L’amarezza del direttore
d’orchestra dopo anni di appelli caduti nel vuoto. Ricordo di don Setti
di TITTI GIULIANI FOTI
Firenze,15 luglio 2018 -
Dopo cinquant’anni di meravigliosa carriera, il sogno ancora irrealizzato del
Maestro Riccardo Muti è uno solo: riportare a Firenze, nella basilica di Santa
Croce, tempio dei ‘Sepolcri’ dei grandi, la salma di Luigi Cherubini (Firenze,
14 settembre 1760 – Parigi, 15 marzo 1842). Il compositore fiorentino è
particolarmente amato dal Maestro Muti, che lo ha definito «Un severo
architetto della musica, di cui ha scritto un capitolo fondamentale».
L’occasione del festeggiamento del proprio cinquantenario artistico, con lo
straordinario successo nella direzione del Macbeth di Verdi al Teatro del
Maggio Musicale, è stata colta da Muti per lanciare un energico appello alle
autorità italiane e francesi.
L'INTERVENTO DI CRISTIANO
CHIAROT E L'APPELLO A MATTARELLA (Clicca qui)
Maestro Muti, perché su
Cherubini questa sorta di omertà?
«Sono anni che conduco
questa battaglia senza risultati. Ho chiesto sostegno alle personalità più
importanti da troppo tempo ormai. Non voglio fare nomi, ma la cosa alla fine è
sempre caduta nel vuoto».
Secondo lei perché nessuno
è riuscito a riportare Cherubini nella sua Firenze?
«Non ho capito il vero
motivo, forse per difficoltà con le autorità francesi del cimitero in cui la
salma di Cherubini è sepolta (Père-Lachaise, ndr). Il discorso non è stato
affrontato con tenacia e intensità. In ogni caso credo che, visto che a Santa
Croce è stato eretto un sepolcro per Cherubini, il corpo avrebbe dovuto
riposare lì. Non credo, oltretutto, che nel cimitero di Parigi in molti siano
interessati alla sua figura».
Un compositore che non ha
comunque la fama di altri grandi.
«Però pensi che a lui
Beethoven si è rivolto con parole altissime, chiamandolo ‘il più grande
musicista’. Non era un complimento a vuoto. Cherubini è considerato un grande
architetto della musica e il suo modo di costruire la melodia è magistrale. La
sua cellula ritmica e melodica costuriva una melodia. Ricordo la ‘Lodoïska’,
che eseguii alla Scala con la regia di Ronconi, oppure la Médée, interpretata dalla
Callas».
La sua battaglia vuole
rendere giustizia anche alla memoria di un grande fiorentino?
«Qui si tratta di rendere
giustizia e un giusto omaggio, di riportare a casa una musicista severamente
fiorentino, nel senso della ‘severità’ della cultura e dell’arte. Non si vuole
compiacere il pubblico. ‘Ars gratia artis’. L’opera di Santa Croce si è messa
in moto. Ho fatto diversi appelli in passato. E’ una cosa da risolvere a
livello istituzionale molto alto».
Cosa farebbe in caso di
battaglia vinta?
«Eseguirei il Requiem in Do
minore di Cherubini in Santa Croce, opera incisa anche da Toscanini: io sono
pronto. Spero che questo ultimo appello venga accolto. Credo che nulla sia
impossibile, a parte evitare la morte. Solo se si vuole veramente si può ottenere.
Ho chiesto al ministro della cultura, al Presidente della Repubblica di parlare
con Macron. Non basta dire semplicemente: ‘Ridateci i resti di Cherubini’.
Bisogna fare come in altri casi, come è accaduto con Rossini. Non bisogna fare
lo stesso errore che fu fatto con Dante, e che neppure Michelangelo fu capace
di riportare a Firenze».
Maestro, lei era amico di
un prete fiorentino unico come Don Setti. Che ricordo ha?
«Don Setti è stato un
sacerdote di altissima levatura e spiritualità. Ha avuto una visione
dell’esercizio della religione non reazionaria, ma con un’apertura
rivoluzionaria. A lui devo l’invito della Messa da Requiem di Verdi a San
Lorenzo. E’ stato un grande prete, ma non tutti l’hanno capito».
https://www.lanazione.it/firenze/cultura/spoglie-cherubini-italia-muti-1.4038601
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