Villa
Savoye). È una Pompei che parla di sé a chi è immerso nella modernità. E sembra
che i linguaggi, anche a distanza di secoli, si mescolino. È a noi che
osserviamo la Pompei di oggi che quei linguaggi sembrano lontani.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/07/22/prima-di-bombe-crolli-e-incuria-ecco-la-pompei-mai-vista21.html
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