di Caterina. AMNERISVAGANTE
Il teatro musicale in TV è
un gioco voyeristico. L'occhio della telecamera privilegia un'inquadratura,
sceglie un punto di vista settoriale che lo spettatore presente in sala non è
costretto ad adottare. Nell'alternanza di campi lunghi, primi piani e dettagli
ci viene propinata una visione che può migliorare un brutto spettacolo oppure
impoverirne uno di grande qualità.
Il suono riprodotto ci dà
un'idea approssimativa di volumi, accenti, ricami sia orchestrali che vocali.
Ma, ed è un ma che racchiude tutte le motivazioni per operazioni di tal fatta,
la lirica in televisione o sul grande schermo è una testimonianza per i posteri
o semplicemente per chi non potrebbe mai accedere a determinati contenuti.
In poco meno di una
settimana ci sono state servite su un piatto due prime, il tradizionale
Sant'Ambrogio scaligero e l'apertura della stagione del Teatro dell'Opera di
Roma. Premettendo che l'approccio mediato attraverso i microfoni RAI è
notoriamente falsato, conseguentemente evitando di soffermarci sulla qualità
musicale e sulle prove dei cantanti impegnati nelle due produzioni, ciò che
colpisce è il contrasto stridente fra i due mondi. Come due pianeti che
orbitano attorno alla stessa stella ma che non si incontreranno mai, siamo
entrati in due mondi che sembrano avere nulla in comune se non partitura e
libretto.
Per settimane siamo stati
bombardati da notizie e rumors sullo stato di avanzamento dell' Andrea Chènier
scelto dal Maestro Scaligero Riccardo Chailly, mentre nella capitale si provava
senza troppi clamori La Damnation de Faust affidata alle cure di Daniele Gatti.
Giunto il momento del
debutto e senza azzardarci a mettere a confronto due lavori che null'altro
hanno in comune se non la brevità (appena due ore di musica circa), la prima
riflessione che scaturisce a pelle dalle immagini serviteci è che dopo tutto la
lirica in TV è un gioco di sguardi. Sguardi che Yusif Eyvasov, Chènier a
Milano, tiene incollati sul direttore per la tensione, che Anna Netrebko,
Margherita de Coigny nella stessa produzione, lascia vagare nel vuoto, che
Pavel Cernoch, Faust a Roma, riempie di paura o di speranza a seconda delle
situazioni, che Alex Esposito, Mephistophélès convinto, fissa mellifluo sui
colleghi che dividono la scena con lui. Negli occhi dei cantanti impegnati
nelle due prime ci sono due mondi e due sistemi di fare teatro musicale.
E' rassicurante e
prevedibile lo Chènier scaligero. A chi obietta che il quadro storico, sia pure
di sfondo, che Illica serve a Giordano imbriglia qualsiasi velleità registica,
basterebbe mostrare un DVD della produzione a firma David Mc Vicar nella quale
ogni dettaglio è curato, la gestualità mai ridondante e il gioco di sguardi
intrigante. Perchè oggi è impensabile fare teatro musicale con soli costumi
sfarzosi e scene eleganti, lasciare che un cantante allarghi le gambe per
ghermire un acuto o porti la mano sul petto per dar vita ad un'emozione forte.
Non ci sarebbe alcun motivo per fare sei settimane di prove per un debutto
molto atteso senza un vero lavoro sulla prestazione attoriale.
Voliamo a Roma e ci
immergiamo nella contemporaneità, sia pure in una situazione di vantaggio
laddove La Damnation de Faust è un lavoro frammentario intessuto attorno al
mito di Faust. Qui Damiano Michieletto sfodera tutto il suo armamentario trash,
pulp, e ci fa dimenticare che Veronica Simeoni canta Le Roi de Thulé mentre
Mephistophélès insinua le sue mani sotto l'abito rosso di lei. Le difficoltà
dell'aria diventano asperità vere e proprie ma il mezzosoprano recita e
trascende il suo compito di cantare.
La Marche Hongroise diventa
un iperrealistico episodio di bullismo sul Faust mortificato di Cernoch, noi ci
crediamo e il nostro è un sentimento empatico così come diventa di repulsione
durante la trasformazione di Alex Esposito in grosso e ributtante serpente
tentatore prima del duo d'amour.
Al termine dei due
spettacoli ci dimentichiamo facilmente
dello spettacolo a cui abbiamo assistito. Andrea Chènier è un altro tassello
nella collezione di immagini televisive che ogni giorno ci vengono servite. La
Damnation de Faust dal Teatro dell'Opera di Roma continua a frullarci nella mente,
e non è affatto facile scrollarci dalla mente situazioni e fotogrammi perchè
parla di noi, della contemporaneità e dei guasti dell'oggi.
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