di Caterina. Amneris vagante
C'è tanta estate
marchigiana nell'Elisir d'amore rimontato da Damiano Michieletto per il 54°
Macerata Opera Festival insieme alla sua solita squadra creativa (Paolo Fantin
per le scene, Silvia Aymonino per i costumi e Alessandro Carletti per il
progetto luci). Eppure la fortunatissima produzione era nata già nel 2011 ed
era stata vista in molti teatri d'Europa oltre che a Palermo.
Ma si sa, lo Sferisterio è
uno spazio unico, forte di un' identità precipua che permette di reinventare
allestimenti noti e/o nati per teatri tradizionali. Complice la stagione estiva
e le calde serate che hanno favorito la programmazione del festival, l'ambientazione
balneare è apparsa direttamente traslata da un lido della costa marchigiana.
Non un elegante ed esclusivo tratto di litorale a ridosso del Monte Conero,
quanto piuttosto una parte dell'affollata spiaggia attrezzata di Porto Recanati
o di Civitanova Marche ove giocare a beach volley, ritrovarsi a chiacchierare
con il vicino di ombrellone oppure ancora fraternizzare con prorompenti
fanciulle in bikini o palestrati giovanotti. Si è così vista la contemporaneità
della vacanza estiva dell'italiano medio, con tutto il campionario di
tipizzazioni in un'analisi quasi antropologica della società di oggi.
Non che lo spettacolo
avesse bisogno di correttivi, di certo però nel caso dello Sferisterio lo
spazio atipico ha permesso di caratterizzare ulteriormente l'allestimento con
la sabbia finissima che ricopriva l'intero palcoscenico, palme, ombrelloni,
gonfiabili, uno schiuma party e
l'immancabile doccia usata sia da Nemorino che da Belcore oltre che da Adina
(dove mai si erano visti tenore, baritono e soprano gorgheggiare sotto un getto
d'acqua con l'evidente piacere di farlo?).
Michieletto si conferma
regista moderno nel senso più completo del termine, al di là di critiche
aprioristiche, poichè rende l'opera lirica spettacolo totale nel quale
recitazione e canto si fondono. Anche qui a Macerata si percepisce la gioia di
far musica e teatro al tempo stesso. L'evoluzione dei due personaggi chiave,
Nemorino e Adina, diventa così un percorso di crescita, abbandonando gli
stereotipi della situazione comica (se non farsesca). La regia non è inoltre
prevalente, ma si compenetra ed amalgama con l'ottima esecuzione musicale e con
il canto ispirato del cast.
In un anno di transizione
dopo la felice gestione Micheli, vincente si è dimostrata la scelta di affidare
la direzione musicale a Francesco Lanzillotta, il quale dal podio ha saputo
cavare la giusta brillantezza dall' Orchestra regionale delle Marche
assecondando e valorizzando la vocalità dei cantanti a disposizione in un
ambiente acusticamente difficile. L'edizione ha inoltre il merito del rigore
filologico definito da un'integralità comprendente tra l'altro tutte le riprese
variate in un'ottica di riapertura dei cosiddetti tagli di tradizione.
John Osborn, che ricordavo
come assertivo Pollione solo un anno fa al Teatro Massimo di Palermo, convince
e delizia il pubblico facendo di Nemorino non il classico ragazzo di campagna,
bensì un giovane alle prese sì con le prime pene d'amore, ma volitivo e deciso
a conquistare la ragazza di cui è innamorato. Il suo è un canto sempre sul
fiato, senza sforzo apparente, mai concentrato sul bel suono a scapito
dell'espressività. E non potrebbe essere diversamente dal momento che supera in
scioltezza la difficoltà del lungo duetto con Adina (per di più cantato
indossando pinne, maschera e cuffia variopinta), regalando poi il bis de Una
furtiva lagrima mentre un perfetto disegno luci ne accompagna l'attimo
introspettivo di rara bellezza.
Logico che l'Adina
grintosa, dalla splendida figura oltre che vocalmente rigogliosa, di Mariangela
Sicilia incarni il perfetto oggetto del desiderio sia di Nemorino che di
Belcore, qui il classico sbruffone attento ai muscoli di Iurii Saimoilov. Solo
che nella visione di Michieletto non è la capricciosa ragazzotta di campagna
consapevole della sua bellezza, quanto piuttosto la giovane proprietaria del
bar del lido balneare abituata a tenere a freno le intemperanze dei galletti
frequentatori della spiaggia. Tutto ciò con una capacità di sciorinare agilità
e coloratura che ben si armonizzano con la naturale presenza scenica.
Del Dulcamara di Alex
Esposito si può dire che rappresenti il più contemporaneo fra i personaggi
dello spettacolo. Sopraggiunge a bordo di una sorta di jeep carica di bevande
di dubbia composizione, il suo elisir è infatti un intruglio che del bordeaux
originario menzionato da Romani nel libretto non ha nulla e che, al contrario,
è dotato di strabilianti poteri allucinogeni. Ovvio che il baritono bergamasco
interpreti con la sua solita verve, ma sempre con gusto sorvegliato, la figura
dell'imbonitore per antonomasia, capace quindi di meschinità e piccole
violenze.
Se poi aggiungiamo al
quartetto dei personaggi principali la Giannetta di Francesca Benitez e il
contesto del Coro lirico marchigiano, rigorosamente in tenuta balneare,
divertito e divertente oltre che ben preparato da Martino Faggiani, ecco che
usciamo dallo Sferisterio con negli occhi la spiaggia assolata lasciata magari
poche ore prima per recarci a teatro, e nelle orecchie una partitura conosciuta
a memoria ma ascoltata quasi per la prima volta.
https://amnerisvagante.wordpress.com/2018/08/15/unestate-al-mare/
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