2 gennaio 2016
Musica di Giuseppe
Verdi – libretto Temistocle Solera
Tratto da ‘Die
Jungfrau von Orléans’ di Friedrich Schiller
Carlo VII Francesco Meli
Giovanna Erika Grimaldi
Giacomo Carlos Alvarez
Talbot Dmitry
Beloselskiy
Delil Michele Mauro
Direttore RICCARDO CHAILLY
Maestro del Coro Bruno Casoni
Regia di Moshe
Leiser e Patrice Caurier
Scene Christian
Fenouillat
Costumi Agostino Cavalca
Luci Chtistophe
Forey
Video Étienne Cuiol
Movimenti Coreografici
Leah Hausman
L’opera
in questione è stata composta da un
Verdi poco più che trentenne, e dopo centocinquant’anni dalla sua prima
rappresentazione alla Scala di Milano, viene riproposta ad inaugurazione della
Stagione ed abbracciata da Riccardo Chailly che la dirige ed
espande, elevandola a vette armoniche e sinfoniche trasparenti ed
impalpabili.
L’impetuosa
ouverture preannuncia i clamori della battaglia ed il sipario che per un
momento si alza evoca le visioni che domineranno la vicenda della vergine di
Orleans. La versione che ha inaugurato la stagione scaligera è quella integrale
che forse neppure Verdi riuscì a vedere in scena a causa delle moralistiche
censure.
L’ambientazione
è atemporale, ma non decontestualizzata, con chiari riferimenti epocali grazie ai
costumi di Agostino Cavalca ed alle
scene di Christian Fenouillat:
entrambi hanno rafforzato la filologia della regia curata da Moshe Leiser e Patrice Caurier.
Seppur
con scene essenziali e di colore grigio
perla , l’ambientazione risulta di forte impatto ed inevitabile coinvolgimento, grazie alle coloratissime e vigorose
proiezioni di Étienne Cuiol: il massimo
della vitalità viene raggiunto nel momento della cruenta battaglia, mentre
l’efficacia simbolistica culmina al suo
apice con l’apparizione della bandiera.
Il Coro, elemento preponderante come
sovente lo è nelle opere verdiane, qui diventa anello di congiunzione
indissolubile con la vicenda, la rappresentazione musicale e l’elemento
scenico; magistralmente coordinato da Bruno
Casoni appare all’inizio quasi come nella nota immagine di Giuseppe Pelizza da Volpedo: stesse le tinte
dei costumi, stessa la prorompente forza descrittiva; al finale il coro compare in una sorta di alto loggiato abitato anche da
angeli divini ed insieme a questi dall’alto osserva la trasfigurazione.
La
messa in scena si avvale di elementi simbolici e di apparizioni stupefacenti da Grand Opera: al
momento della sua decisione Giovanna si taglia le chiome; alla battaglia le
pareti vengono poi trafitte da lunghe lance rosso sangue; Carlo appare in armatura
dorata su cavallo dorato ed in tutta la
sua imponenza sorge la cattedrale di Reims con i celebri mosaici di vetro
colorato. Inquietanti e grotteschi appaiono i demoni cornuti ed alati che con paurose movenze finiscono per sovrastare i
personaggi fino a racchiuderli in un amplesso demoniaco.
Gli
interpreti tutti di ottima levatura vantano
una new entry alla Scala: nel
ruolo di Giovanna, per l’ultima recita, ha cantato il giovane soprano astigiano
Erika Grimaldi.
Francesco Meli, a buon titolo uno dei più
importanti tenori italiani, ha vestito i panni di Carlo VII; ormai anche ottimo
attore ha calcato il palcoscenico con passo sicuro, rafforzando la sua presenza
con una linea di canto sempre puntuale con tono fermo e coinvolgente; Meli
vanta un’emissione sicura, sempre chiara e limpida e fa assaporare ‘la voce che
corre sui velluti’
Il
padre Giacomo trova un caldo interprete in Carlos
Alvarez: la profondità del tono ed il colore brunito dai riflessi ambrati
creano un personaggio prima sicuro, poi confuso, ma comunque estremamente
umano. Gradevolissima voce che coinvolge e commuove.
Talbot
è il bravo Dmitry Beloselskiy, mentre Michele Mauro interpreta Delil.
Veniamo
ora all’interprete principale ovvero Giovanna: Erika
Grimaldi si avvale della sua giovane età per interpretare al meglio il personaggio, ma sfodera subito marcata
presenza scenica e sicurezza vocale. La Grimaldi affronta il ruolo con le
peculiarità dello stesso, quindi con segnata drammaticità ed altrettanta agilità
fino agli acuti ed ai sovracuti con limpidezza e cristallinità. Il consenso che il pubblico le ha tributato è
il miglior riconoscimento al suo debutto ed ancor più in un ruolo certamente
arduo.
La
Musica vince sempre.
Renzo Bellardone.
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