Sulla scorta dei pensatori
antichi lo storico dell’arte si concede un viaggio filosofico nell’Io in un
trattato in forma di dialogo, «Antinomia ben temperata» (Utet)
di PIERLUIGI PANZA
Sono 142 pensieri allineati
come fossero 142 preziosi frammenti dell’antichità da trasmettere alle future
generazioni. L’antichista Andrea Carandini, per una volta, ha messo da parte
gli strumenti dell’archeologo per dedicarsi a uno scavo nella filosofia. Ha
scelto per il suo nuovo libro la formula dialogica di 142 pensieri intorno a un
argomento che ricorda quello dei trattati dell’età umanistica sulla «Vita
sobria» (Alvise Cornaro) ben descritti nel saggio di Manlio Brusatin Stile
sobrio. Breve storia di un’utile virtù (Marsilio).
Carandini, ottant’anni il 3
novembre (è nato a Roma nel 1937), professore emerito alla Sapienza, presidente
del Fai e studioso della Roma dell’VIII secolo ha composto in questo suo
Antinomia ben temperata. Scavi nell’io e nel noi (Utet) una sorta di
trattatello sulla temperanza. Tutta la vita umana, descrive Carandini, è uno
scontrarsi di opposti. Pensiamo, anzitutto, alle emozioni calde, capaci di
condensare in un dettaglio un intero mondo da una parte e la ragione fredda,
che giudica, distingue, allontana e organizza dall’altra. Pensiamo alla
dialettica tra il passato, la conservazione e la tradizione da un lato e la
giovanile protensione verso l’impresa e il futuro dall’altro. La vita è fatta
di queste antinomie che devono stare insieme, perché l’una senza l’altra non
può esistere: «Dal buio viene la visione — scrive Carandini —; dal silenzio il
suono; dal non pensabile il pensato, il detto e lo scritto; dal male il bene;
dalla morte la vita»
L’antinomia è il principio
un po’ schopenhaueriano e un po’ hegeliano che domina il mondo. È una continua
e inesorabile compresenza di due entità contraddittorie, opposte, all’interno
della cui dialettica l’individuo è chiamato alle scelte. E la scelta è l’atto
più difficile, quello che per gli esistenzialisti, Sartre in particolare,
gettava l’uomo nell’angoscia del suo esserci; ma è anche l’atto dove l’uomo si
distingue dagli animali per l’esercizio di una sua consapevole e coraggiosa
libertà. Ma la scelta giusta è accettare l’antinomia, ovvero il dissidio fra il
«magma ribollente originario e la luce raziocinante del pensiero», e accettarla
attraverso lo strumento della temperanza. Ecco il punto: sulla base del
pensiero di Seneca (il padre di Carandini fu traduttore di Seneca) e di
umanisti come Leon Battista Alberti o Alvise Cornaro, Carandini suggerisce una
strada di mezzo per il raggiungimento di un’ideale «vita buona»: agire con
temperanza tra gli opposti. Giusto il contrario, diciamo, di quanto avviene
oggi nell’età dell’incessante e dell’eccesso. Ma verso i giovani di oggi
Carandini ha una «freddura» di perdono tratta dal suo maestro, Ranuccio Bianchi
Bandinelli: «Non si nasce modesti, lo si diventa con l’esperienza»…………………..
http://www.corriere.it/cultura/17_novembre_01/andrea-carandini-antinomia-ben-temperata-utet-587ec684-bf21-11e7-9a2b-0f2b2933b455.shtml
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