jueves, 21 de agosto de 2014

RENZI PARLA ROMANO? MA DE CHE AHÒ!



20 AGOSTO 2014 | di Luca Mastrantonio

Puoi chiamare «storytelling» l’arte di raccontare, battezzare un decreto sul lavoro «job act» e usare l’accento fiorentino come «brand» di un odierno dolce stil novo; ma bastano pochi mesi nella Capitale e spuntano fuori i primi sintomi del contagio linguistico con il potere romano («A Fra’ — chiedeva Gaetano Caltagirone a Francesco Evangelisti, braccio destro di Giulio Andreottiche te serve?»). Matteo Renzi ieri su Twitter ha liquidato le voci di accordi segreti al governo con un #madeche. Una frase interrogativa retorica: la sottintesa risposta a «ma di cosa stiamo parlando» è «di niente». Più di un «no comment» o di una smentita, il «ma de che» scredita chi ha formulato l’ipotesi, facendone una parodia nichilista. Renzi ha usato spesso la frase nelle ultime settimane, per attaccare quelli che considera i superburocrati dei beni culturali: «sovrintendenti… de che?»; e poi, dalla Sicilia: «Ci salverà l’Europa? Ma de che!». L’effetto sembra studiato, ironico: usare una frase negativa romana per dire che non ci sono più soluzioni «alla romana», da vecchia politica.


Davvero? Ma de che! Veniamo da decenni di comicità al potere, dalle freddure di Andreotti al cabaret di Grillo passando per le barzellette di Berlusconi. E poi: era il tormentone già degli anni 90, con il coatto Lorenzo interpretato da Corrado Guzzanti a Avanzi, e oggi Crozza l’ha rispolverato per un immaginario discorso di Papa Francesco, stanco dei lussi cardinalizi: povertà? «Ma de che stiamo a parla’?». La vita politica degli ultimi vent’anni è nata anti-romana, tra Lega, Berlusconi e grillini, poi si è romanizzata. Quindi? ai leghisti che criticavamo il romanocentrismo del cinema, Carlo Verdone rispose con un misto di autoironia e menefreghismo: «Il cinema italiano romanocentrico? Ma de che».
N.B. Per i puristi, aggiungere l’esclamazione «Ahò».

lmastrantoni@rcs.it
http://criticalmastra.corriere.it/

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