miércoles, 25 de abril de 2018

AHORA TRADUCIDO AL ESPAÑOL. IN LIBRERIA «GLI ULTIMI LIBERTINI», PARIGI ALLA VIGILIA DELLA RIVOLUZIONE


Nel volume Gli ultimi libertini (Adelphi) la scrittrice Benedetta Craveri ricostruisce
la vita quotidiana dell’aristocrazia parigina alla vigilia della Rivoluzione francese
di PIETRO CITATI

Élisabeth-Louise Vigée Le Brun (1755-1842), La marchesa de Pezay e la marchesa de Rougé con i figli Alexis e Adrien (1787)

Quando abbiamo finito di leggere il bel libro che Benedetta Craveri ha dedicato a Gli ultimi libertini (Adelphi), ci sembra di vedere parole che volano nell’aria, domande e risposte incessanti e inesauribili. Siamo nel regno di Luigi XVI e di Maria Antonietta, nei primi anni della Rivoluzione, prima che ogni cosa precipiti nel Terrore: viviamo nella vasta aristocrazia francese, dove tutti sono legati in una immensa famiglia. «Niente era più bello — disse qualcuno — che avere vent’anni nel 1774», quando l’avvento al trono di Luigi XVI suscitò una moltitudine di speranze, e sembrò annunciare l’inizio di una nuova epoca; o addirittura la realizzazione dell’utopia. In realtà, come disse Caterina di Russia, «la Francia era molto febbricitante e molto malata».

Le sette vite, che Benedetta Craveri racconta nel suo libro, hanno il loro cuore nella corte. Il duca di Lauzun disse di aver trascorso i primi anni della sua infanzia sulle ginocchia dell’amante di Luigi XV, madame de Pompadour. Spesso gli aristocratici erano figli di membri della famiglia reale: questi si intrufolavano nelle case dei sudditi e generavano dappertutto figli, che talvolta non conoscevano la propria origine. Quasi tutti avevano due padri: quello naturale e quello ufficiale. Dovunque c’erano ménages à trois, nei quali marito, moglie, amante della moglie vivevano in perfetto accordo. C’era molto libertinaggio: irrequietezza erotica; talvolta passioni trascinavano con sé aridi cuori. C’era sopratutto amicizia. «Il mio legame con il conte di Vaudreuil — disse Chamfort — è diventato così forte che non posso più pensare di lasciare la Francia. È la più perfetta, la più affettuosa amicizia che si possa immaginare».
I nobili francesi erano degli irriducibili individualisti: ciascuno di loro volle formarsi un destino a immagine e somiglianza dell’idea che si faceva di sé stesso. Eppure, come disse il conte Louis-Philippe de Ségur, in quelle brillanti compagnie, per via delle frequentazioni quotidiane, i tratti distintivi dei singoli caratteri tendevano a sbiadire; e poiché tutti seguivano la moda, tutto era eguale. Opinioni e parole obbedivano all’uso comune: il modo di parlare e di comportarsi finiva per uniformarsi. Esteriormente tutti portavano la stessa maschera, avevano lo stesso stile e lo stesso aspetto. A volte, l’impressione era sinistra. La società aristocratica sembrava a Chamfort formata da «automi» e da «marionette», condannate alla ripetizione di una commedia sempre eguale a sé stessa. Ma proprio questa ripetizione esercitava una fortissima attrazione magnetica.


Se dovessi indicare una parola, tra le molte pronunciate nella società aristocratica, dovrei dire: divertirsi; divertirsi in qualsiasi modo e maniera. «Chi mai potrà unire il talento di brillare, il dono di piacere e la capacità di sedurre dell’amabile cavaliere di Boufflers?», scrisse nel suo elogio funebre il conte di Ségur. Lo stesso Ségur, che aveva straordinari doni di scrittore, insisteva: «Noi giovani aristocratici francesi, senza rapporti con il passato e senza preoccupazioni per l’avvenire, camminavamo gioiosi su un tappeto di fiori che nascondeva un abisso». Tutti volevano sopratutto piacere. Avevano molti talenti. Qualcuno fu, nel corso degli anni, generale, ambasciatore, consigliere di Stato, gran maestro delle cerimonie, senatore. Solo pochi tra loro si accorgevano che, in fondo a questo desiderio di piacere, c’era qualcosa di terribile: una brama di dominio, che non tollerava nemmeno l’eguaglianza, e voleva assoggettare gli altri. L’epicureismo sorridente era la maschera di predatori feroci, come quelli rappresentati nelle Relazioni pericolose di Laclos……………

http://www.corriere.it/cultura/16_aprile_02/libro-adelphi-benedetta-craveri-rivoluzione-francese-58732326-f829-11e5-b848-7bd2f7c41e07.shtml?refresh_ce-cp

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