domingo, 19 de agosto de 2018

UN’ESTATE AL MARE.



di Caterina. Amneris vagante

C'è tanta estate marchigiana nell'Elisir d'amore rimontato da Damiano Michieletto per il 54° Macerata Opera Festival insieme alla sua solita squadra creativa (Paolo Fantin per le scene, Silvia Aymonino per i costumi e Alessandro Carletti per il progetto luci). Eppure la fortunatissima produzione era nata già nel 2011 ed era stata vista in molti teatri d'Europa oltre che a Palermo.

Ma si sa, lo Sferisterio è uno spazio unico, forte di un' identità precipua che permette di reinventare allestimenti noti e/o nati per teatri tradizionali. Complice la stagione estiva e le calde serate che hanno favorito la programmazione del festival, l'ambientazione balneare è apparsa direttamente traslata da un lido della costa marchigiana. Non un elegante ed esclusivo tratto di litorale a ridosso del Monte Conero, quanto piuttosto una parte dell'affollata spiaggia attrezzata di Porto Recanati o di Civitanova Marche ove giocare a beach volley, ritrovarsi a chiacchierare con il vicino di ombrellone oppure ancora fraternizzare con prorompenti fanciulle in bikini o palestrati giovanotti. Si è così vista la contemporaneità della vacanza estiva dell'italiano medio, con tutto il campionario di tipizzazioni in un'analisi quasi antropologica della società di oggi.

Non che lo spettacolo avesse bisogno di correttivi, di certo però nel caso dello Sferisterio lo spazio atipico ha permesso di caratterizzare ulteriormente l'allestimento con la sabbia finissima che ricopriva l'intero palcoscenico, palme, ombrelloni, gonfiabili, uno schiuma party  e l'immancabile doccia usata sia da Nemorino che da Belcore oltre che da Adina (dove mai si erano visti tenore, baritono e soprano gorgheggiare sotto un getto d'acqua con l'evidente piacere di farlo?).



Michieletto si conferma regista moderno nel senso più completo del termine, al di là di critiche aprioristiche, poichè rende l'opera lirica spettacolo totale nel quale recitazione e canto si fondono. Anche qui a Macerata si percepisce la gioia di far musica e teatro al tempo stesso. L'evoluzione dei due personaggi chiave, Nemorino e Adina, diventa così un percorso di crescita, abbandonando gli stereotipi della situazione comica (se non farsesca). La regia non è inoltre prevalente, ma si compenetra ed amalgama con l'ottima esecuzione musicale e con il canto ispirato del cast.

In un anno di transizione dopo la felice gestione Micheli, vincente si è dimostrata la scelta di affidare la direzione musicale a Francesco Lanzillotta, il quale dal podio ha saputo cavare la giusta brillantezza dall' Orchestra regionale delle Marche assecondando e valorizzando la vocalità dei cantanti a disposizione in un ambiente acusticamente difficile. L'edizione ha inoltre il merito del rigore filologico definito da un'integralità comprendente tra l'altro tutte le riprese variate in un'ottica di riapertura dei cosiddetti tagli di tradizione.

John Osborn, che ricordavo come assertivo Pollione solo un anno fa al Teatro Massimo di Palermo, convince e delizia il pubblico facendo di Nemorino non il classico ragazzo di campagna, bensì un giovane alle prese sì con le prime pene d'amore, ma volitivo e deciso a conquistare la ragazza di cui è innamorato. Il suo è un canto sempre sul fiato, senza sforzo apparente, mai concentrato sul bel suono a scapito dell'espressività. E non potrebbe essere diversamente dal momento che supera in scioltezza la difficoltà del lungo duetto con Adina (per di più cantato indossando pinne, maschera e cuffia variopinta), regalando poi il bis de Una furtiva lagrima mentre un perfetto disegno luci ne accompagna l'attimo introspettivo di rara bellezza.
Logico che l'Adina grintosa, dalla splendida figura oltre che vocalmente rigogliosa, di Mariangela Sicilia incarni il perfetto oggetto del desiderio sia di Nemorino che di Belcore, qui il classico sbruffone attento ai muscoli di Iurii Saimoilov. Solo che nella visione di Michieletto non è la capricciosa ragazzotta di campagna consapevole della sua bellezza, quanto piuttosto la giovane proprietaria del bar del lido balneare abituata a tenere a freno le intemperanze dei galletti frequentatori della spiaggia. Tutto ciò con una capacità di sciorinare agilità e coloratura che ben si armonizzano con la naturale presenza scenica.

Del Dulcamara di Alex Esposito si può dire che rappresenti il più contemporaneo fra i personaggi dello spettacolo. Sopraggiunge a bordo di una sorta di jeep carica di bevande di dubbia composizione, il suo elisir è infatti un intruglio che del bordeaux originario menzionato da Romani nel libretto non ha nulla e che, al contrario, è dotato di strabilianti poteri allucinogeni. Ovvio che il baritono bergamasco interpreti con la sua solita verve, ma sempre con gusto sorvegliato, la figura dell'imbonitore per antonomasia, capace quindi di meschinità e piccole violenze.



Se poi aggiungiamo al quartetto dei personaggi principali la Giannetta di Francesca Benitez e il contesto del Coro lirico marchigiano, rigorosamente in tenuta balneare, divertito e divertente oltre che ben preparato da Martino Faggiani, ecco che usciamo dallo Sferisterio con negli occhi la spiaggia assolata lasciata magari poche ore prima per recarci a teatro, e nelle orecchie una partitura conosciuta a memoria ma ascoltata quasi per la prima volta.

https://amnerisvagante.wordpress.com/2018/08/15/unestate-al-mare/

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